The next big thing di Marco Moro
Inventori di favole. Intervista a Girolamo De Michele di Emiliano Angelelli
Analisi del ciclo di vita. Intervista a G.L. Baldo di Paola Fraschini
Qualità e territorio di Emanuele Burgin
La tranquilla provincia milanese di Antonio Pergolizzi
Questione di punto di vista a Ilaria Di Bella
La tranquilla provincia milanese
di Antonio Pergolizzi
A Milano la ‘Ndrangheta fa oggi quello che i “Casalesi” fanno
da almeno vent’anni in Campania. Comprano, affittano o estorcono terreni,
scavano buche profonde dai cinque ai dieci metri, e poi le riempiono con rifiuti
tossici. Più sono pericolosi, più rendono. Poi, con la terra
ottenuta dagli scavi ci fanno il calcestruzzo, mentre una volta ricolme di
veleni, su quelle buche ci costruiscono sopra: case, alberghi, centri commerciali,
campi da calcio e così via. Come a Giugliano, provincia di Napoli, dove
su una delle più grandi discariche abusive della Camorra, che ha ospitato
migliaia di tonnellate di scarti industriali di tante aziende del Nord Italia,
hanno tirato su in un baleno uno dei più grandi centri commerciali d’Europa.
Da un record all’altro. Da un crimine all’altro. Un modo geniale
per trasformare una bomba ecologica in un tempio dello shopping, dove riempire
scaffali di merci, mettere su vetrine, casse e bancomat, e far girare montagne
di soldi, mentre sotto i piedi i veleni ribollono e si fanno strada verso la
falda acquifera e i terreni circostanti. A Crotone, intanto, qualche giorno
dopo, la questura scopre che tre scuole, le banchine del porto, piazze, parcheggi
e altre opere pubbliche sono state costruite impastando il cemento con rifiuti
tossici prodotti dall’azienda chimica Pertusola sud (gruppo Eni) e dall’Ilva
di Taranto: arsenico, zinco, piombo, indio, germanio, mercurio sono finiti
nei muri o nei pavimenti di mezza Crotone. Nome dell’operazione: “Black
Montains”, montagne sporche. E purtroppo, di casi simili è piena
l’Italia. E come sottolineano gli investigatori, la maggior parte
dei casi di scorie tossiche usate per costruire non sono stati ancora scoperti.
I nuovi untori, appestatori di mestiere, viaggiano spediti in Italia come all’estero,
per seppellire i loro veleni al minor costo possibile. Di inchieste di questo
tipo che coinvolgono anche le regioni del nord ne è piena la cronaca
giudiziaria.
A Milano, appunto, il 18 settembre scorso la polizia provinciale ha fatto scattare
l’operazione “Star Wars” che ha portato all’arresto
di otto persone, mentre altre venti sono indagate: tutti colpevoli, secondo
gli inquirenti, di aver dato vita a una associazione a delinquere dedita al
traffico e allo smaltimento illecito di rifiuti, come i residuati plastici
carichi di cromo e piombo. Tra gli arrestati anche un pezzo da novanta della
mala calabrese, il capo dell’organizzazione Fortunato Stillitano, latitante
della cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, provincia di Reggio Calabria. Un
boss di tutto rispetto. Secondo una prima stima, l’organizzazione avrebbe
interrato circa 178 mila metri cubi di rifiuti industriali in buche profonde
fino a nove metri e larghe cinquanta. Veri crateri tossici. Più di 65
mila metri quadrati di terreno tra i comuni di Desio, Seregno e Briosco sono
stati sequestrati dalle forze dell’ordine. Terreni avvelenati per secoli,
senza speranza, visto che il passo successivo al sequestro, cioè la
bonifica, in Italia si ferma sempre prima di cominciare. Ed è questa
un’altra pagina dolorosa del nostro sistema di tutela ambientale. E ancora
una volta, nessuno si è accorto di niente, nessuno ha visto niente.
La verità è che si spacciano veleni industriali in ogni angolo
del nostro paese. Anzi, come dimostrano le ultime inchieste delle forze dell’ordine è il
Nord a essere preso di mira dall’ecomafia: maggior disponibilità di
terreni, vicinanza alle industrie produttrici, meno riflettori accesi, meno
conflitti tra clan.
L’inchiesta della polizia di Milano, solo l’ultima in ordine di
tempo, prova che nascondere sostanze tossiche di produzione industriale nel
ventre della terra è un affare che interessa anche ai clan della più potente
mafia del mondo. Perché su un affare di circa sette miliardi di euro
l’anno accumulati dai trafficanti di veleni, nessuna mafia si vuole tenere
fuori. Nemmeno la ‘Ndrangheta. E per passare inosservati, la tranquilla
provincia milanese è sembrato al clan calabrese il posto migliore da
avvelenare.