L'economia degli eco-distratti di Marco Moro
Fotovoltaico negli edifici. Intervista ad Alessandra Scognamiglio e Paola Bosisio di Filippo Franchetto
La guerra senza volto alla conquista delle risorse. Intervista a Maso Notarianni di Emiliano Angelelli
I negazionisti climatici. Intervista a Stefano Caserini di Diego Tavazzi
Fame nel mondo. Intervista a Gianni Tamino di Paola Fraschini
Progettare la sostenibilità. Intervista a Jana Revedin di Anna Satolli
Relitti fantasma di Antonio Pergolizzi
Via libera alla privatizzazione dell'acqua di Ilaria Di Bella
Progettare la
sostenibilità
Intervista a Jana Revedin
di Anna Satolli
Progettare la sostenibilità. I maestri di una nuova architettura di Marie-Hélène Contal e Jana Revedin raccoglie le esperienze di un’avanguardia di architetti il cui obiettivo è costruire la nostra civiltà globale sulla base di nuovi rapporti tra i sistemi umani e le risorse naturali. La selezione proposta nel volume comprende i vincitori delle edizioni 2007 e 2008 del Global Award for Sustainable Architecture, il premio internazionale nato con l’intenzione di stimolare il dibattito mondiale intorno a una linea progettuale che sia innovativa e altamente efficiente nell’uso delle risorse.
Quali sono i
motivi che hanno portato a indire il Global Award for Sustainable Architecture?
Chi ne fa parte e qual è lo scopo di questo nuovo premio dedicato
all’architettura sostenibile?
L’idea del premio
mi è venuta lavorando al primo concorso europeo di architettura sostenibile,
Gau:di, nel 2005. Da qui è nata la volontà di promuovere un alto livello di
ricerca e di insegnamento che mi ha portato ad attivare una “rete”
internazionale che facesse capo alle università europee d’architettura più
all’avanguardia. L’entusiasmo sia degli studenti sia dei docenti
era tale che mi sono detta: “Ci vorrebbe un riconoscimento per chi, tra i
colleghi, si dedica con passione a un’architettura sostenibile destinata
all’uomo. In tutto il globo”. Così è nato il Global Award, appoggiato dal più
grande museo europeo di architettura, la Cité de l’Architecture di Parigi, e
dalla regione francese di Versailles. Selezionando cinque progettisti all’anno,
abbiamo creato una “famiglia” talentuosa e innovativa, basata su una comune Wahlverwandtschaft (affinità elettiva): che
cerca soluzioni semplici, autentiche e precise alle problematiche del nostro
tempo.
La selezione dei
premiati, che comprende grandi maestri e giovani talenti provenienti tanto
dai paesi industrializzati quanto da quelli in via di sviluppo, è assicurata da
sei centri di architettura e università europei.* Criterio fondamentale è la
varietà dell’approccio, l’interesse verso il fare architettura a misura dei bisogni
della società.
Lo scopo?
Innovazione + trasmissione dei saperi. Far conoscere i processi innovativi e
trasmetterli dai paesi del Nord ai paesi del Sud. Ma soprattutto viceversa!
Chi sono i
maggiori rappresentanti di questa “corrente” che punta al risparmio delle
risorse in architettura nei paesi di avanzato sviluppo tecnologico?
Il risparmio delle
risorse è un denominatore comune, e significa non mentire su fattori come il
consumo spensierato di energia grigia, investimenti
in infrastrutture non valutati e giustificati a fondo o livelli di comfort fuori misura. Nel Nord e
nel suo mercato architettonico altamente tecnologico si cerca di minimizzare il
bilancio di risorse e di energia, partendo dalla pianificazione urbana e del
sistema dei trasporti per arrivare all’impiego efficiente di strutture e materiali.
È di questo tipo la ricerca di strutture leggere portata avanti da una scuola
come quella di Frei Otto, e ora di Werner Sobek o Philippe Samyn, che analizza
l’impiego razionalizzato e riciclabile al 100% di strutture e materiali; così
come la ricerca sull’utilizzo dell’energia e della luce solare di Thomas
Herzog, o quella sui materiali autoctoni e naturali della scuola del
Vorarlberg, con Hermann Kaufmann tra i tanti bravissimi Holzbaumeister, o la emergente scuola centro-francese con
progettisti e insegnanti come Francoise-Hélène Jourda, Philippe Madec o la
scuola di Grenoble… Per non dimenticare l’approccio olistico e
umanistico-scientifico della progettazione tedesca di Stefan Behnisch,
Ingenhoven o Sauerbruch&Hutton, che portano avanti un’analisi approfondita
del luogo, del suo clima, della sua geologia, del vento, del suolo, della
realtà sociale e politica.
