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In questo numero:

Star dell'economia ecologica di Marco Moro
Le imprese nel futuro a cura di Diego Tavazzi
La (prossima) rivoluzione energetica nell'edilizia a cura di Maria Antonietta Giffoni Redazione Nextville
Sostenibilità 2.0, e anche qualcosa in più a cura di Diego Tavazzi
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Sostenibilità 2.0, e anche qualcosa in più
Intervista a Giuseppe Magro
a cura di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:
Open data e ambiente
Una rivoluzione digitale per la sostenibilità

di Magro Giuseppe
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Come spiegato in Open Data e ambiente, i cittadini, le istituzioni e le aziende possono oggi usare la rete per migliorare assieme la qualità dei territori in cui lavorano e vivono. Abbiamo chiesto a Giuseppe Magro, autore del libro e ideatore della piattaforma Q-cumber, di spiegarci come possono fare e quali risultati possono ottenere.

Cos’è Q-Cumber? E com’è nato?
Q-cumber è una piattaforma on line basata su Google Maps in cui tutti possono conoscere il livello di sostenibilità del luogo in cui vivono e contribuire in modo collaborativo a migliorarne la qualità. Per la prima volta le sorgenti impattanti, gli elementi di vulnerabilità, per esempio un centro abitato e i suoi cittadini, sono connessi in un'unica mappa e possono interagire con le istituzioni e le imprese per attivare progetti partecipativi di governance.
L’idea di realizzare una piattaforma di collaborazione sociale che potesse supportare sia i decisori istituzionali sia le imprese e i cittadini è nata direttamente sul campo. Lavorando come consulente sia per la pubblica amministrazione sia per le aziende e i comitati di cittadini, mi resi conto che le tensioni sociali nei territori erano dettate soprattutto da mancanza di trasparenza e comunicazione tra le parti, per cui era necessario definire regole chiare e dare a tutti la possibilità di informarsi ed esprimere nei processi di governo del territorio.
Da un lato, le aziende erano restie a comunicare i dati sui propri impatti per paura di strumentalizzazioni. Sul fronte opposto i cittadini vedevano autorizzare impianti in zone inadeguate, senza un'effettiva pianificazione e spesso in situazioni di scarsa trasparenza. La situazione era, e in molti casi lo è tuttora, insostenibile, per cui decidemmo di creare Q-cumber come piattaforma, strutturata per quantificare e valutare gli impatti e i rischi ambientali in modo scientifico, conformemente alle normative internazionali, ma che consentisse anche un’ampia partecipazione sociale e la possibilità da parte dei cittadini di “posizionarsi” sul territorio e di diventare osservatori e protagonisti nel contribuire a migliorare la qualità della vita e dell’ambiente.

Qual è la vision che sta dietro a Q-cumber?
La visione è semplice: renderci sempre più consapevoli di quanto ogni nostra azione possa impattare noi stessi e le persone che abbiamo attorno, in modo da renderci più reattivi verso nuovi pericoli che potrebbero danneggiarci irreversibilmente sia come individui sia come specie.
Come ricorda Odum, un tempo potevamo non curarci troppo delle conseguenze delle nostre azioni perché la natura era in grado di smorzarne gli effetti, ma oggi la situazione è diversa, l’ordine delle energie in gioco è di tale portata da aver sostanzialmente ridotto la capacità della natura di ripristinare gli equilibri su cui si basa la vita del pianeta.
Q-cumber ha l’obiettivo di far “vedere” gli impatti in modo nuovo, non per additare i responsabili, ma per responsabilizzare tutti nell’adozione di comportamenti più sostenibili nelle diverse funzioni sociali che siamo chiamati quotidianamente a svolgere, come cittadini, consumatori, amministratori e imprenditori, a partire dal luogo dove viviamo e portiamo i figli a scuola.
Contribuire a risolvere una situazione problematica nel proprio quartiere dovrà diventare un comportamento naturale, come se stessimo sistemando il giardino di casa oppure pulendo il pavimento dove giocano i nostri figli. Perché consentire che anche un solo sacchetto di immondizia stia fuori posto significa accettare il principio che ve ne possano essere anche due e così via. Gli impatti ambientali in Q-cumber vengono socializzati, e chiunque può contribuire per migliorare la situazione. Il gioco è partito e se sapremo collaborare vinceremo tutti.


Lei è presidente della sezione italiana della IAIA – International Association for Impact Assessment. Può spiegarci di cosa si tratta e quali punti di contatto ci sono tra Q-cumber e IAIA?

IAIA è l’Associazione internazionale di impatto ambientale. Rappresentata da delegati in 128 nazioni, collabora con Banca Mondiale, la Commissione europea e molte altre istituzioni nel mondo. Nel 2006, durante la conferenza internazionale sulla VAS di Praga, a seguito della presentazione del modello che è attualmente impiegato da Q-cumber, mi venne chiesto di aprire la sezione italiana di IAIA e, dopo i tre anni di accreditamento, attivammo la sezione italiana. Dopo la nascita di Q-cumber nel 2012 ci venne chiesto di organizzare la conferenza mondiale dei 35 anni dell’associazione proprio sul tema della governance nell’era digitale che si è appena conclusa a Firenze.
IAIA è stata importante per la crescita di Q-cumber e lo sarà anche nel futuro perché è una rete di migliaia di ricercatori e professionisti che operano in tutte le zone del mondo e con cui collaboriamo condividendo dati, informazioni, modelli ed esperienze. Durante IAIA15 abbiamo lanciato un’iniziativa importante, in linea con gli obiettivi di Q-cumber: “Post your paper”, che consiste nella possibilità di geo-pubblicare gli articoli scientifici nelle zone a cui si riferiscono gli studi e le esperienze effettuate dai ricercatori, dalle istituzioni e dalle aziende. Questi documenti entrano nello spazio di Q-cumber che ne diffonde i contenuti a chiunque sia interessato direttamente oppure indirettamente a quella zona. Il risultato è quello di “agganciare” la ricerca all’esperienza diretta e velocizzare il processo di conoscenza da cui scaturiscono comportamenti nuovi e più attenti alla tutela dell’ambiente e delle persone che vivono in quei luoghi.