In questo numero

Si salvi chi può di Marco Moro
Un Piano B per salvare la nostra civiltà di Diego Tavazzi
Al di sopra di ogni sospetto. Intervista a Giancarlo Narciso di Emiliano Angelelli
Blue Economy: l'orizzonte dell'innovazione di Emiliano Angelelli
Clima: sul Parlamento soffia il vento negazionista (ancora) di Ilaria Di Bella

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Si salvi chi può
di Marco Moro

C’è una paura ricorrente nel nostro lavoro di editori specializzati sulle tematiche ambientali, la paura del catastrofismo. Tabù assoluto, pratica da evitare come la peste perché pubblicare un libro che possa essere percepito come catastrofista equivarrebbe a prenotarsi un flop commerciale. Nessuno lo prenderebbe in mano. Al massimo un’occhiata alla quarta di copertina per capire se si parla di fantascienza, di remote profezie o della realtà e il libro tornerebbe subito sullo scaffale.
È una patologia curiosa, perché a ben guardare il catastrofismo non va poi così male in libreria. Anzi, proprio scrivere sciocchezze sul 2012 sembra poter essere una buona idea. Almeno fino all’anno in questione.
Quindi non è così vero che le persone non vogliono sentirsi raccontare che finiremo tutti arrostiti o polverizzati. Qual è il punto? Finché si tratta di catastrofi di fantasia va tutto bene, ma se si tratta della realtà, allora c’è qualche problema. Ed ecco che scatta l’allarme editoriale: occhio ai contenuti, ma anche ai titoli, ai sottotitoli, alle immagini di copertina, ai colori, a qualsiasi indizio possa far sospettare il potenziale lettore di trovarsi di fronte a un libro catastrofista. Allarme pericoloso, perché può indurre a valutare con eccessiva prudenza autori che, semplicemente, si occupano della realtà, senza reticenze.
Sul fronte dei temi ambientali questo è un fenomeno particolarmente evidente. Lo ha sottolineato Paul Krugman, Nobel per l’economia 2008, in apertura di un recente articolo scritto per il New York Times: visto dall’interno, il dibattito sulle politiche economiche legate al clima è molto diverso da come appare sui mezzi d’informazione. I mezzi d’informazione, infatti, quando non distorcono per altri fini si pongono comunque il problema di offrire contenuti attraenti. E i problemi reali hanno poco di sexy. Anche la politica, almeno la nostra, sembra ragionare negli stessi termini, come racconta Ilaria Di Bella nella rubrica “Camere con vista”.
Fatto sta che di fronte al sottotitolo di Piano B 4.0, la versione aggiornata del piano di uscita dalla crisi ambientale ed economica che Lester Brown perfeziona di anno in anno e che arriva dopo l’enorme successo della versione 3.0, ci siamo fatti qualche domanda. “Mobilitarsi per salvare la civiltà”. Salvare la civiltà? Non è troppo “forte” dire che siamo a questo punto? Il lettore potrebbe sentirsi a disagio? Potrebbe respingere il messaggio? Dovremmo in primo luogo rassicurarlo? Coccolarlo e dargli a intendere che in fondo va tutto bene, che non cambierà nulla e che se il cambiamento ci sarà non avrà a che fare con il suv che si usa ogni giorno per andare a prendere i bambini a scuola?
Il sottotitolo non è stato cambiato e anzi, la determinazione a proporre le letture più fondate e autorevoli (e perché no, coraggiose) dello scenario attuale rimane alla base delle nostre proposte. Il segreto delle tre pallottole ha forse un titolo da classico del giallo, ma quello che Maurizio Torrealta ed Emilio Del Giudice documentano nella loro inchiesta è una verità scomoda, che mette a disagio. E così i prossimi saggi in uscita (le traduzioni di Eaarth di Bill McKibben e Storms of my grandchildren di James Hansen) non faranno sconti sul versante della concretezza. Ma ognuno di essi, e Piano B in particolare, ha l’obiettivo di fornire indicazioni sulle soluzioni che si possono perseguire. Non quello di spaventare. Solo fango, di Giancarlo Narciso e A braccia aperte di Piersandro Pallavicini sono invece prodotti di fiction che contengono una dettagliata denuncia di fenomeni e problemi che caratterizzano fortemente il momento che stiamo vivendo. Ma che non sono “belli a vedersi”, pur essendo sotto gli occhi di tutti.
Piuttosto che del catastrofismo, quindi, c’è da avere timore dei libri che “la fanno troppo facile”. È di questi che bisogna valutare più attentamente i contenuti e il linguaggio. Perché raccontare che viviamo già immersi nella green economy e che tutto va a gonfie vele non sarebbe fare un buon servizio ai lettori. Green Life, il libro di Andrea Poggio e Maria Berrini che è finalmente disponibile anche in libreria, racconta la realtà degli eco-quartieri e delle politiche urbane per la sostenibilità basandosi solo su progetti realizzati e consolidati. E lo stesso fa La corsa della green economy, di Gianni Silvestrini e Antonio Cianciullo, che sta incontrando un meritato e crescente successo.