C’è inoltre un
forte interesse rivolto alla ridensificazione urbana e alla concentrazione, al riutilizzo e alla
qualificazione dell’esistente, parallelamente alla protezione delle poche
risorse naturali sopravissute. Qui affascinano concetti di riutilizzo di
edifici esistenti (metà dell’energia grigia è già risparmiata!). Le lieu
unique di Patrick Bouchain
a Nantes ne è un simbolo: conservare l’esistente, liberare gli spazi da
funzionalismi e standard obsoleti, creare flessibilità, generosità, sorpresa!
Chi sono invece
i rappresentanti nei paesi del Sud del mondo?
Ah, proprio là
bisogna cercare! Mi ha cambiato la vita conoscere con quale passione e
determinazione, in contesti di vita difficilissimi, i nostri colleghi
realizzano un mondo migliore per la propria gente. Consiglio vivamente di
andare a vedere, di portare gli studenti, non solo architetti, ma anche
ingegneri, tecnici, artigiani, sociologi, filosofi nei nuovi mercati, nei paesi
in via di sviluppo.
È davvero
sorprendente poi scoprire in questi paesi esempi di vera architettura, di vera
innovazione, creati da difensori dell’umanità e dell’arte dell’ascolto. Costoro
sono guidati da alcuni principi che meriterebbero di essere re-imparati anche
da noi. Ad esempio, l’attenzione:
• alla dimensione
umana: “housing non
deve essere un prodotto, ma un processo” dice Balkrishna Doshi, con una vita
d’impegno per la sua India alle spalle;
• alla tradizione
edile: Wang Shu riscopre, in una Cina che getta tutto, l’antica tecnica Wapan che costruisce chilometri di muri con
tegole e mattoni riciclati, mentre Fabrizio Caròla introduce la cupola di
pietra o terra come ambiente auto-climatizzato nel Sahara;
• all’innovazione:
Francis Kére, in Burkina Faso, sposa materiali finora inutilizzati, come la
laterite, con strutture leggere “imparate” da noi;
• alla
partecipazione: Carin Smuts negli townships del Sudafrica, il Rural Studio nella povertà
dell’Alabama, Elemental negli slum delle metropoli sudamericane e Bijoy Jain
nella cultura immensa dell’India ascoltano, con umiltà e con vero interesse, la
loro gente. E dopo sorprendono con concetti basati sul do-it-yourself, sulla partecipazione dell’individuo nel
processo edilizio, nel processo culturale, artigianale e sociale di edifici
dove vivere, lavorare e ritrovarsi.
Quali sono le
priorità di un’architettura che oggi possa definirsi davvero “sostenibile”?
La priorità è il
tempo. Se Paul Virilio denuncia che il nostro pianeta è diventato troppo piccolo
per l’innovazione, ha ragione! In un’equazione matematica che ha come costanti
richieste il costo più basso, la più alta qualità di progetto e la più
razionale cura degli aspetti ecologici ci deve almeno essere permessa una
variabile: il tempo. Per l’analisi approfondita della città europea di oggi,
delle sue necessità e dei suoi punti deboli ci vuole tempo. Per la ricerca di
nuove (o vecchie, ma validissime) strutture e materiali, per imparare a
sfruttare i fattori climatici ci vuole tempo. Per la realizzazione di edifici
che amano e rispettano la cultura, la tradizione artigianale, sposando le
innovazioni più sorprendenti, ci vuole tempo. Per la comprensione della società,
dell’individuo, ci vuole tempo, e umiltà.
Cosa pensi che
accadrà all’architettura dei prossimi anni? Quali sono le tendenze che si
definiranno come vincenti?
I veri maestri non
cercano di creare tendenze, ma oggetti utili e piacevoli per le persone. Se
allora proprio vi si cerca una “tendenza”, tra i membri della famiglia
elettiva del Global Award
e dei suoi prossimi, è un desiderio di riflessione e di perfezionamento, un think
well e build slow che è irresistibile, che non delude né
stanca mai, che ci protegge e ci aiuta nella professione e nella vita.
Quale futuro
per il Global Award?
Il premio, dopo
soli tre anni di vita, è diventato un mezzo di comunicazione mondiale e ora
entra nella sua prossima fase.
Nel 2010 verrà
istituita una fondazione per allargare lo spettro delle attività
all’insegnamento, alla ricerca, alla pubblicazione, sempre in cooperazione con
i centri europei di architettura, ma mirando soprattutto allo scambio con i
paesi in via di sviluppo. Cerchiamo di incentivare l’innovazione e la
trasmissione del saper fare architettura.
* Cité de l’Architecture, Parigi; CIVA Bruxelles; DAM Francoforte; IABL Ljubljana; IUAV Venezia; MFA Helsinki.