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Giù l'ecomostro di Palmaria di Antonio Pergolizzi

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Giù l'ecomostro di Palmaria
di Antonio Pergolizzi

Ci è voluto un secondo e uno dei più brutti ecomostri d’Italia, lo scheletrone di Palmaria sito all’interno del Parco regionale di Porto Venere, è venuto giù come niente. Un epilogo felice per una bruttura di 8 mila metri cubi di calcestruzzo che da più di quarant’anni sfregiava l’isola di Palmaria. Giusto di fronte a Porto Venere (La Spezia). Sicuramente uno dei luoghi più belli della Liguria. Ecomostro che anche l’anno scorso trovava posto nel “libro nero” di Legambiente, nei peggiori cinque ecomostri da abbattere segnalati dal dossier Mare Monstrum.
Un sospiro di sollievo, una vittoria della legalità che fa ben sperare sulla sorte di quelli ancora in piedi e che con la loro presenza continuano a umiliare tanti luoghi d’Italia. Gli altri quattro di cui si aspetta la demolizione sono: l’albergo di Alimuri a Vico Equense (Na), le palazzine di Lido Rossello a Realmonte (Ag), l’immobile denominato per la sua prossimità al mare “palafitta” a Falerna (Cz) e il villaggio abusivo di Torre Mileto a Lesina (Fg). E la lista potrebbe continuare all’infinito.

Per la cronaca, ci sono voluti 672 candelotti di esplosivo gelatinato, per un totale di 50 chilogrammi, inseriti nei 224 pilastri che compongono i sette piani dello scheletrone in cemento. Le cariche, innescate elettricamente, sono state fatte saltare con un impulso a 3.000 volt dalla squadra di fuochini che, accompagnati dal direttore dei lavori e da alcuni Incursori della Marina militare (custodi dell’esplosivo), si sono sistemati a 150 metri dalla costruzione, sull’isola. Le esplosioni sono avvenute in sei tempi, a 20 millisecondi l’una dall’altra. Un’esplosione seguita in diretta tv e che ha lasciato dietro di sé una scia densa di fumo che ha oscurato il cielo per qualche minuto.
Uno strano paese, l’Italia, dove il ripristino della legalità deve passare per le vie degli artificieri. Difatti, a fronte di una demolizione, ogni giorno si costruiscono 77 nuove case abusive, più di tre ogni ora. In un anno fanno 28 mila nuove case fuori legge.
L’abusivismo è un male antico del nostro paese. Un termine intraducibile in altre lingue. Una esclusiva tutta italiana. Sempre secondo Ecomafia 2009 i reati accertati lo scorso anno sono stati 7.499, le denunce 9.986 e 2.644 i sequestri effettuati.

C’è da aggiungere che nel nostro paese, oltre agli abusi di cittadini “comuni”, ci si mettono pure le mafie, sempre pronte a spingere sull’acceleratore della cementificazione selvaggia e fuori regola. Attive, queste, su tutto il territorio nazionale senza soluzione di continuità. La conferma arriva dalle infinite cronache giudiziarie e dai documenti istituzionali dedicati alle mafie che riconoscono nel ciclo illegale del cemento una delle principali entrate della criminalità organizzata. Cosa nostra, camorra, ‘ndrangheta e Sacra corona unita controllano gran parte delle imprese edili nelle rispettive regioni di provenienza (indicate in questo rapporto come regioni a tradizionale presenza mafiosa), gestiscono – abusivamente e non – cave e forniture di calcestruzzo, e soprattutto condizionano pesantemente il sistema degli appalti pubblici.
Anche nel 2008 le inchieste sul “cemento mafioso”, su dipendenti pubblici corrotti, su vigili urbani e dipendenti degli Uffici tecnici comunali al soldo di clan e palazzinari d’assalto, sono state tantissime, e non solo al Sud. Regioni come il Lazio, la Toscana, la Liguria, la Lombardia devono registrare pesanti infiltrazioni criminali, anche di tipo mafioso, nel campo edilizio e immobiliare.
Solo per dire che di demolizione come quella di Palmaria ce ne vorrebbe tante altre, purtroppo.