In questo numero

A noi rimane il marketing... di Marco Moro
Ambiente Italia 2010, un paese tra luci e ombre di Emiliano Angelelli
Il colore della felicità di Diego Tavazzi
La certificazione energetica degli edifici di Gianni Silvestrini
Più cemento per tutti di Antonio Pergolizzi

contatti

iscriviti

Più cemento per tutti
di Antonio Pergolizzi

L’Italia è un paese costantemente sull’orlo del disastro. Un paese pericolante, sfregiato dall’abusivismo edilizio e dall’anarchia cementificatoria, con piani regolatori che hanno puntualmente disatteso i rischi idrogeologici e sismici. A cui si aggiungono incendi e disboscamenti, che rendono i terreni fragili e franosi, ed edifici costruiti con calcestruzzo scadente o con evidenti errori progettuali. Cattiva amministrazione del territorio cui vanno aggiunte le conseguenze dei mutamenti climatici, con fenomeni meteorologici più intensi e frequenti. Dunque, un paese che ogni anno si confronta con frane, alluvioni, crolli. Senza che ciò abbia mai portato a una seria strategia di messa in sicurezza del territorio, di ripensamento del modo di costruire, di maggiore rispetto e salvaguardia degli ecosistemi.
Dopo i pianti in diretta tv e i funerali di Stato, si ritorna alla vita di sempre. Le immagini di Maierato, provincia di Vibo Valentia, di un intero costone di montagna che viene giù come fosse un fiume in piena, con 2.300 abitanti sfollati, e i crolli in Campania, le frane di Giampilieri e San Fratello, in provincia di Messina, di Ischia, provincia di Napoli, sono solo gli ultimi episodi di una lunga scia di morte. Dove la causa è principalmente riconducibile all’uomo, piuttosto cha alla natura “infame”. Il perché è spiegato nel dossier di Legambiente e del Dipartimento della Protezione civile, Ecosistema Rischio 2009, dove emerge che circa il 70% del territorio urbanizzato, ben 5.581 comuni, sorge su aree a rischio idrogeologico, con gravi ritardi nella prevenzione per il 68% delle amministrazioni pubbliche. Ancora, secondo il dossier, si registra “troppo cemento lungo i corsi d’acqua e in prossimità di versanti franosi e instabili”: inevitabile, dunque, l’elevato pericolo frane e alluvioni in Italia. Nessuna sorpresa se i corsi d’acqua si riprendono i loro letti naturali, travolgendo case e capannoni. Scendendo più nel dettaglio, di quel 70% di comuni a rischio idrogeologico, nel 28% dei casi sono presenti addirittura interi quartieri e nel 54% fabbricati e insediamenti industriali; nel 20% dei casi sono presenti strutture sensibili o strutture ricettive turistiche; e nel 36% dei comuni non viene ancora realizzata una manutenzione ordinaria delle sponde. E ancora, nonostante sia così pesante l’urbanizzazione delle zone a rischio, appena il 7% delle amministrazioni comunali ha provveduto a delocalizzare abitazioni e solo nel 3% dei casi sono stati avviati interventi di delocalizzazione dei fabbricati industriali. Nel 15% dei comuni mancano ancora i piani urbanistici che prevedono vincoli all’edificazione delle aree a rischio idrogeologico: i dati sulla pesante urbanizzazione delle zone a rischio nel paese dimostrano come sia urgente dare maggiore efficacia a questi strumenti normativi. E in più ci si mette il Piano Casa recentemente approvato dalle Regioni, che in molti casi peggiora la situazione accrescendo i rischi: può consentire nuove deroghe senza alcun rispetto per le regole della prevenzione del rischio idrogeologico. Come se l’Italia non fosse già uno dei maggiori produttori e consumatori al mondo di cemento, secondo l’Istat ogni cittadino italiano ne consuma ogni anno 800 chili, con una incredibile capacità edificatoria: nel decennio 1995-2006 si è registrato un incremento del costruito pari a 3,1 miliardi di metri cubi.
Con il pretesto di rilanciare l’economia, il Governo nazionale fa ricorso alla vecchia logica del “più cemento per tutti”, consentire nuove cubature mentre tutto intorno crolla e frana alle prime piogge. Miopia politica, interessi di parte e incoscienza collettiva sono ancora la cifra delle politiche del territorio, a ogni livello e grado. Non sono servite a nulla le tragedie, sempre più ricorrenti, degli ultimi anni. Un grande Piano nazionale di messa in sicurezza e di riqualificazione del territorio, la risposta migliore per scongiurare altri lutti e altre devastazioni e rilanciare l’edilizia di qualità, rimane solo utopia. Nonostante tutto.