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Rifiuti made in Italy
Intervista a Stefano Ciafani
di Anna Satolli

L’emergenza rifiuti in Campania ha fatto audience, sconvolto, mobilitato cittadini, forze politiche e anche dell’ordine. È stata paragonata a una “Katrina” di marchio italiano che ha costretto ad aprire gli occhi sul sistema di gestione dei rifiuti nel nostro paese. L’edizione 2009 di Ambiente Italia dedica un’attenzione privilegiata al tema: racconta della posizione assunta dal governo e delle soluzioni proposte, delle misure messe in atto per uscire dall’emergenza (e se queste siano state effettivamente risolutive); delinea l’attuale scenario italiano in materia di rifiuti cogliendone sia i vizi sia le iniziative di merito e, infine, profila strategie per un futuro in cui il rifiuto assuma anche il ruolo di risorsa e non più solo di scarto da buttare in discarica o da bruciare.
Chiediamo a Stefano Ciafani, membro della Segreteria nazionale di Legambiente e curatore del volume insieme a Duccio Bianchi dell’Istituto Ambiente Italia, di anticiparci alcuni aspetti di maggiore interesse presentati nel rapporto.

A grandi linee, qual è oggi la politica di gestione dei rifiuti in Italia?
Stando a quanto raccontato dai media negli ultimi anni e all’immaginario collettivo siamo ancora il paese delle discariche, legali o abusive, travolto da continue emergenze. In realtà nell’ultimo decennio una parte dell’Italia, soprattutto al centro-nord, ha saputo cogliere l’opportunità della crisi per dotarsi di un sistema moderno di gestione dei rifiuti secondo quanto previsto dalla normativa europea recepita. Questo è avvenuto nonostante un contesto normativo in continua evoluzione e non sempre nella direzione giusta: basti pensare alle reiterate proroghe al passaggio tassa/tariffa, allo stop allo smaltimento in discarica dei rifiuti indifferenziati o al recente ritorno del Cip6, con cui sarà ancora incentivata la produzione di elettricità dalla combustione anche della parte non biodegradabile dei rifiuti, in palese contrasto con la normativa europea.

L’emergenza rifiuti in Campania ha scosso il mondo politico e civile, e ha ottenuto anche grande visibilità. Quali sono i casi di emergenza che riguardano tutto il territorio nazionale?
Le emergenze non mancano purtroppo. Ancora oggi la metà circa dei rifiuti urbani prodotti in Italia è smaltita in discarica, con situazioni imbarazzanti in quasi tutto il centro-sud. Nelle cinque regioni che dal 1994 a oggi sono state commissariate per l’emergenza rifiuti – Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia – la gestione dei rifiuti è ancora fondata sostanzialmente sullo smaltimento in discarica, con percentuali di raccolta differenziata ridicole e un’impiantistica a dir poco inadeguata. E poi le altre emergenze riguardano l’aumento della produzione dei rifiuti – che non è ineludibile come dimostrano altre esperienze europee dove la prevenzione è stata praticata – e il fenomeno degli smaltimenti illeciti di rifiuti gestiti dai trafficanti ormai in tutto il paese. Grazie al delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti – previsto dall’articolo 260 del Codice dell’ambiente – oggi questi reati vengono contrastati con efficacia da magistratura e forze dell’ordine, ma le inchieste future rischiano di essere compromesse dal disegno di legge sulle intercettazioni che impedirebbe di impiegare questo strumento investigativo per ascoltare gli ecocriminali. Si tratterebbe di un regalo ai trafficanti di veleni che il Parlamento italiano non deve assolutamente fare.

Quali sono, invece, le esperienze virtuose del nostro paese?
Potrei citare gli oltre mille comuni “ricicloni” premiati da Legambiente, localizzati soprattutto nel nord, o la regione Sardegna, che dal 2002 a dicembre 2008 è passata da una percentuale di raccolta differenziata del 3 al 38%. Ma come non ricordare anche le esperienze dei 118 comuni virtuosi della Campania, dove nel 2007 è stato superato l’obiettivo di legge del 40% di raccolta differenziata, o del comune di Salerno dove la raccolta porta a porta a servizio di 100 mila abitanti ha permesso di raggiungere in quei quartieri la percentuale dell’80%.
Ci sono poi le buone pratiche sulla prevenzione censite nella banca dati di Federambiente, le esperienze consortili con risultati da record del Conai e dei Consorzi di filiera, del Coou e del Cobat – ridimensionato con il recente decreto 188/2008 di recepimento della direttiva su pile e accumulatori – o l’importante filiera del compost di qualità, oggi interamente assorbito dal mercato.

Esiste una via italiana o un decalogo per uscire da uno stato di emergenza rifiuti che sembrerebbe ormai cronico?
A nostro parere la vera svolta per la gestione dei rifiuti del paese avverrà solo se si interverrà su diversi fronti. Si deve aumentare il costo della discarica e rivedere completamente il sistema di penalità e premialità oggi assolutamente inadeguato. Occorre completare l’impiantistica per il recupero e il trattamento dei rifiuti, promuovere la raccolta differenziata domiciliare in tutti i comuni italiani e la qualità del raccolto. Vanno replicate le buone pratiche sulla riduzione e va avviata la redazione del programma nazionale di prevenzione, come previsto dalla nuova direttiva europea sulla gestione dei rifiuti. Va garantita la certezza normativa e va chiusa la stagione dei commissariamenti nel meridione d’Italia, mentre per contrastare con più forza il fenomeno dell’ecomafia occorre introdurre anche i delitti ambientali nel Codice penale e istituire un fondo per le bonifiche dei siti orfani ancora in attesa dei dovuti stanziamenti. Solo così l’Italia volterà definitivamente pagina.