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In questo numero:

Corsa all’economia circolare di Antonio Cianciullo
Le miniere urbane dell'alluminio a cura di Duccio Bianchi
Il design nei nuovi scenari della materia a cura di Marco Moro e Mauro Panzeri
Imballaggi in alluminio di Paola Ficco
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Il design nei nuovi scenari della materia
Intervista a Marco Ferreri
a cura di Marco Moro e Mauro Panzeri


Il catalogo delle idee in materia di economia si evolve rapidamente. Non così le pratiche, che rimangono tuttora legate a modelli di funzionamento che hanno abbondantemente mostrato i propri limiti. Economia circolare e bioeconomia rappresentano le direttrici di sviluppo più promettenti per la capacità di formulare risposte alle molteplici crisi in corso. Riciclo, riuso, recupero – oltre alla quarta “R”, quella di riduzione – sono parole che ormai da decenni affollano il discorso sul cambiamento verso la sostenibilità. Tuttavia i numeri, pur con le dovute eccezioni (come nel caso dell’alluminio), dicono che siamo ben lontani dall’aver fatto diventare tutto ciò business as usual.

Altrettanto “già sentite” sono le parole sul ruolo chiave del design nel trasformare il modo in cui i prodotti – dai più semplici ai più complessi – vengono progettati. All’ecodesign è dedicata una specifica direttiva della Commissione europea che lo individua come una delle strategie chiave per raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica al 2020. Questo concetto di efficienza “ecologica” va però necessariamente esteso all’uso dei materiali, uno scenario in cui la cultura industriale sembra aver colto prima della politica l’urgenza del mutamento.

Ne parliamo con Marco Ferreri, architetto, designer e artista, cresciuto a contatto con la generazione dei Maestri del design italiano e tra gli interpreti più lucidi della contemporaneità.

L’alluminio è uno dei materiali più presenti nel “paesaggio materiale quotidiano”, come testimonia il portfolio di immagini still-life che arricchisce questa pubblicazione, sia in tanti altri settori. Che ruolo ha secondo te l’alluminio nella costruzione del nostro immaginario materiale? 

“L’alluminio si caratterizza come materiale della modernità, materia che ti permette di essere leggero e resistente, con cui raggiungere risultati prima impensabili: basti pensare allo sviluppo che ha permesso a un’industria come quella aeronautica, nata su materiali come legno e tela. Da lì, la cosa fantastica dell’alluminio – e lo si vede dalle immagini – è la ricerca continua della prestazione migliore. Pesi già leggeri che grazie al continuo assottigliamento della materia diventano quasi impalpabili; sembra la ricerca di ottenere il filtro minimo tra utilizzatore e contenuto. Le prime lattine stampate, per esempio, pesavano; negli ultimi venti anni questo peso si è ridotto di quasi il 20%, fino agli attuali 12 grammi e mezzo. Le foto del portfolio sono affascinanti anche perché tolgono la grafica, facendo emergere l’identità dell’oggetto non quella della marca che nella realtà sovrasta l’immagine del materiale. In queste figure iconiche emerge quindi la loro essenza di oggetti minimi, cosa che è sempre stata al centro della mia ricerca. In questa galleria d’immagini l’alluminio rivela la sua capacità di essere esente dalla contaminazione di un’idea di lusso che tende al barocco, al ‘tanto’, non solo in senso formale, ma anche di prezzo.

Il lusso dell’alluminio è lusso democratico, è igiene per tutti (se si pensa a imballaggi e contenitori per esempio), è caratteristica intrinseca al materiale. È un lusso anche l’energia necessaria a produrlo, e per questo è importante educare le persone a riciclare, per esempio anche le capsule delle bottiglie di vino, cose che normalmente non consideriamo poter essere reimmesse utilmente in un ciclo della materia. Se dovessi quindi identificare con quale ruolo l’alluminio partecipa a definire il nostro paesaggio materiale metterei in evidenza proprio questa ricerca della prestazione utilizzando sempre meno materia. Come se l’efficienza fosse una proprietà dell’alluminio, qualcosa che il materiale suggerisce al progettista e che lo distingue sin dall’inizio da altri materiali, da altri metalli.

È, come dire, un materiale che nasce ‘prestazionale’ e poi la tecnologia, il sapere dell’uomo, la conoscenza – necessaria trattandosi di un materiale il cui utilizzo si presta molto meno di altri al do-it-yourself – lo mettono a punto e creano questi oggetti senza tempo, oggetti solo di prestazione. È questa secondo me la sua grande diversità. Se devo realizzare una scala uso il ferro, perché lo trovi dappertutto e non ti richiede particolari conoscenze, per esempio per la saldatura. Ecco, l’alluminio è nobile anche in questo: richiede il sapere. E nel contemporaneo questo mi sembra particolarmente giusto, è la sfida giusta: fare le cose, dire le cose, sapendo le cose. Sempre ricordandosi che il progetto – e questa è una caratteristica tutta italiana del design – è qualcosa che tiene insieme cultura tecnologica e cultura umanistica.”  
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