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La pattumiera? A dieta, da subito! Intervista a Roberto Cavallo di Diego Tavazzi
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La pattumiera? A dieta, da subito!
Intervista a Roberto Cavallo
di Diego Tavazzi


Abbiamo chiesto a Roberto Cavallo, autore di Meno 100 chili. Ricette per la dieta della nostra pattumiera, di spiegarci perché e come possiamo ridurre la quantità di rifiuti che produciamo ogni giorno. Anche se si tratta di cambiare qualcuna delle nostre abitudini, alla fine è facile ritrovarsi con una pattumiera molto più snella cosa che, lo si scopre in fretta, è gratificante ed economicamente vantaggioso.

Il tuo libro comincia con un capitolo dal titolo “Il buon senso del Titanic”: siamo davvero a bordo di un (forse nemmeno troppo metaforico) Titanic? Quali sono i problemi e i rischi connessi all’eccessiva produzione di rifiuti e scarti?
Io non so se siamo a bordo del Titanic o sull’Olympic o il Britannic, o di quale altra nave che si riteneva inaffondabile, ma so che stiamo pilotando la “nave” su cui stiamo viaggiando con la stessa arroganza e con lo stesso spirito di onnipotenza di chi riteneva invincibile il Titanic. Non sono i meccanismi ingegneristici, i materiali di costruzione o le performance progettuali della “macchina” a essere messi in discussione, ma è il comportamento, lo “stile di vita” di chi sta sulla nave, a mandare in crisi il progetto di base.
Guardare al Titanic come metafora di cosa non fare mi è parsa una via comunicativa da proporre nel libro. L’insistere ad andare “avanti tutta” senza chiedersi se si è in grado di spostare o invertire la rotta di fronte a un ostacolo, senza interrogarsi su quanti abitano la nave e se ci sono sufficienti scialuppe di salvataggio, senza “allenarsi” a come resistere di fronte a un’emergenza, senza pensare che non si è soli sulla nave: mi pare di poter affermare che sono tutti comportamenti insostenibili.
Nella premessa del libro ho cercato di spiegare le norme legislative europee e nazionali che regolano il complesso sistema dei rifiuti, ricordando mio nonno e pensando di parlare a mio figlio: il risultato, che torna nel testo come un “disco rotto”, è che quando il buon senso non è più sufficiente ed è necessario approvare e applicare delle norme c’è qualcosa che non va! I rischi connessi all’eccessiva produzione di scarti sono di due tipi: a monte, un eccessivo sfruttamento delle risorse naturali e consumo di energia per produrre materiali dalla durata effimera come tutti i manufatti usa e getta; a valle l’incapacità del sistema naturale di assorbire scarti non biodegradabili e la scarsa organizzazione territoriale nell’avviare a recupero i materiali di scarto.
Non possiamo permetterci di continuare con questo tipo di comportamento, l’iceberg è sempre più vicino.

Per produrre le cose che poi buttiamo via servono grandi quantità di energia e materiali che, grazie al recupero e al riciclo, possono essere in parte recuperate. Come se la cavano gli italiani con la raccolta differenziata? E gli europei?
È complicato dare una risposta univoca rispetto a come se la cavano gli italiani: abbiamo infatti alcuni Comuni che possono vantare le migliori performance al mondo in termini di raccolta differenziata e riciclo, ma abbiamo anche le peggiori.
In Europa la situazione è discreta, abbiamo una delle migliori normative al mondo a regolare il ciclo integrato dei rifiuti. Certo in un’Europa a 27 molto rimane da fare per allineare paesi che da anni si sono attrezzati per impostare un ciclo virtuoso fatto di prevenzione, riduzione, recupero di materia e riuso, e paesi che invece ancora devono risolvere problemi legati a una massiccia presenza di discariche abusive con enormi problemi ambientali e per la salute dei propri cittadini.
Il futuro però non potrà che essere una “Società del riciclo” come sottolinea la stessa direttiva europea. L’Europa, e ancor più l’Italia, sono povere di materie prime e saranno sempre più costrette a importarle da paesi dove regna l’instabilità politica che, con i nostri comportamenti quotidiani, non facciamo che alimentare. Il riciclo non è solo un buon comportamento per l’ambiente, ma è anche un serio contributo all’economia europea e, a pensarci bene, anche un importante passo per la pace nel mondo!

In media ogni italiano produce 550 kg di rifiuti all’anno. Nel tuo libro spieghi come abbassare di 100 kg questo valore, e presenti anche casi di riduzione ancora più importanti. Da quali mosse si può partire per diminuire la quantità di rifiuti che si butta nella spazzatura?
Dal punto di vista quantitativo il passo più importante, per chi ha la fortuna di avere un giardino, è praticare il compostaggio domestico, cioè trasformare i propri scarti della cucina in terriccio da utilizzare nel giardino stesso: da sola questa pratica abbatte la produzione di rifiuti urbani di quasi 100 chili a testa.
Sempre dal punto di vista della riduzione in peso della nostra pattumiera, un secondo comportamento, semplice e tradizionale, è non disfarsi subito degli oggetti che non utilizziamo più, dai giochi dei nostri bambini ai vestiti, dai mobili non più “alla moda”, al computer ritenuto meno potente per il nostro ufficio, alle vernici avanzate dalla ripittura della ringhiera del balcone, ma guardarsi intorno. Certamente c’è qualche parente, amico, conoscente o vicino di casa che ha la necessità o possibilità di continuare a usare i nostri oggetti.
E poi ci sono una miriade di gesti quotidiani che nell’insieme possono contribuire in modo importante a cambiare le cose e a far dimagrire la nostra pattumiera, dal bere l’acqua del rubinetto, al farsi le marmellate, i biscotti o gli yogurt in casa, dal comprare prodotti alla spina o pannolini lavabili.

Nel tuo libro ogni paragrafo di approfondimento è preceduto da un racconto, e negli ultimi anni hai girato l’Italia con uno spettacolo teatrale intitolato, appunto “Meno 100 chili”. Perché secondo te raccontare storie e aneddoti può aiutare a modificare i comportamenti delle persone?
L’aneddoto, la testimonianza, il racconto sono stili comunicativi che nel loro insieme contribuiscono a rendere più efficace la trasmissione del messaggio. Penso che siano utili per raggiungere le diverse sensibilità di uno spettatore, un ascoltatore, un lettore. C’è chi si ritrova nei comportamenti di mio nonno che nel libro descrivo, come drizzare i chiodi o recuperare una vecchia lavatrice per usarne il motore come alimentazione di una sega elettrica; c’è chi si ritrova nel mio ruolo di padre intento a spiegare un concetto a un figlio adolescente la cui soglia di attenzione non supera il paio di minuti, c’è chi riscopre le profezie di Italo Calvino. Non so se tutto questo serve a influenzare i comportamenti delle persone. Mi piace pensare che, dopo aver letto qualcosa di ciò che ho scritto, il lettore si incuriosisca, fosse assalito da un dubbio, una curiosità o dalla voglia di rileggere Calvino. Se poi chi ha terminato la lettura di Meno 100 chili fosse preso dalla voglia di pesare la propria pattumiera e provare ad alleggerirla, allora vorrebbe dire che il futuro potrebbe davvero essere più leggero!