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Quasi zero di Marco Moro
Con l'acqua alla gola di Diego Tavazzi
Un muro nero per stare al fresco di Emiliano Angelelli
Un mare di illegalità di Antonio Pergolizzi

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Con l'acqua alla gola
di Diego Tavazzi

Anche se negli ultimi mesi il dibattito sull’acqua in Italia è stato dominato dalla questione “pubblico vs privato”, dibattito i cui protagonisti si sono scontrati con toni spesso aspri, non va dimenticato che la crisi idrica è ormai un fatto acclarato. In tutto il mondo, come ci ricorda anche Lester Brown nel suo Piano B 4.0, sono sempre di più le regioni che si trovano a fronteggiare drammatiche riduzioni delle disponibilità di acqua potabile. Per millenni l’umanità ha soddisfatto i suoi bisogni idrici scavando pozzi e accumulando riserve in bacini artificiali; da alcuni decenni, però, trovare nuove risorse è sempre più difficile. Il miglioramento delle condizioni di vita (che si accompagna inevitabilmente a consumi di acqua crescenti), lo sviluppo agricolo e l’industrializzazione stanno sottoponendo a stress crescenti le riserve, compromettendo la loro capacità di rigenerarsi. Le attività umane producono poi rifiuti e inquinanti che vanno a deteriorare la qualità delle acque, imponendo, quando possibile, trattamenti di depurazione via via più sofisticati e costosi. Nei casi invece in cui le tecnologie di depurazione non sono disponibili, il risultato è un peggioramento della qualità delle acque, con conseguenze pesanti in termini di salute pubblica e sviluppo sociale. L’inquinamento di origine antropica compromette anche gli ecosistemi marini e fluviali: le 400 dead zones diffuse lungo le coste di tutto il pianeta sono una delle testimonianze più evidenti della capacità degli uomini di alterare gli equilibri naturali.
Sullo sfondo, a complicare una situazione già difficile, le alterazioni degli schemi delle precipitazioni prodotte dai cambiamenti climatici. Il riscaldamento globale modifica infatti i regimi delle piogge, con il risultato che spesso piove di più (e più intensamente) laddove già pioveva parecchio e piove di meno dove invece già pioveva poco.
Diventa quindi urgente, anche nel nostro paese, ridurre gli sprechi e migliorare l’efficienza dei sistemi di distribuzione e gestione delle acque. Il libro di Giulio Conte, Nuvole e sciacquoni, si concentra in particolare sugli usi domestici e urbani dell’acqua, nella convinzione che sia possibile diminuire notevolmente i consumi idrici domestici e urbani e l’inquinamento da essi provocato, senza rinunciare ai livelli di comfort e sicurezza cui siamo abituati in Occidente. A giudizio di Conte, l’attuale “modello domestico” di utilizzo dell’acqua non è sostenibile perché è basato su una serie di pratiche evidentemente illogiche e dispendiose in termini di consumi. Accanto alle raccomandazioni basate sul buon senso (come quella di fare la doccia e non il bagno) Conte propone quindi una serie di interventi (come l’applicazione dei frangigetto ai nostri rubinetti, l’impiego di wc a doppio pulsante e la scelta di elettrodomestici a basso consumo idrico) che, tutti assieme, potrebbero garantire un risparmio di acqua di quasi il 40%. Esistono poi tecnologie applicabili alle abitazioni in fase di costruzione o di ristrutturazione – come la raccolta della pioggia in cisterne e il riuso delle acque grigie (quelle che provengono da lavabi e docce) per irrigazioni e lavaggi esterni – che garantirebbero ulteriori riduzioni dei consumi.
Nuvole e sciacquoni presenta anche alcune soluzioni che a prima vista potrebbero apparire “radicali” ma che, applicate in contesti appropriati, permetterebbero di affrontare problemi altrimenti difficilmente risolvibili: la raccolta separata delle urine (da cui ricavare sostanze fertilizzanti) e le toilet a “compostaggio” (che non usano acqua).
Conte sottolinea che anche il “modello urbano” basato su prelievo, distribuzione, utilizzo, fognatura, depuratore, scarico, non è sostenibile, perché comporta un utilizzo eccessivo di risorse idriche di alta qualità, produce un inquinamento che può essere solo parzialmente ridotto ricorrendo alla depurazione e non si preoccupa di riutilizzare sostanze preziose come il fosforo e l’azoto. Ecco allora una serie di proposte di innovazione alla scala urbana: metodologie di gestione delle reti idriche evolute e capaci di ridurre le perdite diminuendo, quando necessario, la pressione dei flussi idrici; tecnologie per il trattamento decentrato degli scarichi e per il riutilizzo delle acque trattate dai depuratori, a cui affiancare sistemi di fitodepurazione.
Le misure proposte di Conte consentirebbero, se applicate, di giocare in anticipo rispetto ai tempi di della crisi idrica che già affligge diverse aree del nostro paese.
A proposito di fitodepurazione, si svolgerà a Venezia dal 4 al 9 ottobre Wetland 2010, la conferenza internazionale sull’utilizzo di sistemi di depurazione naturale per il controllo dell’inquinamento delle acque. Il convegno rappresenta la prima vera occasione in Italia in cui vengono ospitati i maggiori studiosi di tutto il mondo nel campo della fitodepurazione. Da non perdere.