In questo numero

Dignità del tascabile di Marco Moro
Tutti i colori dell'energia “verde”. Intervista a Roberto Rizzo di Filippo Franchetto
Salute verde. Intervista a Luca Carra e Margherita Fronte di Anna Satolli
Biodemocrazia di Vandana Shiva
100 domande sul cibo. Intervista a Stefano Carnazzi di Emiliano Angelelli
Green jobs. Intervista a Marco Gisotti di Diego Tavazzi
Pedala che ti passa. Intervista a Silvia Zamboni di Paola Fraschini

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Green Jobs
Intervista a Marco Gisotti
di Diego Tavazzi

La trasformazione “verde” dei modi di progettare, consumare, produrre e smaltire è considerata una strategia fondamentale per superare la crisi economica ed ecologica che stiamo attraversando. Energie rinnovabili, edilizia, trasporti, agricoltura, turismo, produzioni alimentari, comunicazione, finanza, gestione dei rifiuti e sicurezza del territorio... L’elenco è lunghissimo, e dimostra che la green economy interessa ogni comparto produttivo, generando nuovi posti di lavoro e consentendo la riqualificazione di molti di quei profili che non trovano più spazio nel mercato dell’occupazione.
L’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti ha contribuito a rendere più credibili le prospettive di sviluppo di una nuova economia a livello globale, creando grandi aspettative anche nel nostro paese.
La Guida ai green jobs, realizzata da Tessa Gelisio* e Marco Gisotti**, è la panoramica più completa sui lavori verdi in Italia. Le 100 schede che arricchiscono il volume indicano i percorsi formativi, le opportunità occupazionali e le possibilità di sviluppo di quella che nell’opinione di molti si prospetta come la prossima rivoluzione industriale, l’unica sostenibile.
La cosa peggiore, specie in un momento di crisi, sarebbe vendere delle illusioni; Guida ai green jobs offre al lettore uno scenario realistico, permettendo di mettere a confronto le analisi e i pareri dei testimonial più competenti con le parole della politica, a cui tutti rimandano per le fondamentali responsabilità che questa ha nell’orientare il futuro del paese. Il lavoro dei due autori offre una lettura “senza filtro”, che non nasconde le contraddizioni e le incognite che pesano su un processo di trasformazione dell’economia di importanza cruciale, e non solo per il lavoro.

Dappertutto si sente parlare di green economy e green jobs: quale definizione date di questi due fenomeni? E non si corre il rischio che ci sia parecchio green washing, ovvero l’ingiustificata attribuzione di virtù “verdi” a prodotti o servizi, effettuata dalle aziende per fini di marketing e commerciali?
Potremmo dire che i green jobs sono tutti quei lavori sostenibili sia per l’ambiente sia per la dignità delle persone: che da un lato non danneggiano l’ambiente e anzi contribuiscono a preservarlo e, dall’altro, garantiscono il giusto salario e le giuste condizioni di lavoro. È evidente che ci sono lavori più green di altri e sono quelli che hanno a che fare direttamente con l’ambiente, dal naturalista al bioarchitetto, dall’agronomo al geologo…
Per quanto riguarda la green economy è vero che esiste un rischio che questa espressione diventi un mantra senza significato ed è altrettanto vero che molte aziende adoperano il lessico dell’ecologia per fare green washing. Né basta incentivare le fonti rinnovabili per creare un’economia verde. L’adozione di tecnologie e di processi produttivi sostenibili è certamente un passo avanti e, se i mercati finanziari sposeranno questa tendenza, certamente avremo un mondo meno inquinato. Ma una vera green economy si attuerà quando le nazioni cominceranno a ridiscutere il patto sociale alla luce della crisi ecologica.

Attualmente quali sono i mestieri verdi? E che legame hanno, se lo hanno, con le professioni del passato?
Nel nostro libro ne abbiamo descritti 100. Ovviamente a fianco a questi cento ce ne sono tantissimi che sono rimasti nell’ombra. Noi ci siamo limitati a descrivere quelli più importanti o più noti. E, se è vero che nel settore delle energie rinnovabili si ripongono grandi speranze, è anche vero che, per esempio, nel settore delle foreste esiste un giro d’affari inaspettato: oltre trenta miliardi l’anno per più di 400 mila occupati.
Alcune professioni suoneranno curiose, come il pedologo (l’esperto dei suoli) o l’ecoparrucchiere, altre complesse, come l’esperto nella commercializzazione dei prodotti di riciclo, e qualcuna anche insolita, come l’ecoBrand manager.

