Negli anni Quaranta del secolo scorso, Jorge Luis Borges scrisse una serie di racconti che in Italia venne pubblicata da Einaudi, per la prima volta nel 1955, sotto il titolo di Finzioni. Non mi avventuro in interpretazioni dell’opera borgesiana, non ne sono in grado. Certo è che da semplice lettore quella raccolta mi sembra soprattutto una spettacolare prova “muscolare” d’autore, una dimostrazione di multiforme erudizione e di vertiginosa creatività.
La Terra è un sistema chiuso con una quantità finita di materie prime, cui non se ne aggiungeranno mai altre. In un sistema del genere, quindi, la crescita illimitata è impossibile ed è per questo che dovremo trasformare la nostra economia in modo che tutto ciò di cui disponiamo in misura limitata (materie prime, materiali e suolo) diventi continuamente utilizzabile.
Se lo spreco di cibo fosse un paese, sarebbe il terzo per emissioni di CO2 dopo Stati Uniti e Cina. Se l’impronta idrica globale che ne deriva fosse un fiume, sarebbe tre volte lo scarico annuale del Volga, e se fosse un lago, il suo volume ammonterebbe a tre volte quello del Lago di Ginevra.
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