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In questo numero:

L’economia della ripresa ha nuovi attori di Antonio Cianciullo e Roberto Coizet
'Niente terra solo per i biocombustibili' a cura di Roberto Giovannini
Bioeconomia europea: comunicare, comunicare e comunicare a cura di Joanna Dupont-Inglis
Un nuovo paradiso tra artificio e natura a cura di Matteo Reale
Si chiama Epr, rivoluzionerà la produzione di Carlo Pesso
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'Niente terra solo per i biocombustibili'
Intervista a Vandana Shiva
a cura di Roberto Giovannini


La leader di Navdanya chiede di distinguere tra monocolture agroindustriali mirate a sostituire combustibili di origine fossile e la produzione locale di carburanti da biomassa. Il primo modello è da condannare perché incentiva gli sprechi, il secondo invece offre una possibilità di riuso di prodotti che altrimenti potrebbero trasformarsi in rifiuti.
Un biocombustibile “buono” derivante da una coltura dedicata all’energia non esiste. Secondo Vandana Shiva, fisico e fondatrice del movimento Navdanya (Nove semi), tutti i biocarburanti che sottraggono alla produzione di alimenti terreno agricolo, o che – ancora peggio – derivano direttamente da cereali o da altri prodotti destinati all’alimentazione umana sono da condannare, perché ripropongono un modello basato sui sussidi, sullo spreco di energia, su una logica agroindustriale nefasta. Diverso, spiega la scienziata indiana, è il caso del riuso e del riciclo locale a fini energetici di sottoprodotti agricoli e non in grado di generare biofuel: “queste – dice a Materia Rinnovabile – al contrario sono pratiche assolutamente utili e necessarie, che vanno estese e diffuse se vogliamo che la gente ritorni a vivere e lavorare la terra, e conquistare una duratura sicurezza alimentare”.
 
A suo tempo si affermò che la crisi alimentare del 2008-2009, oltre che da una serie di circostanze climatiche e meteorologiche, esplose anche a causa della sottrazione di terreno alla produzione agricola, destinato alla produzione di biocarburanti. Cos’è cambiato da allora? C’è maggiore consapevolezza?

“Innanzitutto bisogna chiarire che non tutti i biocarburanti, i carburanti liquidi che derivano da biomassa, possono essere considerati indistintamente. Bisogna distinguere tra monocolture agroindustriali mirate a produrre carburanti per far andare le automobili o in generale per sostituire combustibili di origine fossile, e la produzione locale e diffusa di carburanti da biomassa, tipica del Terzo Mondo. Quel che è successo qualche anno fa è stato una combinazione di fattori: primo, la sottrazione di terra alla produzione alimentare, destinata a grano per etanolo, soia, palma e colza per fare biodiesel. Secondo, l’ondata speculativa che dopo la crisi immobiliare e finanziaria del 2008 ha lanciato un attacco sulla terra e sulle materie prime. Infine, il fatto che l’intero fenomeno della sottrazione di terre agricole a favore dei biocarburanti non potrebbe esistere, se non fosse alimentato dai generosi sussidi esistenti negli Stati Uniti e in Europa. Questi tre fattori, purtroppo, continuano a operare. Non sono stati né ridotti né tantomeno eliminati.”
 
In Europa si è cominciato a pensare di riutilizzare le numerose terre marginali che una volta, tanto tempo fa, erano utilizzate dai contadini, ma che ora non è conveniente coltivare e che sono più o meno abbandonate. In alcuni casi ci sono investitori interessati a coltivazioni industriali finalizzate a biocarburanti. Cosa ne pensa?

“La terra è ‘abbandonata’ per la semplice ragione che l’agricoltura è stata deliberatamente resa non più redditizia, attraverso i meccanismi dei sussidi e lo spostamento della redditività sulla produzione di mangime per animali e biocarburanti, piuttosto che sull’alimentazione umana. Se si guarda al sistema alimentare nel suo complesso, questa terra e la sua produzione potenziale non è affatto inutile o in surplus; ma viene considerata tale perché si è reso impossibile alle famiglie di contadini di coltivare la terra. Una cosa scandalosa, ancora più grave per voi italiani e per tutti gli europei mediterranei.”
 
Quali sono i motivi che rendono più grave questo fenomeno per i paesi del Mediterraneo?
“Sappiamo che la crisi economica in Europa ha colpito soprattutto l’Europa meridionale: in Grecia, Spagna, Italia, Portogallo il problema peggiore è quello della disoccupazione giovanile, ma nessuno ha mai pensato di dare terra ai giovani, e avere insieme lavoro e cibo. Eppure sarebbe una risposta logica: generare occupazione e insieme vera sicurezza alimentare – con cibo biologico, sano, locale – piuttosto che devastare deliberatamente l’agricoltura attraverso i sussidi. Mi pare una cosa atroce. Lo definirei tranquillamente ‘landgrabbing all’europea’.”
 
Non c’è nessuna differenza quindi tra un campo di jatropha in Mozambico, o un campo di arbusti mirati alla produzione di biocarburanti in Europa.
“È la stessa cosa dal punto di vista della terra, del suolo, se così si può dire, ed è la stessa cosa dal punto di vista delle persone e della società umana. Certo c’è più povertà in Mozambico; ma c’è una nuova povertà anche in Europa, ed è una povertà decisamente crudele.”
 
Eppure per molti è una scelta giusta, anche dal punto di vista del cambiamento climatico, lasciare sotto terra i combustibili di origine fossile e spostarsi sui biocombustibili...
“Davvero qualcuno pensa che l’attuale sistema basato sui combustibili fossili e su elevati livelli di consumo di energia possa essere conservato semplicemente spostando la pressione dai fossili alle biomasse? È impossibile... continua a leggere su Materia Rinnovabile 3, aprile 2015