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Anonima Betoniere di Marco Moro
Il paese di Saimir. Intervista a Valerio Varesi di Emiliano Angelelli
L'isola del buon isolamento di Diego Tavazzi
Bollette troppo salate a cura della redazione Nextville
Siamo al rilancio (economico) della veranda? di Ilaria Di Bella

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L'isola del buon isolamento
di Diego Tavazzi

Il comune di Guspini si trova nella provincia del Medio Campidano, un’area in prevalenza montuosa nella parte sudoccidentale della Sardegna. Più di 5 milioni di anni fa, un’intensa attività vulcanica, combinata con particolari modalità di solidificazione della lava, causò la formazione di prismi basaltici a canna d’organo che costellano un territorio dominato dalla macchia mediterranea. Salici bianchi, ontani neri, corbezzolo, viburno, erica contornano miniere di piombo e zinco ormai dismesse. Le pratiche agricole tradizionali, incentrate sull’allevamento del bestiame e la coltivazione delle mandorle, si innestano da secoli su aree popolate da volpi, donnole, cervi, cinghiali, e da specie anfibie autoctone, come i geotritoni sardi e i discoglossi. Proprio a Guspini si è tenuta una conferenza intitolata “Bioedilizia ed energia rinnovabile”, volta a esplorare gli aspetti economici e le opportunità occupazionali della conversione alla bioedilizia in un territorio che negli ultimi anni si è spopolato a causa della chiusura delle attività minerarie. Amministratori, tecnici e imprenditori hanno dialogato, oltre che su fonti rinnovabili come il solare fotovoltaico e il microeolico (che andrebbe ad affiancare il parco eolico del Medio Campidano, che nel febbraio 2009 contava 12 generatori), anche su pratiche costruttive e tecnologiche che, a prima vista, possono risultare almeno bizzarre. Chi, digiuno di conoscenze in materia, crederebbe che la lana di pecora possa essere usata per isolare le pareti di un edificio? E, allo stesso modo, sentendo parlare di castagno, sughero, paglia e canna palustre, a quanti verrebbe in mente che questi prodotti di origine vegetale possono essere impiegati anche per costruire una casa?

In effetti, l’idea di coibentare un edificio con materiali di origine naturale risulta controintuitiva, e per almeno due ragioni. La prima è sostanziale, in quanto l’isolamento delle abitazioni e degli edifici è una pratica che ancora fatica a prendere piede, specie in periodi come questo in cui la tendenza è quella di navigare a vista, in cauta attesa che la crisi economico-finanziaria allenti la sua stretta. L’isolamento garantisce infatti un risparmio sul lungo termine, dopo un periodo di ammortamento dei costi che può durare anche qualche anno.
La seconda è invece legata a questioni culturali, prima fra tutte una scarsa conoscenza dei materiali disponibili, delle loro prestazioni e dei loro costi. In effetti, anche laddove si provvede a coibentare una casa, la scelta ricade di solito su prodotti di derivazione petrolchimica che, pur garantendo ottimi risultati in termini di isolamento, hanno comunque un impatto ambientale considerevole. L’energia e le risorse necessarie per produrli, trasportarli – spesso da fabbriche distanti dal luogo di effettivo utilizzo – e installarli, le emissioni di inquinanti e gas a effetto serra implicate in queste lavorazioni, gli impatti dello smaltimento: tutti questi elementi contribuiscono ad aggravare l’impronta ecologica degli isolanti tradizionali. Al contrario, gli isolanti naturali, ai quali è dedicato L’isolamento ecoefficiente, il volume in nuova edizione aggiornata di Alessandro Fassi e Laura Maina, presentano diversi vantaggi. Primo fra tutti, quello di essere di solito associati a filiere produttive corte. Come dimostra il caso di Guspini, la bioedilizia cerca di riconciliare risorse, storia e territorio: piuttosto che impoverire un’area e la sua cultura con scelte e pratiche remote, si valorizzano i saperi e le conoscenze che nei secoli si sono coevolute e adattate al territorio. Minori distanze per i trasporti, ridotte emissioni inquinanti durante le lavorazioni, materiali che oltre ad assolvere egregiamente il loro compito, sono nella maggioranza dei casi perfettamente riutilizzabili o riciclabili. In edilizia e architettura, è quanto di più vicino ai cicli chiusi sui quali si basa la biosfera grazie a cui viviamo, cicli chiusi che dovrebbero ispirare le nostre pratiche edilizie, le nostre condotte e le nostre scelte. Anche quando riguardano la lana di pecora.