In questo numero

Quel qualcosa che non va di Marco Moro
Il pacchetto "20-20-20" fa lo sgambetto alla lobby del nucleare di Sergio Zabot
Il Codice delle energie di Alessandro Geremei
Le misure europee per il clima. Chi vince e chi perde? di Edo Ronchi
Imprese e ambiente di Simona Faccioli
Una gestione ambientale di qualità di Enrico Cancila

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Quel qualcosa che non va
di Marco Moro

Come mai la politica italiana, espressione di quella che è (o forse era) una "democrazia avanzata", ripiega improvvisamente su posizioni opposte a quelle espresse dai principali partner dell'Unione? Parliamo di riduzione delle emissioni climalteranti, di crescita delle rinnovabili e di contenimento dei consumi: perché su questi temi ci schieriamo coraggiosamente con la Slovacchia, la Lituania e l'Estonia, ignorando le nostre più fondate parentele con la Francia, la Spagna o la Germania? Forse il nostro governo ha intuito uno spiraglio per una nuova leadership: se alziamo la voce lettoni e rumeni ci verranno dietro, fiduciosi e devoti. Guidiamo la rivolta, perbacco. Forza Italia, buttiamo cifre a casaccio e soprattutto chiediamo gli sconti.
E chi applaude a queste uscite? Molti, e in apparenza anche i nostri industriali, stando alla loro più prestigiosa associazione. Competitività, crescita, pil, infrastrutture, piano casa ecc.; questo è il mantra cantilenato ogni giorno, al quale comunque non è stato insensibile nemmeno il precedente governo.
"Evviva noi, crepi il mondo!", questa è la logica felicemente sintetizzata da Giovanni Sartori sul Corriere della Sera di ieri.
Cosa implichi una posizione come quella assunta dall'Italia a Lussemburgo, che l'accondiscendenza dei media fa passare per "difesa degli interessi nazionali", ce lo raccontano con dovizia di particolari due interventi che ospitiamo con grande piacere, quello di Edo Ronchi, già ministro dell'Ambiente e oggi presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, e quello di Sergio Zabot, direttore del Settore Energia della Provincia di Milano.
C'è in effetti più di un qualcosa che non va. Intanto, per provare a capire cosa ne è della politica energetica nazionale, Edizioni Ambiente ha organizzato in collaborazione con Kyoto Club e la già citata Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile un confronto al più alto livello tra i protagonisti delle scelte e della loro attuazione in ambito nazionale e locale. Appuntamento a Rimini, a Ecomondo Key Energy, il 5 novembre.
Nel frattempo, i dati del nuovo rapporto "Living Planet 2008" presentato ieri presso la sede di WWF Italia, ci dicono che la nostra impronta ecologica pro capite è cresciuta da 3,8 ettari globali a 4,8, un bel risultato che ci permette di passare dal 31° (dati 2004) al 24° posto nella classifica mondiale dei paesi con il maggior deficit ambientale. Forza Italia, ancora, e il sospetto che qualcuno abbia scambiato questa classifica con il ranking FIFA è fondato. I numeri aggiornati sull'impronta ecologica delle nazioni sono contenuti anche nella nuova edizione di L'impronta ecologica che arriva in libreria proprio in questi giorni.
Oltre che oggetto di analisi e commenti politico-tecnici sarebbe forse utile che il rapporto degli italiani e di chi li rappresenta con il "bene comune" (l'ambiente, ad esempio) diventasse stabilmente materia per antropologi o per studiosi di psicologia sociale.
In questo quadro c'è un concetto che può servire da polo attorno a cui aggregare del senso, in vari modi, in vari ambiti, con percorsi dalle origini più disparate e con traiettorie ed esiti che possono arrivare a sfiorarsi, a comunicare tra loro: quello di ecocentrismo. È "ecocentrica" la strada che individua Giorgio Ruffolo (in Il capitalismo ha i secoli contati ) per indurre quel cambiamento che potrebbe fare del capitalismo "uno strumento di sviluppo equilibrato della società".
Cambiando radicalmente scena, di ecocentrismo si parla nel documento sul New Italian Epic che, lanciato sulle pagine del sito wumingfoundation, sta animando un interessante dibattito che riguarda la letteratura contemporanea in Italia. Qui il tentativo di elaborare un pensiero ecocentrico e simularne lo sguardo è proposto come riferimento per comprendere l'"allegoritmo" comune a ciò che viene individuato come la "nuova epica italiana". Un ritrovato senso del raccontare che avrebbe un suo nucleo di interpreti a cui appartengono molti tra gli autori che hanno aderito al progetto VerdeNero; progetto che ha tra i suoi obiettivi quello di fornire un terreno alla sperimentazione di uno "sguardo ecocentrico" o almeno a percorsi che si approssimano ad esso. Come scrive WuMing1, "non abbiamo più un'idea dell'avvenire", constatazione che richiama direttamente quanto scritto in apertura a proposito delle posizioni italiane espresse a Lussemburgo. "Oggi..." scrive sempre WuMing1 "arti e letteratura non possono limitarsi a suonare allarmi tardivi: devono aiutarci a immaginare vie d'uscita. Devono curare il nostro sguardo, rafforzare la nostra capacità di visualizzare". Le ragioni, gli argomenti, il contesto, in altre parole, l'innesco alla scrittura, lo offre "quel qualcosa che non va".
Umberto Eco, in una recente intervista, ha parlato della scrittura noir come di quella che ha fatto "rinascere una capacità italiana di raccontare storie". Cita Carlo Lucarelli. Il prossimo VerdeNero.

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