In questo numero

A noi rimane il marketing... di Marco Moro
Ambiente Italia 2010, un paese tra luci e ombre di Emiliano Angelelli
Il colore della felicità di Diego Tavazzi
La certificazione energetica degli edifici di Gianni Silvestrini
Più cemento per tutti di Antonio Pergolizzi

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A noi rimane il marketing…
di Marco Moro

Da qualche parte, nel mondo, la green economy sta realmente correndo. Anzi, in parecchie parti del mondo, e a volte lo sta facendo di più in luoghi che sono in qualche modo “lontani dalle cronache”. Ci si aspetta l’America di Obama, ma se si guarda meglio è forse la Corea del Sud ad avere imboccato con maggiore decisione, soprattutto in termini di azione di governo, la strada della conversione “verde” della propria economia.
Antonio Cianciullo e Gianni Silvestrini sono certamente due tra le persone più titolate a parlare al pubblico italiano di economia verde. Lo hanno fatto nell’ultima imminente uscita della collana “Tascabili dell’Ambiente-Kyoto Books”. Bontà loro, hanno voluto cercare anche in Italia tracce di questo fenomeno in grado di non sfigurare rispetto a ciò che avviene altrove. E naturalmente qualcosa hanno trovato, soprattutto aziende, grandi e piccole, che si sono date obiettivi che il “sistema” nel suo complesso è ben lungi dall’avere fatto propri. Altra novità editoriale, uscita a febbraio, il rapporto Ambiente Italia 2010 realizzato da Legambiente e dall’Istituto Ambiente Italia, documenta questa realtà con estrema precisione: analizzando la situazione regione per regione, alla vigilia della tornata elettorale, evidenzia l’esistenza di isole di eccellenza in un quadro complessivo dove tra ciò che sarebbe utile e opportuno fare e ciò che si fa realmente si sta creando un gap sempre più drammatico. Mettere in sicurezza il territorio, ad esempio, è non solo una necessità, ma anche una grande opportunità. Che si trasforma subito nel grande business di una shock economy all’italiana secondo un processo che viene ben delineato nel contributo di Antonio Pergolizzi in “ecomafia news”.
Oltre a manifestarsi con effetti macroscopici, questa divaricazione tra ciò che si dovrebbe e potrebbe fare e ciò che si fa permea la politica nazionale fin nel dettaglio. L’uscita della nuova edizione del Manuale della certificazione energetica degli edifici richiama alla memoria una delle più esemplari misure prese dell’esecutivo qualche tempo fa: la cancellazione dell’obbligo di allegare la certificazione agli atti di compravendita o ai contratti di affitto. Da un lato si strombazza di green economy, dall’altro si cerca di affossare uno dei possibili grandi ambiti di sviluppo della stessa, ossia la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. Ma non basta: il recente decreto “milleproproghe” ha posticipato al 2011 l’entrata in vigore dell’obbligo di installare impianti da energia rinnovabile sui nuovi edifici. La costruzione di nuove strutture rappresenta una percentuale minima del giro d’affari del settore edilizio e l’obbligo era quindi una misura sicuramente più d’immagine che di sostanza. Ma niente da fare, per quanto poco a qualcuno dava fastidio, in un paese reso ostaggio dell’incapacità (e della mancanza di intenzione) di immaginare un futuro che caratterizza le mille lobby e lobbyne di cui il governo è il terminale esecutivo.
In Italia la politica sembra ormai essere solo marketing, uno strumento che, nelle mani sbagliate, diviene elaborazione delle più raffinate tecniche per mentire, ingannare, sviare l’attenzione, assopire le intelligenze e il senso critico.
Formule come green economy sono materiale di facile utilizzo, ognuno vi può nascondere dietro il significato che vuole. Come uno slogan pubblicitario, non fornisce dettagli e non impegna. Per il nostro governo, ad esempio, la green economy è l’economia di cinquant’anni fa: strade, ponti e centrali nucleari. Qualcosa che ricorda la strenua difesa di interessi privi di futuro che Sabina Morandi racconta con grande efficacia nel primo romanzo Verdenero, Il pozzo dei desideri.
Ci trovate un senso? Se pensate a tutto ciò come a una strategia di marketing il senso c’è, eccome.