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Spy story all'italiana di Antonio Pergolizzi

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Spy story all’italiana
di Antonio Pergolizzi


Può capitare, in Italia, che un grosso gruppo industriale “toccato” da un’inchiesta su un traffico illecito di rifiuti finisca, per questo, sotto ricatto di un giornale. È successo a Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria e a capo del gruppo industriale Marcegaglia, che – almeno secondo la procura di Napoli – è finita sotto ricatto del quotidiano Il Giornale, testata in mano alla famiglia di Berlusconi e molto attiva in politica.

La procura ha così disposto perquisizioni nella sede del quotidiano e indagato il direttore Alessandro Sallusti e il vicedirettore Nicola Porro. L’ipotesi formulata dai pm è di concorso in violenza privata. I militari sono convinti che i giornalisti stessero preparando un dossier contro il presidente di Confindustria, colpevole di aver formulato critiche nei confronti del governo. E non sarebbe nemmeno la prima volta. Una spy story con gli ingredienti giusti: una grossa azienda, un mega traffico di rifiuti, professionisti corrotti e giornalisti-ricattatori. Come se non bastasse, la vicenda si complica ulteriormente con la conseguente querela fatta da Sallusti contro il procuratore di Napoli, Giandomenico Lepore.

È l’Italia di oggi. Ed è l’ennesimo filone che riguarda un’indagine cominciata il 27 giugno del 2008 con lo scoppio di un incendio e la morte di un operaio, Martin Decu, e il ferimento grave di un altro, Mario Cicchillo, avvenuti all’interno dell’azienda di Follonica Agrideco, proprietaria anche di un impianto di trattamento di rifiuti. L’incendio è scoppiato a causa della deflagrazione del gas contenuto nelle bombolette spray lavorate nell’impianto, senza averne l’autorizzazione, né le necessarie strutture. Indagando i carabinieri scoprirono che tonnellate di scorie tossiche provenienti da diverse regioni, tra cui i veleni provenienti dalla bonifica del sito contaminato di Bagnoli, erano finiti anche in Toscana. È il risultato dell’inchiesta “Golden Rubbish” (febbraio 2010), del Comando dei carabinieri per la tutela dell’ambiente, che intercetta un’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti speciali, anche pericolosi, gestito proprio dalla azienda Agrideco.

Se la cabina di regia era in Maremma i flussi illegali riguardavano ditte di diverse regioni d’Italia: Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Campania, Lazio, Abruzzo e Sardegna. Il volume di traffico stimato dagli investigatori è di circa un milione di tonnellate, con un introito di svariati milioni di euro. Soldi ottenuti anche grazie al mancato pagamento dell’ecotassa regionale. Un sistema che, secondo quanto dichiarato dai militari, coinvolgeva 61 persone e 20 aziende.

La stessa azienda, secondo gli inquirenti, sarebbe stata al centro di un sistema illecito di gestione di scorie tossiche, basato sulla sistematica falsificazione di certificati di analisi, formulari di identificazione e registri di carico e scarico (il classico giro-bolla) e di finte operazioni di trattamento. In questo modo si potevano attribuire ai rifiuti trasportati e trattati codici irregolari, in modo da poterli dirottare in siti di destinazione finale, naturalmente compiacenti, anche se non in possesso delle idonee caratteristiche impiantistiche e autorizzative. Ciò consentiva lo smaltimento di rifiuti pericolosi in discariche adibite, invece, solo allo scarico di rifiuti non pericolosi: questo, senza che fosse effettuata alcuna operazione di trattamento o di inertizzazione. Da qui l’affare.

Nell’ambito della stessa inchiesta è stato sottoposto a sequestro il laboratorio di analisi di Mantova della Made Hse (un tecnico analista arrestato e quattro dipendenti indagati), appartenente al gruppo Marcegaglia, per l’appunto, con l’accusa di aver redatto falsi certificati di analisi su rifiuti pericolosi provenienti dall’industria siderurgica Marcegaglia di Ravenna. Da qui l’ipotesi di mettere in cattiva luce e ricattare il presidente di Confindustria. Il resto è cronaca di questi giorni.