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In questo numero:

Attaccatevi al bello (e tanti auguri) di Marco Moro
Made e ReMade in Italy di Roberto Rizzo
Quali governi per la sostenibilità? di Diego Tavazzi
Dalla caverna alla casa ecologica di Paola Fraschini
La sostenibilità? Dal basso (e multimediale) di Diego Tavazzi
Nuova edizione aggiornata del prezioso manuale sulla gestione dei rifiuti di Lavinia Basso
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Quali governi per la sostenibilità?
di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

State of the World 2014
Governare per la sostenibilità

Wordlwatch Institute

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Domenica 14 dicembre si sono chiusi i lavori della COP 20 di Lima. Dopo due settimane di negoziazioni bizantine, i partecipanti alla conferenza sul clima più inquinante della storia hanno approvato quello che, secondo molti, è un compromesso al ribasso. Si tratterebbe infatti dell’ennesimo punto a favore delle multinazionali più inquinanti, la cui azione di lobbying sarebbe riuscita anche in questo caso a intralciare le decisioni e a diluire risultati ed eventuali impegni.
Secondo altri, il “Further Advancing the Durban Platform” (questo il titolo del documento prodotto dalla Conferenza) sarebbe comunque significativo, perché potrebbe costituire un altro passo in avanti in direzione di quell’accordo globale sul clima vincolante che dovrebbe uscire dalla Conferenza di Parigi del dicembre 2015. Comunque si vogliano considerare i risultati della COP di Lima, è sempre più evidente che le grandi negoziazioni internazionali difficilmente riusciranno a conciliare le posizioni di tutti gli attori coinvolti al fine di contenere l’aumento di temperatura entro i 2 °C in più rispetto all’epoca preindustriale.

Proiettate su questo scenario, le proposte e le storie presentate nell’edizione 2014 di State of the World assumono ancora più rilevanza. Giunto alla sua trentesima edizione, l’annuale rapporto del Worldwatch Institute non accenna a perdere freschezza. Quest’anno il focus si concentra sulla governance per la sostenibilità, ossia su quei soggetti, istituzioni, dispositivi normativi e azioni che, soprattutto a livello locale, possono imprimere una vera svolta in favore della sostenibilità.
A fronte della profondità e della complessità della crisi climatica, gli autori dello State precisano da subito che, pur necessaria, non è sufficiente l’alfabetizzazione ecologica: servono azioni concrete, e questa consapevolezza porta a criticare anche i tecnoutopisti che vedono nella Rete la soluzione a qualunque problema, compreso quello del riscaldamento globale. Un contributo importante potrebbe venire dalla ridefinizione dei nostri sistemi normativi. Diversi capitoli sono dedicati alla necessità di riconoscere uno status giuridico agli altri membri non umani del pianeta (ricomprendendo regno vegetale e minerale), all’opportunità di fondere in un’unica riflessione beni comuni e diritti umani fondamentali e all’urgenza di intrecciare l’azione ecologica con l’impegno etico e la lotta alle diseguaglianze. Secondo gli autori dello State i governi locali sono i migliori candidati per arginare i cambiamenti climatici: più snelli e veloci degli stati nazionali, hanno dalla loro la forza di numeri in alcuni casi consistenti e una capacità di fare rete che spesso manca ai governi. Nella loro azione le istituzioni locali potrebbero trovare un appoggio inatteso nelle grandi multinazionali che, anche se in maniera contradditoria e non lineare, sempre più si impegnano nella lotta ai cambiamenti climatici e al degrado ambientale. Uno dei capitoli più interessanti dell’edizione di quest’anno dello State è infatti quello dedicato alle aziende “Triple Bottom Line”, quelle cioè che usano un metodo di rendicontazione che incorpora e analizza le performance aziendali secondo tre dimensioni, quella economico/finanziaria, quella sociale e quella ambientale. Le imprese che adottano questa metodologia di rendicontazione cercano di andare oltre la semplice misurazione del proprio profitto e provano a fornire un quadro più completo dei loro affari, mettendo in conto il costo pieno del proprio operato aziendale. Anche se i numeri complessivi sono ancora esigui, si tratta di un trend in fortissima crescita specie negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni.


L’edizione 2014 dello State analizza anche alcuni dei principali ostacoli all’affermazione della sostenibilità. È necessario rimettere la finanza al servizio dell’economia, ribaltando una tendenza che procede incontrastata dagli anni ’80 del secolo scorso, e occorre liberarsi di alcune illusioni, come quella dell’efficacia dei mercati del carbonio e della Carbon Capture and Sequestration, che rischiano di sottrarre risorse ad altre proposte più efficaci. Va poi affrontato il tema delle diseguaglianze che, non a caso, si sono enormemente amplificate proprio in coincidenza con l’ascesa del connubio neoliberismo-finanziarizzazione. E occorre che anche le forze sindacali diano il loro contributo: a oggi infatti sono schierate a difesa della status quo, dato che la maggior parte dei loro iscritti lavorano nei settori tradizionali ad alta intensità energetica.
Considerato che, a oggi, è sempre più probabile che il 2014 sarà l’anno più caldo da quando sono cominciate le registrazioni strumentali, è davvero fondamentale dare seguito alle parole con cui si conclude Governare per la sostenibilità: “Lo slancio o la pressione necessaria a migliorare la governance a qualsiasi livello può provenire solo da individui che vogliono rendere le proprie comunità luoghi di sostenibilità. Da qui sarà possibile costruire comunità di comunità che possano permettere a ogni abitante del pianeta di avere un posto sicuro e appagante dove vivere, e offrire alle future generazioni la stessa prospettiva. Continuare su questa strada ci sembra una scelta migliore che non arrenderci alle forze centrifughe e distruttive che sono in gioco al momento nel mondo”.