In questo numero

Quest'anno l'ecomafia va al mare. E tu? di Marco Moro
Carte false. Sul caso Ilaria Alpi verità traslucide di Emiliano Angelelli
L'allegro balletto delle "linee guida" nella politica energetica italiana di Anna Bruno
Economia, ambiente e società di Edo Ronchi
Lunga vita ai rifiuti a cura della redazione
Ecomafia balneare di Antonio Pergolizzi

contatti

iscriviti

Economia, ambiente e società
di Edo Ronchi*

Misurare il valore dell’ambiente, di Francesco La Camera, partendo dal problema concreto della “valutazione ambientale”, ci accompagna in uno studio critico delle teorie economiche: “A emergere è una visione che non trascura l’esigenza di miglioramento continuo della qualità della vita, che è aspirazione di ogni essere umano. Piuttosto afferma che tale miglioramento – lo sviluppo – è sempre possibile, mentre non lo è la rincorsa al continuo aumento della produzione di beni e servizi – la crescita. Si contrappone al concetto di crescita-quantità come unico determinante e misura del benessere, quello di sviluppo-qualità”, scrive l’autore.

Mi sembra che la distinzione fra crescita-quantitativa e sviluppo-qualitativo sia un utile strumento analitico. L’identificazione fra i due termini – crescita economica e sviluppo economico – non è solo il risultato di una confusione terminologica, ma riassume una visione: se si verifica una crescita economica si è in presenza di uno sviluppo, quindi i due termini sono identici e intercambiabili. Ma se misuriamo la crescita economica in termini quantitativi – come crescita del Pil, delle produzioni o dei consumi –, e lo sviluppo come livello di benessere, di accesso e ripartizione del benessere, non abbiamo particolari difficoltà a individuare paesi e periodi con alta crescita economica e basso livello di sviluppo. L’analisi di La Camera punta a dimostrare che vi può essere uno sviluppo ecologicamente sostenibile, ma non una crescita economica sostenibile: dal momento che la crescita economica non può che essere illimitata e che le risorse naturali e la capacità di carico del pianeta sono limitate, la crescita sarebbe in ogni caso incompatibile con l’equilibrio ecologico.

Vi sono buone ragioni per approfondire il tema della “crescita zero” quale precondizione necessaria alla sostenibilità ecologica. Cominciando dal fondamento teorico di tale asserzione. “Georgescu Roegen” – scrive La Camera – “è stato il primo ad associare le leggi della termodinamica al funzionamento delle relazioni fra il sistema economico e l’ecosistema”.

La sostenibilità ecologica, tenendo conto di queste “leggi”, richiederebbe una condizione di equilibrio, possibile solo compensando la crescita dell’entropia del sistema con una riduzione del consumo di risorse naturali e di energia (entro i margini dell’input di energia solare, trasformata attraverso i processi biogeochimici): tale riduzione del consumo di risorse naturali e di energia sarebbe (fisicamente, per la termodinamica) incompatibile con la crescita economica, di qualsiasi tipo essa sia.

Sulla base dei criteri e dei parametri proposti in questo testo (in particolare il mantenimento di ecosistemi vitali e ricchi di biodiversità in grado di sostenere nel tempo anche le attività economiche) non si giunge però a un modello di crescita zero, ma a un’economia sostenibile associabile a una crescita economica ben regolata, capace di operare con impatti ambientali compatibili. La prospettiva di una crescita economica sobria e moderata, all’avvio di questo ventunesimo secolo, pare necessaria e realistica, non solo per affrontare la crisi climatica, ma anche la grave recessione internazionale avviata nel 2008. Le radici di questa recessione stanno nell’esplosione di alcune “bolle speculative”, cresciute negli ultimi decenni del secolo scorso e gonfiate dalla più recente globalizzazione dei mercati. “Bolle finanziarie” fondate sulla crescita illimitata degli strumenti e dei volumi dei mercati finanziari, basati sul debito continuamente amplificato, e sulla sregolazione che ha annullato l’efficacia dei controlli e consentito vere e proprie truffe finanziarie; ma anche “bolle produttive” del “turbocapitalismo”, alimentate da un consumismo irrazionale (quello dell’usa e getta, dello spreco sistematico, della continua crescita dei rifiuti, della moltiplicazione delle auto in città congestionate dal traffico ecc.), incapaci di superare il medio periodo.

Questo secolo è iniziato con due crisi senza precedenti, che hanno prodotto grandi incertezze sul futuro. Adeguare le nostre conoscenze e capacità di valutazione, ambientale ed economica, non risolverà il problema di trovare una strada per uno sviluppo sostenibile, ma può aiutare ad affrontare questa nuova avventura, dagli esiti incerti e per nulla scontati, un po’ meglio attrezzati.

*Ministro dell’Ambiente del primo governo Prodi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.