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In questo numero:

Bibliodiversità di Marco Moro
Come dare scacco matto ai negazionisti di Diego Tavazzi
Ecodesign: pensare ecologico di Paola Fraschini
Il turismo sostenibile in alta quota di Anna Satolli
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Bibliodiversità
di Marco Moro


Da un po’ di tempo si è fatta cosa rara poter leggere, quantomeno in Italia, contributi intelligenti sulla situazione dell’editoria. Il settore sta vivendo una trasformazione di portata sicuramente enorme: cambiano le tecnologie, cambiano i rapporti tra i soggetti coinvolti nella “filiera”, cambiano le abitudini di consumo e di fruizione, cambia radicalmente l’assetto di potere. Gli editori, soprattutto quelli che hanno concentrato il controllo su produzione, distribuzione e vendita, si trovano a dover fare i conti con soggetti potenti, che non “nascono” nel settore e che vi entrano con la capacità di ribaltare le regole, anche perché svincolati da riti e convenzioni che prevedono il corteggiamento della politica come la soggezione ai suoi appetiti.
In una situazione del genere dovrebbe essere d’obbligo la prudenza e invece passa tanta disinformazione o, nel migliore dei casi, si ripropongono settimanalmente gli stessi generici contenuti, le stesse opinioni, le stesse previsioni, spesso depurate da ogni accento di intelligenza critica. Si passa dal “trionfalismo digitale” degli articoli scritti da chi analizza la questione dal versante tecnologico (portando a supporto delle proprie tesi, in un deserto di ricerca indipendente, sempre le stesse opinioni di chi nel digitale ha i propri interessi di imprenditore) all’arroccamento su posizioni nostalgiche altrettanto infondate, come tutto sommato poco fondate sono anche le posizioni di mezzo, quelle che prevedono che supporti diversi convivranno, che l’avvento di uno non significa la scomparsa dell’altro. Non lo sappiamo affatto come andrà a finire, non sappiamo né come né quanto, né tantomeno quando, “tutto sarà diverso”.
La disinformazione cui mi riferisco è poi ben rappresentata dai dati sempre strombazzati, ma mai spiegati per ciò che sono, sulla crescita del mercato degli ebook (che finché sono espressi in termini percentuali di quota di mercato spiegano veramente poco o nulla di ciò che sta avvenendo). Ma c’è di peggio, c’è pure la finta mobilitazione in nome della “bibliodiversità”: leggere in questa ottica un provvedimento normativo come la Legge Levi sulla regolamentazione dei prezzi nel mercato librario è davvero da babbei. Si tratta di una legge voluta dai grandi gruppi editoriali che controllano il mercato in Italia, gli stessi che gestiscono proprio a danno della bibliodiversità gli spazi in libreria. Ed è una legge fatta per difendersi esattamente da quei nuovi grandi player che stanno davvero cambiando la faccia al settore, come Amazon, Apple, Google. Non certo per facilitare la vita ai “piccoli” o ai “diversi” (diversi da che poi?) Che le nostre “major” del libro si ergano a paladine di questa inesistente crociata quando come gestori di catene di punti vendita praticano l’acquisto centralizzato azzerando totalmente l’identità della singola libreria è veramente un paradosso. E che altri editori pretesi “indipendenti e di qualità” sostengano questa visione è quantomeno desolante e la dice lunga sulla situazione del nostro “stagno” editoriale.
Come sperare quindi di capirci qualcosa se di ricerca, ricerca indipendente intendo dire, se ne fa poca e quella poca fatica ad arrivare sui media (magari perché non contiene assist a nessuno dei giocatori più impegnati alla partita)? Una delle poche ricerche reperibili, effettuata dall’università di Milano Bicocca e focalizzata sul mercato universitario (eReaders ed eBooks nelle università, Nicola Cavalli), è interessante proprio perché rivela lo stato delle cose su un segmento del mercato che si direbbe più maturo di altri: il risultato però è ancora una volta molta incertezza e pochi elementi solidi su cui articolare giudizi e previsioni.
Che internet avrebbe cambiato radicalmente le attitudini e le modalità di produzione, diffusione e fruizione del sapere, beh questo lo si capiva anche senza aspettare gli ebook, che semplicemente della rete sono un sottoprodotto.
È però interessante notare come in molta dell’informazione cialtrona sulla “rivoluzione degli ebook” l’editore è, per eccellenza, il morto che cammina, destinato a sparire per “liberare” finalmente gli autori e realizzare una compiuta democrazia del sapere. Niente più filtri tra autori e lettori, niente più profitti indebitamente ottenuti alle loro spalle. A questo proposito, Gino Roncaglia ha scritto uno dei pochi articoli utili (vedi sopra) apparsi di recente, e non a caso dedicato al tema della proprietà intellettuale – e non a quale sarà la tecnologia vincente tra reader e tablet o a quanto crescerà il mercato digitale nei prossimi sei mesi: “I buoni editori non sono semplici cinghie di trasmissione fra l’autore e la tipografia, ma intervengono sullo stesso impianto redazionale dell’opera. A volte, sono direttamente loro a commissionarla all’autore. E con l’aumento della complessità dei contenuti il ruolo della cabina di regia editoriale tende a crescere, non a diminuire. Questo significa che alla fine il lavoro pubblicato non è più solo dell’autore, ma comprende anche un contributo importante dell’editore” (“Chi compete con l’editore”, Il Sole 24 Ore, 11 novembre 2012). Roncaglia si riferisce in particolare all’avvento di prodotti molto più complessi di quelli che si vedono attualmente in circolazione, ma la funzione che descrive è già oggi quella degli editori “buoni”.
Nei nuovi scenari, cartacei o digitali che siano, l’editore può mantenere una funzione importante, che non è speculare sui vari passaggi, dalla produzione alla vendita del libro, ma aggiungere qualità, collaborare con l’autore e favorire il raggiungimento del lettore, mentre dal lato del lettore è fornire elementi utili all’orientamento e all’accesso ai contenuti. Ed è anche ideare prodotti, provare a innovare evitando di limitarsi a subire il nuovo. A Edizioni Ambiente un esperimento ce lo siamo concessi con il portale, ancora acerbo ma in crescita, Freebookambiente.it cercando di vedere come possono convivere e anzi, sviluppare sinergie, editoria cartacea e digitale (che, ogni tanto sarebbe bene ricordarlo, non significa affatto solo ebook), contenuti a pagamento e contenuti gratuiti. Dobbiamo molto a chi ha voluto credere in questo esperimento e ci ha aiutati ad avviarlo. In fondo, ciò in cui hanno creduto le aziende e gli altri soggetti che ci hanno appoggiato, non è altro che il ruolo dell’editore.