In questo numero

100% rinnovabile: una questione di civiltà di Marco Moro
Imperativo energetico. Intervista a Gianni Silvestrini di Paola Fraschini
Hermann Scheer, l'energia come questione etica di Marco Morosini

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Hermann Scheer, l’energia come questione etica
di Marco Morosini*


Hermann Scheer, il politico tedesco fondatore e presidente di Eurosolar, è prematuramente mancato nello scorso ottobre. Pochi come lui hanno contribuito a trasformare in una prospettiva politicamente credibile il progetto di una società basata completamente sulle energie rinnovabili (a tal proposito segnaliamo la petizione che sarà consegnata alla UE a fine 2011, quando si formulerà la prossima strategia energetica europea, “100% energie rinnovabili nell’UE entro il 2050”, ndr).
Etica e sussidiarietà furono i pilastri delle analisi di Scheer, secondo il quale le odierne scelte energetiche sono soprattutto una questione di civiltà. Infatti i benefici delle energie fossili e dell’energia atomica vanno sproporzionatamente alla parte più benestante della popolazione mondiale, mentre i loro costi umani – per esempio il cambiamento climatico – ricadono sproporzionatamente sui più poveri e sulle generazioni future. Il secondo principio guida di Scheer fu la sussidiarietà: se un ente “più in basso” è capace di fare qualcosa, l’ente “più in alto” deve lasciargli tale compito e sostenerne l’azione.
Secondo Scheer mentre le fonti fossili e atomiche implicano la concentrazione in impianti centralizzati e in oligopoli, gran parte delle nuove energie rinnovabili (solare, eolico, biomassa, geotermico, maree) sono per loro natura “sparse” fra milioni di piccoli produttori. Nel primo caso è favorita la concentrazione di ricchezza e potere, mentre nel secondo prevale una loro più equa distribuzione tra i cittadini. Secondo Scheer il compito della politica è di accelerare la transizione energetica, creando sistemi d’incentivazione verso quelle energie che danno benefici collettivi e che riducono i danni e i rischi. L’“Imperativo energetico” – il titolo del suo ultimo libro – è quello di attuare nel minor tempo possibile una svolta energetica verso le rinnovabili.
Ma perché attendere il 2050? Scheer riteneva che la conversione alle rinnovabili si potesse realizzare in tempi più corti, e non era l’unico, “100% energie rinnovabili entro il 2030” è la prospettiva presentata nel più ampio studio sul futuro delle rinnovabili finora pubblicato (parte 1 e parte 2; per una versione più breve e divulgativa si legga qui). Gli autori Mark Jacobson e Mark Delucchi, della Stanford University e della University of California at Davis, calcolano uno scenario plausibile di un “mondo WWS” (wind, water, sun) alimentato da una potenza, in prevalenza elettrica, di 11,5 TW (1 terawatt = 1.000 miliardi di watt) tratti completamente da energie rinnovabili. Il 90% della potenza verrebbe da 3,8 milioni di grandi turbine eoliche (50%), 90.000 grandi impianti fotovoltaici e a concentrazione solare (34%), 1,7 miliardi di tetti fotovoltaici (4%); il resto da impianti geotermici, idroelettrici, maremotori e a energia del moto ondoso. Buona parte dell’energia sarebbe trasformata in elettricità o idrogeno per servire anche ai trasporti e ai sistemi di riscaldamento e raffreddamento. Lo scenario si basa su tecnologie già esistenti, sui loro costi attuali e sulla loro evoluzione plausibile nei prossimi anni. Nel futuro “mondo WWS” il costo del kWh è stimato inferiore a quello del kWh fossile e atomico, mentre il costo della nuova infrastruttura energetica è stimato intorno a 100.000 miliardi di dollari in 20 anni, senza gli elettrodotti. Secondo gli autori la transizione è tecnicamente possibile entro il 2030 con politiche aggressive, o entro il 2050 con politiche più blande.
Si devono a Scheer pietre miliari della politica energetica tedesca, europea e mondiale. Nel 2000 il Bundestag vara la sua storica “Legge per le energie rinnovabili” (EEG), alla quale s’ispira ora la legislazione in sessanta paesi. Essa sancisce l’obbligo per i grandi distributori di acquistare l’elettricità da fonti rinnovabili dai piccoli produttori con tariffa superiore ai costi di produzione e garantita per 20 anni (“fid-in tarif”); la tariffa viene man mano abbassata per i nuovi impianti, proporzionalmente alla diminuzione dei costi degli impianti più moderni, fino a scomparire quando essi saranno concorrenziali. I sovracosti vengono distribuiti a tutti gli acquirenti di elettricità. Nel 2009, 130 governi aderiscono all’IRENA (International Renewable Energy Agency), per la cui fondazione Scheer lavorò 20 anni, tra l’altro creando il World Council for Renewable Energy.
La peculiarità di Scheer fu quella di trattare l’energia come questione politica. Per affrontare i temi dell’Agenda 21 per lo sviluppo sostenibile – sosteneva Scheer – occorre una sorta di “Agenda 1”, con un unico punto: una società basata solo sulle energie rinnovabili. Secondo Scheer infatti quasi tutti i principali problemi ambientali sono collegati all’energia: usiamo e sprechiamo troppa energia e la otteniamo dalle fonti meno favorevoli.
Scheer non era tecnocrate né ecologista, ma un politico purosangue, dedito inizialmente alle politiche di pace e disarmo e considerato un probabile futuro ministro degli esteri ai tempi di Willy Brandt. La sua decisione di dedicarsi alla questione energetica non fu un cambiamento di terreno ma la continuazione della sua vocazione di politico del disarmo. A metà degli anni ’80 si convinse che la democratizzazione dell’accesso all’energia con una svolta verso un’economia mondiale solare e decentrata è uno dei compiti principali della politica per la pace sociale e tra i popoli.

*Analista ambientale al Politecnico federale di Zurigo. Curatore, con Wolfgang Sachs, di Futuro sostenibile (Edizioni Ambiente, 2011).