In questo numero

L'annuario della diffamazione di Marco Moro
Rapporto ecomafia 2010. Intervista a Enrico Fontana di Diego Tavazzi
Energia eolica senza turbine di Emiliano Angelelli
I trent'anni di Legambiente di Antonio Pergolizzi

contatti

iscriviti

I trent'anni di Legambiente
di Antonio Pergolizzi

Era il 1980 quando nasceva Legambiente, erede dei primi nuclei ecologisti e del movimento antinucleare che si sviluppò in Italia e in tutto il mondo occidentale nella seconda metà degli anni ’70. Era il 1994 quando dall’Associazione del Cigno nasceva l’Osservatorio ambiente e legalità, promosso insieme ai carabinieri del Comando tutela ambiente e all’Eurispes. In quell’anno venne pubblicato il primo Rapporto Ecomafia. Nulla sarebbe più stato come prima. Era l’inizio di un lungo percorso di denuncia nei confronti di un fenomeno che più di altri stava trasformando, distruggendolo e avvelenandolo, il Belpaese. In quel Rapporto c’era già tutto ciò che avrebbe caratterizzato quelli futuri, ben 17 fino a oggi: l’analisi, la denuncia, le proposte. Erano gli albori di una nuova consapevolezza ambientalista che avrebbe “contaminato” tutti i segmenti della società. Si erano poste le premesse per comprendere un fenomeno fino ad allora sconosciuto.
Ciclo illegale dei rifiuti e del cemento furono identificati come i principali campi d’azione dell’ecomafia, subito dopo affiancati dal racket degli animali, dall’archeomafia, dai furti d’acqua, dall’agromafia e così via. L’intero spettro dell’illegalità ambientale è così finito nel mirino dell’Osservatorio. Le denunce del primo Rapporto Ecomafia sono arrivate fin dentro le istituzioni parlamentari nazionali, dando il via alla costituzione, l’anno dopo, della prima Commissione parlamentare (monocamerale) di inchiesta sul ciclo dei rifiuti (presieduta dall’on. Massimo Scalia). Un’esperienza parlamentare che è diventata una consolidata prassi istituzionale e che oggi coinvolge entrambi i rami del Palamento. Da allora i Rapporti ecomafia, e gli altri dossier, sono stati per le varie Commissioni un punto di riferimento, una bussola che è servita a orientarsi sin nei meandri di quella che Legambiente ha definito la Rifiuti Spa, una holding criminale di alto profilo, che mette insieme mafie e colletti bianchi, imprenditori e funzionari pubblici infedeli, massoneria e professionisti.
In questo settore un punto di svolta è stata l’introduzione nel 2001 nel nostro ordinamento del delitto ambientale riconosciuto per attività organizzate per traffico illecito di rifiuti (ex art. 53 bis del Decreto Ronchi e attuale art. 260 del Dlgs 152/2006), che ha consentito risultati repressivi straordinari; come conoscere il vero “volto” dei trafficanti, il loro modus operandi, le complicità e gli imbrogli a ogni livello.
Accanto al ciclo illegale dei rifiuti, quello del cemento. Dove continua a consumarsi un disastro dopo l’altro, fra abusivismo edilizio, infiltrazioni negli appalti pubblici, consumo di suolo, cave abusive. Fenomeno raccontato fin nei dettagli dai vari Rapporti e che si è dovuto confrontare negli anni con ben tre condoni edilizi, un vergognoso atto di resa dello Stato nei confronti di chi ha violato la legge. Per il 2008 e il 2009, Legambiente è stata in grado di dimostrare anche i reali costi a carico dei contribuenti, smascherando l’ipocrisia dei governi che li avevano giustificati davanti all’opinione pubblica, soprattutto, per motivi economici. Oltre a dimostrare, numeri alla mano, la spinta all’abusivismo dovuta all’annuncio del condono: un impennata del 40% nel solo 2003. Le stime elaborate da Legambiente, sulla base dei dati forniti del Cresme, indicano per quell’anno una superficie equivalente di cemento illegale che si è abbattuta sul territorio italiano di circa 5,4 milioni di metri quadrati, per un valore immobiliare stimabile in oltre 2,7 miliardi di euro.
Leggendo i Rapporti non si può non notare l’evoluzione dell’abusivismo edilizio, nelle forme, nei modi, nei risultati. L’Italia del dissesto idrogeologico, dei morti sepolti nel fango, ad esempio, va messa in relazione con il mattone illegale, con il consumo sfrenato di suolo, con l’utilizzo improprio – e spesso illecito – degli strumenti urbanistici. Si nota così che le case abusive diminuiscono di numero, anche se continua a crescere la cementificazione “forzata”, principalmente delle aree di maggior pregio ambientale e “fragili”. Fino alla scoperta dell’utilizzo indiscriminato del calcestruzzo depotenziato nella costruzione di opere pubbliche e private: altra truffa ai danni dei cittadini.
Purtroppo dopo decenni di denunce, rimane ancora al palo la riforma per introdurre i delitti ambientali nel nostro codice penale, lasciando immutato un quadro normativo in cui la maggior parte dei reati ambientali rimane nel novero delle contravvenzioni. Mentre la riforma delle intercettazioni telefoniche sta per diventare l’ennesimo regalo all’ecomafia.