Quali sono le prospettive di sviluppo del settore dei green jobs?
Visti i problemi ambientali che i green jobs potrebbero risolvere, le prospettive sono ottime. Come sostiene Thomas L. Friedman, uno degli ispiratori della politica di Obama, la green economy può essere la soluzione sia alla crisi economica sia a quella climatica. Molti paesi questo l’hanno capito, l’Italia invece stenta ancora e rilancia forme di sviluppo e di investimento ancora legate all’era del boom economico, puntando su fossili e nucleare e sostenendo la grande industria. Ma l’onda “obamiana” ci contagerà presto.

Dignità, lavoro informale, precariato e pratiche aziendali e lavorative scorrette: che rapporto c’è tra questi termini e i green jobs? Non ci può essere un lavoro verde che non rispetti i diritti del lavoratore. Questo le Nazioni Unite nel Green Jobs Report del 2007 lo hanno stabilito chiaramente.

Percorsi formativi, scuola e università e lavori verdi: com’è la situazione in Italia, paese che investe sempre meno in istruzione, ricerca e innovazione?
La scuola è allo sbando e la formazione spesso non è ancorata alla reale ricerca di fabbisogni formativi. Manca una politica di concertazione che parta dalla scuola dell’obbligo e conduca i giovani via via per tutti i percorsi possibili della formazione fino all’ingresso del mondo del lavoro. Nel nostro paese oggi prevale ancora la legge della giungla e il “si salvi chi può”. Non basta metterci i soldi (e in questo l’Europa è comunque generosa) serve, appunto, una politica dell’istruzione e dello sviluppo economico che rappresenti i due momenti dello stesso movimento.

Qual è l’approccio delle aziende italiane al tema della green economy e dei green jobs? Hanno intuito le potenzialità della riconversione verde?
Ci sono imprese e imprese. Molte, alcune anche importanti, hanno capito da tempo che la salvaguardia dell’ambiente non è solo un fatto etico ma può diventare un business, in termini di risparmio vero e proprio. Oggi, per la prima volta nella storia, un’azienda in crisi può decidere se tagliare il personale o, per esempio, tagliare i propri consumi investendo nell’efficienza energetica. Un sistema di imposte e incentivi equilibrato e ben diretto porterebbe grandi, piccole e medie imprese nell’arco di dieci anni a una totale riconversione. Ma, appunto, serve volontà e decisione politica.

E tra i lavoratori, qual è (se c’è) la percezione della green economy? E tra i consumatori?
L’impressione è che la coscienza di tutto questo coinvolga, per il momento, solo i ceti più acculturati e, in generale, quelli più interessati all’ambiente. Benché i grandi quotidiani e i periodici dedichino sempre più spazio all’innovazione tecnologica “eco” e agli ecolavori, la televisione (vero strumento di educazione di massa) è ancora restia a far entrare l’ambiente dalla porta principale. Per non parlare del dibattito politico nazionale, dove ecologia fa rima con escatologia e gli ambientalisti sono ancora tacciati di catastrofismo.
I consumatori veri sono quelli del mercato sotto casa, che la crisi spinge a risparmiare sempre più, consumando meno e sempre peggio. Per costoro la green economy sarebbe una mano santa e la invocherebbero a gran voce, se non fosse che i loro pomeriggi televisivi sono invasi dalla tv-verità, quella che racconta solo quello che si vede dal buco della serratura. Rimpiango i pomeriggi di quando c’era Quark dopo il Tg1 delle 13,30. Forse è grazie anche a quello che ho maturato una coscienza ecologista.

* Giornalista e conduttrice televisiva, si occupa di ambiente, ecologia, animali e viaggi.
** Direttore responsabile di Modus vivendi.