testata logo EDA
In questo numero:

Pensare a misura d'uomo e di ambiente di Paola Fraschini
Our streets, our choice di Paola Fraschini
I Gas non vanno mai fuori moda di Lavinia Basso
Prove di Apea. Prove di economia circolare? di Diego Tavazzi
REbuild 2014, come reinventare l'edilizia di Filippo Franchetto Redazione Nextville
Iscriviti
Contatti
Prove di Apea. Prove di economia circolare?
Intervista a Enrica Vesce
di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:
Prove di Apea
Strumenti per l’evoluzione verso le Aree produttive ecologicamente attrezzate. Il caso di Pescarito

di Riccardo Beltramo, Enrica Vesce
Sfoglia le prime pagine
Gratis su FreeBookAmbiente

Tra le esperienze più interessanti degli ultimi anni rientrano le Aree produttive ecologicamente attrezzate. Come spiega Enrica Vesce, docente all’Università di Torino e autrice (con Riccardo Beltramo) del freebook Prove di Apea, le Apea sono quelle aree in cui, grazie a una serie di meccanismi di controllo e cooperazione, la gestione delle problematiche comuni diventa così conveniente dal punto di vista economico e sociale da permettere un maggiore monitoraggio della variabile ambientale. Le abbiamo chiesto di inquadrare questo settore fortemente innovativo e di spiegarci il nesso con i concetti e le proposte dell’economia circolare.

Che cosa sono le Apea, e quali sono le norme di legge a cui fanno riferimento?
È con l’art. 26 del Dlgs 112/98 (Bassanini) che in Italia è stato introdotto il concetto di “Aree produttive ecologicamente attrezzate (Apea)” definite come aree “dotate di infrastrutture, servizi e sistemi idonei a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente”. Il decreto rimanda poi alle regioni e alle province autonome il compito di disciplinare tali aree con un riferimento concreto alle “forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi” da parte di un ente gestore. Tra le peculiarità delle Apea, la possibilità di utilizzare, da parte degli impianti insediati nelle aree, i servizi presenti senza necessità di autorizzazione e la partecipazione degli enti locali all’individuazione delle aree stesse scegliendole “prioritariamente tra le aree, zone o nuclei già esistenti, anche se totalmente o parzialmente dismessi”.
In un certo senso con le Apea si intende portare l’area industriale ecoefficiente a essere un’ipotesi, per la gestione delle problematiche comuni alle unità produttive, così conveniente dal punto di vista economico e sociale da permettere, attraverso gli stessi meccanismi di controllo e cooperazione, un maggiore monitoraggio della variabile ambientale.

Che relazione sussiste tra le Apea e gli ecoindustrial parks?
Il problema delle aree, in qualche modo connotate dal termine “eco”, è la mancanza di chiarezza e convergenza, anche a livello internazionale, sul significato da attribuire ai diversi termini e quindi l’assenza di definizioni universalmente accettate. Alla base di tutto, il concetto di “ecologia industriale” e la sua applicazione concreta. Senza scendere troppo nel dettaglio, se utilizziamo la suddivisione di Lowe del 2001, un Eco-industrial park (Eip) è un parco industriale sviluppato e gestito come un’unica impresa, alla ricerca di benefici nei campi economico, ambientale, sociale; un By-product exchange (Bpx) è costituito da un gruppo di imprese che scambiano tra loro sotto-prodotti (energia, acqua e materiali) al posto di smaltirli come rifiuti, e un Eco-industrial network (Ein) è costituito da imprese appartenenti a una stessa regione che collaborano per migliorare le proprie performance ambientali, sociali ed economiche. Spesso tra il primo e il secondo tipo di area della classificazione si crea una confusione sostanziale. Un’Apea, infatti, potrebbe rientrare nella definizione di parco ecoindustriale. Ma se, come spesso accade, si ritiene che quest’ultimo sia costituito da imprese che applicano l’ecologia industriale in senso stretto (ossia con scambio di sottoprodotti e rifiuti) secondo il metabolismo industriale, allora non è detto che un’Apea sia un parco ecoindustriale.
In sostanza è possibile che un’Apea sia un parco ecoindustriale ma non è necessariamente vero il contrario.
A questo si aggiunge un’ulteriore differenza: l’Apea si basa su un decreto legislativo, con caratteristiche precise e definite, i parchi ecoindustriali sono spesso spontanei o rispondono a programmi di sviluppo non sempre standardizzati nei contenuti e nelle modalità.

Quali sono le principali esperienze italiane di Apea? E che peso ha avuto, nel contesto del nostro paese, la volontà di chiudere i cicli produttivi, trasponendo i meccanismi dei sistemi naturali a quelli industriali?
Il fatto che il decreto Bassanini abbia rimandato alle regioni e alle province autonome il compito di disciplinare concretamente le Apea ha creato una sorta di disparità nello sviluppo delle stesse a livello nazionale: sia perché alcune regioni, tradizionalmente più attente, hanno accolto più in fretta l’invito del legislatore e hanno creato gli strumenti idonei a far partire la progettazione (per esempio attraverso linee guida), sia perché, tra le regioni attive, alcuni territori si sono dimostrati più fertili a sviluppare casi virtuosi.
Non è un segreto che l’Emilia Romagna e la Toscana si siano mosse con anticipo e abbiano al loro interno i progetti pilota più avanzati. A fianco di queste però altre hanno preso l’avvio come, per esempio, le Marche, il Piemonte e la Sardegna.
La volontà di chiudere i cicli produttivi nel nostro paese non ha influenzato particolarmente, fino a qualche tempo fa, l’evoluzione delle Apea, come si diceva sopra. Attualmente si nota un avvicinamento dei ragionamenti dell’ecologia industriale in senso stretto e quindi del metabolismo industriale alla tematica delle Apea. Ovviamente questo non può che potenziare il concetto di area industriale ecologicamente attrezzata dal punto di vista dell’efficienza economica e ambientale.

Potrebbe sintetizzare contenuti e struttura del freebook Prove di Apea?
Come Dipartimento di scienze merceologiche prima e come Dipartimento di management poi, con il prof. Beltramo ci siamo occupati in modo continuativo della nascita ed evoluzione delle Apea. Negli anni abbiamo cercato di verificare l’applicabilità concreta delle richieste provenienti dalla Bassanini o contenute nelle Linee guida del Piemonte, ad alcune aree presenti nella nostra regione.
Anche nel caso dell’area industriale di Pescarito ubicata nella prima cintura di Torino, si è presentata l’occasione di approfondire la tematica delle Apea e dei possibili scambi simbiotici.
Prove di Apea presenta proprio i risultati di due ricerche svolte sull’area di Pescarito. La prima, condotta dai curatori del libro e finanziata dalla Regione Piemonte, contiene un’iniziale indagine su un insieme di imprese presenti nell’area industriale, scelte secondo alcuni criteri legati alla dimensione e al settore produttivo. La seconda parte è invece l’insieme dei contributi che alcuni gruppi di studenti del corso di Ecologia industriale e certificazione integrata (Prof. Beltramo) della Scuola di management ed economia dell’Università di Torino hanno messo a punto con un approfondimento sulle imprese di dimensioni minori. Il risultato è uno spaccato della reale situazione dell’area per sondare un’eventuale evoluzione verso un modello di Apea di applicazione dell’ecologia industriale. Nella seconda parte infatti sono contenute analisi relative alla composizione dell’area, ai possibili scambi simbiotici, all’ente gestore, alle infrastrutture presenti e anche alle possibili forme di finanziamento cui ricorrere.