In questo numero

Sostenibilità = conservatorismo? di Marco Moro
Architettura sostenibile: non solo energia di Beatrice Spirandelli
Navi a perdere. Intervista a Carlo Lucarelli di Emiliano Angelelli
Rifiuti: due nuove guide normative Ansa, Roma 1 dicembre 2008
Una nuova rivoluzione energetica di Filippo Franchetto
Crimini d'Abruzzo di Antonio Pergolizzi
Dopo una finanziaria "al verde", in arrivo un piano per il clima di Ilaria Di Bella

contatti

iscriviti

Crimini d'Abruzzo
di Antonio Pergolizzi

È un fine anno da dimenticare per l'Abruzzo. Orribile. L'onda di una nuova tangentopoli soffia forte e gela le ossa a tanti. Dopo l'arresto nei mesi scorsi del governatore Ottaviano Del Turco, il 16 dicembre 2008 viene arrestato il sindaco di Pescara e una serie di suoi collaboratori, funzionari pubblici, imprenditori e faccendieri, tutti coinvolti in un giro di tangenti nel settore degli appalti pubblici. Presi con le mani nel sacco, pare. Nell'inchiesta è coinvolto pure il patron della compagnia aerea Air One. Tra le accuse ci sono quelle di associazione per delinquere, concussione, abuso e falso ideologico e truffa. Le pagine dei giornali si sono riempite di intercettazioni, accuse, smentite, prese di distanza, minacce di querele e così via.
Ma nessuno negli stessi giorni ha parlato dell'inchiesta della Procura di Chieti, portata avanti con mestiere dal Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri di Pescara, che ha messo fine a un ben congeniato traffico illecito di rifiuti industriali con base operativa in Abruzzo. Nome in codice "Quattro mani". Risultato: cinque ordinanze di custodia cautelare (tre in carcere, due ai domiciliari) e 36 le persone deferite all'Autorità giudiziaria per i reati di associazione a delinquere, attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, truffa, falso in attestazioni analitiche e certificazioni ambientali e frode processuale. La scena del crimine si snoda in diverse regioni d'Italia e riguarda scarti industriali della peggior specie, come quelli derivanti dai petrolchimici siciliani e da attività di bonifiche. I danni all'ambiente e alla salute dei cittadini sono incalcolabili. L'indagine, durata quasi due anni, ha svelato un traffico illecito di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e non, che venivano smaltiti in compiacenti discariche nazionali, con la sistematica cooperazione di trasportatori, impianti di gestione di rifiuti, intermediari, laboratori analitici e produttori. La classica filiera criminale, insomma. Fulcro delle attività illecite era un impianto di trattamento rifiuti operante nella zona industriale di Chieti Scalo, regolarmente autorizzato dalla Regione Abruzzo. Come spiegano gli inquirenti, "i responsabili del traffico illecito, attraverso il simulato trattamento chimico-fisico dei rifiuti e la sistematica falsificazione dei documenti analitici e di trasporto, hanno illecitamente smaltito per diversi anni ingenti quantitativi di scorie industriali caratterizzate dalla presenza di inquinanti nocivi per l'ambiente e la salute umana, tra cui sostanze irritanti, cancerogene, tossiche, mutagene, diossina, mercurio, cadmio, piombo, eccetera". Per capire l'ampiezza dell'inchiesta, basti pensare che i carabinieri hanno monitorato e passato al setaccio un impianto di gestione e trattamento rifiuti della provincia di Chieti; tre ditte di trasporto rifiuti, operanti in Campania, Toscana e Abruzzo; tre laboratori analitici ubicati in Abruzzo e Puglia; sei impianti di smaltimento in Puglia, Toscana e Abruzzo; cinque inceneritori operativi in Italia e in Germania.
Il modus operandi dei trafficanti è risultato essere sempre lo stesso. Un copione già visto un centinaio di volte e che le forze dell'ordine, carabinieri in primis, hanno imparato a memoria. Si parte dal classico trasferimento dei rifiuti dal luogo di produzione (siti industriali di diversa natura operanti a livello nazionale, con particolare riferimento a industrie petrolchimiche siciliane, bonifiche ecc.) presso l'impianto teatino, dove, attraverso trattamenti chimico-fisici non corretti e operazioni di miscelazione, avveniva la "miracolosa" declassificazione dei rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi. Insomma, invece di trattare i rifiuti, si trattavano i documenti. E il business è fatto.
Per avere tutte le carte a posto, c'era anche la "pezza" data dai laboratori di analisi che rilasciavano false analisi chimiche che attestavano la non pericolosità dei rifiuti. E per finire, le scorie, attraverso la falsificazione dei documenti di trasporto, venivano smaltite presso diverse discariche nazionali, in particolare in Puglia.
Il traffico di rifiuti accertato, nel periodo di osservazione 2005-2008, è stato stimato in circa 150 mila tonnellate nei soli conferimenti verso le discariche italiane, con un lucro per l'organizzazione non inferiore a 3 milioni di euro. Soldi ottenuti, è bene ribadirlo, grazie al mancato trattamento e al minor costo sostenuto per lo smaltimento dei rifiuti. E non è finita: "contestualmente a tali operazioni illecite - sottolineano gli inquirenti -, veniva perpetrata un'ingente truffa per il valore di 500 mila euro circa per l'omesso pagamento dell'ecotassa regionale". Ma in mezzo alla burrasca politico-giudiziaria che ancora soffia in Abruzzo, a chi può importare di una banda di criminali abruzzesi che spaccia "semplicemente" della monnezza industriale in giro per l'Italia?