testata logo EDA
In questo numero:

Materia Rinnovabile di Maria Antonietta Giffoni Redazione Nextville
Green Economy e imprese in Italia di Diego Tavazzi
NOW: un caso pratico di economia circolare di Paola Fraschini
Iscriviti
Contatti
NOW: un caso pratico di economia circolare
Intervista ad Alessandra Vaccari
di Paola Fraschini

In questo articolo parliamo di:
NOW
No more Organic Waste

a cura di Gaelle Ridolfi, Alessandra Vaccari
Sfoglia le prime pagine
Gratis su FreeBookAmbiente

La comunicazione della Commissione europea “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti” è ancora fresca di stampa e già emergono i primi casi esemplari italiani. Tra questi, No more organic waste-NOW realizzato della cooperativa Cauto di Brescia con il supporto finanziario del programma Life+ della Commissione europea.
Il progetto NOW massimizza lo sfruttamento della “miniera” dello scarto alimentare: ogni giorno i supermercati sprecano moltissimi generi alimentari, alcuni prodotti infatti sono ritirati dalla vendita prima di perdere il loro valore commerciale (raggiungimento della data di scadenza o del termine minimo di conservazione) e finiscono tra i  rifiuti indifferenziati. NOW ha permesso, dal mese di novembre 2011 a oggi, il recupero di 2.000 tonnellate di derrate alimentari evitando che diventassero rifiuti, per un valore pari a 2.250.000 euro, e ha creato 15 posti di lavoro e contribuito a fornire pasti regolari a 5.000 persone in condizioni di povertà. Il rapporto del progetto, scaricabile gratuitamente, propone un’analisi dettagliata di questo caso esemplare. Parliamone con Alessandra Vaccari, curatrice insieme a Gaelle Ridolfi del report.

In cosa consiste il progetto Now – No more Organic Waste? Quali sono i principali risultati ottenuti? E quali sono i principali ostacoli incontrati a livello legislativo?
Il progetto NOW ha costruito un modello economico e gestionale  applicato al recupero del cibo invenduto dalla Gdo da parte di una cooperativa sociale che presta servizio di raccolta e distribuzione ad altre onlus degli alimenti ancora edibili.
I risultati hanno evidenziato come un processo pervasivo basato su una piattaforma e una attività di recupero mirato possa ridurre rifiuti e povertà, due spine nel fianco della nostra società.
I principali ostacoli riguardano una normativa obsoleta, che fa riferimento ai rifiuti e non alla materia, come invece sta avvenendo nei paesi del Nord Europa; una normativa sanitaria stringente ma soprattutto diversamente interpretata a seconda dei territori; la mancanza di incentivi per chi fa azioni di prevenzione ma ancora di più per chi trasforma il potenziale rifiuto in nuova risorsa e nutrimento.  


Nell'economia circolare i rifiuti diventano una risorsa, non esiste spreco. Il vostro lavoro si inserisce esattamente qui, fate in modo che "i rifiuti" vengano gestiti in modo ecocompatibile per il successivo riutilizzo a vantaggio della società. È esatto? Ci spiegate brevemente in cosa consiste il vostro lavoro?
Il nostro lavoro consiste nell’analizzare l’integrazione dell’economia del dono e il suo potenziale trasferibile all’economia circolare. Donazione ed economia circolare non coincidono così come non coincidono simbiosi industriale e industria del riciclo. L’economia circolare richiede la creazione di nuova economia locale, manifatturiera o sociale. Noi lavoriamo per creare sistemi di partnership pubblico-privato, per generare economia circolare e contabilizziamo gli impatti sociali e ambientali.
Perché un conto sono i rifiuti un altro i potenziali rifiuti. Se si supera questa dicotomia abbiamo solo materia da utilizzare. Nel nostro caso il cibo buono lo diamo da mangiare a chi ne ha bisogno, ma lo stesso modello di hackeraggio rifiuti per sottrarli all’incenerimento o allo smaltimento per creare valore sul territorio vale per tutto il resto.


Quali prospettive intravvedete per la diffusione del modello, specie se confrontato a quelli di cui è a conoscenza a livello nazionale e internazionale?
Moltissime, ma in Italia i rifiuti sono un business di chi li gestisce per smaltirli o per riciclarli o bruciarli. Il valore per il territorio e le nuove economie sono un’altra cosa, significa gettare i semi per nuove imprese che utilizzano i materiali, creative e Made in Italy, magari con processi meno efficienti, ma la rinascita dell’economia passa anche dallo sviluppo locale. Un ruolo importante lo avranno le grandi imprese che potranno investire in nuova conoscenza e open innovation per generare innovazione e valore. Per fare ciò devono aprire i loro dati e i MUD per capire quale materia può essere riutilizzata e come.
Altro ruolo fondamentale lo ricoprono gli enti locali, comuni in primis, devono iniziare a fare bilanci di materia e abilitare i processi di innovazione economica e culturale. I gestori e i consorzi dovranno invece lasciare spazio, se non sostenere, le nuove economie, sperando che da esse si rigeneri una economia  vivace e sana da cui trarre benefici per sé e per le comunità di riferimento.