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Sostenibilità = conservatorismo?
di Marco Moro

Lo spunto per il titolo è offerto da una considerazione apparsa su una, peraltro ottima, rivista di architettura italiana.* Una considerazione che chiamava in causa, a supporto della tesi, anche un prossimo titolo di Edizioni Ambiente. In una condizione di crisi, che si attribuisce al mercato librario, si sostiene che emerga sempre di più una categoria di volumi definibili come “libri rifugio”, rassicuranti prodotti che non invitano a riflettere e non inducono ulteriori letture. Se la casa è il bene rifugio degli italiani, il libro rifugio è il suo corrispondente sul mercato editoriale: il libro su cui non “rischia” nessuno, né chi lo pubblica, né chi decide di acquistarlo e leggerlo. Una caratteristica che, secondo Carlo Olmo autore dell’articolo citato, si applica tanto a determinate tipologie di libri quanto a determinati temi. Tra questi ultimi vi sarebbe la sostenibilità: il carattere assertivo degli argomenti che si trovano nei testi che hanno questa tematica come orizzonte culturale di riferimento, richiederebbe al lettore un’adesione “sulla fiducia”, senza costringerlo a farsi troppe domande. La letteratura sulla sostenibilità sarebbe oggi soprattutto strumento di costruzione di un immaginario ed esprimerebbe una natura sostanzialmente conservatrice. Un vero “tema rifugio”, quindi, e il suo successo è individuato come sintomo dello scarso coraggio di un’editoria che cerca disperatamente di pubblicare opere che abbiano la magica parola “sostenibilità” nel titolo. Inoltre, venendo alla questione delle tipologie editoriali, si preferirebbe parlare di massimi sistemi (la città, ma anche il modello di sviluppo e gli scenari globali) o “nascondersi” nel dettaglio del singolo materiale, della singola tecnologia o, guardando alla nostra produzione, anche del singolo provvedimento legislativo (perché no?), penalizzando il ruolo che è tipicamente del saggio: il libro che si fa delle domande e pone dei dubbi, che articola riflessioni di ampio respiro, che non cerca di sgattaiolare frettolosamente verso indicazioni spesso solo pesudo-operative.
Nessuna di queste considerazioni è priva di fondamento. Potrebbe succedere, occupandosi di sostenibilità, di scoprire che non è più un paradigma ciò che si pone alla base delle proprie attività (anche editoriali!) ma un’ideologia. Rassicurante e intrinsecamente conservatrice come tutte le ideologie. Esiste un antidoto? Edizioni Ambiente ha accentuato nel corso di questo ultimo anno il carattere fondamentale della sua linea, che è quello di proporre livelli di accesso e di lettura incrociati, che parlino di soluzioni ma inducano anche riflessioni, che rimandino dal dettaglio all’insieme che gli dà senso. Saggi, manuali, report, ricerche, narrazioni sono il mix che offriremo a chi ci leggerà nel 2009. Altri e nuovi percorsi verranno proposti nel corso dell’anno. A quanti dei nostri lettori interessa avere gli strumenti per mettere in rapporto, ad esempio, il comma di un articolo di legge (le esperienze recenti ci dimostrano quanto meritino attenzione, soprattutto quando sembrano insignificanti) allo scenario che l’ha prodotto, e possedere anche gli strumenti con cui interpretarne le conseguenze? A non pochi si direbbe. E questo non è affatto il profilo di un lettore “conservatore”, che vuole essere rassicurato e leggere ciò che può solo confermarlo nelle sue certezze. A volte l’esperienza diretta di rapporto con il pubblico che si può avere durante le fiere è illuminante in tal senso e a noi ha confermato la trasversalità delle scelte di lettura a cui conduce l’interesse verso i temi della sostenibilità. Se c’è un ringraziamento da fare, in chiusura di anno, è quindi soprattutto quello ai nostri lettori, alla loro curiosità e alla loro scarsa propensione a farsi “rassicurare”.

 

*Il giornale dell'architettura.