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In questo numero:

Contro la fame, oltre il cibo di Antonio Cianciullo
Come l'arte può guarire la natura di Nancy Averett
Tolleranza zero di Carlo Pesso
Il cartone vince sul degrado di Sergio Ferraris
Uova e miniere di Federico Pedrocchi
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Tolleranza zero
di Carlo Pesso


Secondo la Fao circa 1/3 del cibo prodotto nel mondo finisce nella spazzatura, con un’impronta ecologica sorprendente: 7% delle emissioni di gas serra. Uno spreco non solo immorale (795 milioni di persone non hanno cibo a sufficienza per condurre una vita sana), ma con un valore economico stimato in 360 miliardi di euro l’anno: vale a dire circa due volte il Pil della Grecia. I metodi adottati da Germania e Francia per affrontare la riduzione degli sprechi alimentari.

Il 2012 verrà ricordato come un anno di svolta. Durante Rio+20, la Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha lanciato la Sfida Fame Zero, iniziativa attraverso la quale la Fao – agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura istituita nel 1945 con il mandato di ridurre gli sprechi alimentari – e una serie di partner hanno definito un’azione globale volta a limitare le perdite alimentari e lo spreco di cibo. Sulla stessa scia e con simili finalità, il governo olandese ha recentemente organizzato la conferenza internazionale “No more food to waste” (16-19 giugno 2015). Dai lavori della conferenza emerge una lista dettagliata di desiderata e di azioni da intraprendere.
Accade spesso che i cittadini percepiscano le organizzazioni internazionali e multilaterali come entità pachidermiche. Sono enormi e appaiono molto potenti anche se impacciate e a volte rumorose; è preferibile che si tengano a una certa distanza, non essendo sempre chiaro il loro modo di agire. Va detto però che gli elefanti sono animali particolari, perché tramite dei sensori posizionati sui piedi percepiscono i tremori causati da altri animali ed elefanti, anche se molto lontani. Ecco perché avvertono l’arrivo di un terremoto in anticipo rispetto agli altri. Il risultato della conferenza è proprio questo: ha anticipato con chiarezza quanto sta accadendo sul pianeta.

Ridurre gli sprechi alimentari significa mitigare questioni sociali e ambientali drammatiche sotto ogni punto di vista. Il Wfp (World Food Programme) stima che 795 milioni di persone, pari a 1/9 della popolazione mondiale, “non abbiano cibo a sufficienza per condurre una sana vita attiva”, mentre la Fao valuta che circa 1/3 di tutto il cibo prodotto nel mondo finisca nella spazzatura. L’impronta ecologica di tutto ciò è pari a un sorprendente 7% delle emissioni di gas serra.
Il valore economico complessivo di questo spreco è attualmente stimato in 360 miliardi di euro l’anno e raggiungerà probabilmente i 500 miliardi di euro l’anno nei prossimi 15 anni. Vale a dire che lo spreco alimentare ammonta ogni anno a circa due volte il Pil della Grecia (185 miliardi di euro l’anno, si colloca tra il 43° e il 53° Pil internazionale secondo Ppp) e supera di gran lunga il debito greco totale, pari a 320 miliardi di euro. (A proposito, secondo Eurostat nel 2014 il 44% dei greci viveva al di sotto della soglia di povertà.)
Considerato questo contesto e la crisi economica del 2008, a causa del netto incremento della povertà registrato in tutta Europa, le organizzazioni locali sono state le prime a spronare all’azione. I governi nazionali e le istituzioni dell’Unione europea hanno poi intrapreso lo stesso cammino. Già dal 1985, con l’iniziativa “Restos du Cœur” portata avanti dal comico e poi candidato presidenziale francese Coluche e poi nel 1986, con l’istituzione della Federazione europea dei banchi alimentari, l’azione degli enti di beneficienza e dei volontari aveva già dato risultati significativi, tra cui il programma dell’Unione europea per gli indigenti.
Ciò non toglie che la vasta portata del problema impongano la pianificazione di nuove azioni.

Nel marzo del 2012 uno studio dell’Università di Stoccarda ha stabilito che i cittadini tedeschi sprecano 82 kg di cibo pro capite l’anno. I rifiuti alimentari delle famiglie ammontano a un totale di 6,7 milioni di tonnellate di cibo l’anno, equivalenti a circa 230 euro pro capite. Il Ministero per l’Agricoltura e l’Alimentazione ha perciò avviato l’iniziativa “Troppo buono per il cestino!”, che punta a ridurre lo spreco alimentare condividendo responsabilità e impegno lungo l’intera catena di valore. Il progetto consiste in una campagna di informazione pubblica con messaggi video, un sito web dedicato che offre informazioni e suggerimenti utili per la vita quotidiana, la diffusione dell’applicazione “Zu gut für die Tonne”, che consiglia come preparare 400 deliziose ricette con gli avanzi e il contributo di chef famosi. Bmel, Slow Food Deutschland e.V. e Bundesverband Deutsche Tafel organizzano giornate nazionali contro lo spreco alimentare, al grido di “Wir retten Lebensmittel!” (“Salviamo il cibo!”). Durante questi eventi, presso produttori e supermercati viene raccolto il cibo che andrebbe altrimenti gettato. I partecipanti preparano quindi un gustoso “menu di avanzi” che viene poi consumato dai cittadini in conviviali banchetti di strada.
Un’indagine condotta nell’ottobre del 2014 dall’associazione di ricerca per i consumatori GfK per conto del Ministero per l’Agricoltura e l’Alimentazione ha misurato i risultati della campagna: oltre ad aver stabilito che un cittadino tedesco su due era a conoscenza dell’iniziativa, l’indagine ha rilevato che il 58% degli intervistati è oggi più attento a ciò che acquista per evitare di produrre sprechi, il 46% utilizza meglio i propri avanzi e il 36% pone maggiore attenzione alle corrette pratiche di conservazione dei cibi.

Dal punto di vista del settore industriale, lo studio German National Research Strategy – Bioeconomy 2030, Our route towards a biobased economy, suggerisce che la maggior parte dei problemi sollevati dalla produzione di rifiuti alimentari verrà risolta con l’avvento della bioeconomia. Nello specifico, i rifiuti alimentari organici diventeranno una materia prima per la nuova bioindustria emergente. Non esistono in effetti piani dettagliati che comprovino questi potenziali risultati, ma molti indicatori segnalano come questa sia senz’altro la strada futura. Come già accaduto per la produzione colture alimentari di base da destinare a fonte energetica, la novità continuerà certamente a sollevare dibattiti pubblici... Continua a leggere su 'Materia Rinnovabile', n. 5 agosto 2015