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In questo numero:

L'errore di Atene di Antonio Cianciullo
Capitale naturale ed economia circolare: due facce della stessa medaglia di Pasquale Fimiani
Nuovi prodotti per nuovi mercati a cura di Joanna Dupont-Inglis
Sarà la generazione Facebook a guidare la dematerializzazione a cura di Carlo Pesso
La nascita del rifiuto di Guido Viale
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Sarà la generazione Facebook a guidare la dematerializzazione
Intervista a Friedrich Hinterberger
a cura di Carlo Pesso


In un’intervista pubblicata nel quinto numero di Materia Rinnovabile, l’economista Mariana Mazzucato analizzava gli attuali motori dell’innovazione. Descriveva come, negli ultimi decenni, i modelli di governance pubblica e privata siano progressivamente mutati al punto di non poter più generare innovazione. E concludeva suggerendo come rimettere l’innovazione sul binario giusto.
In questo numero di Materia Rinnovabile abbiamo chiesto all’economista austriaco Friedrich Hinterberger, presidente del Sustainable Europe Research Institute (Seri), di darci la sua opinione sulla questione. Pur concordando con l’essenza dell’analisi della Mazzucato, nel prendere in considerazione le priorità e le tendenze che emergono nella cosiddetta generazione Facebook, egli offre un punto di vista originale su ciò che, oggi, guida il cambiamento.
 
Circa 20 anni dopo la pubblicazione di Economia, ecologia, politica. Rendere sostenibile il mercato attraverso la riduzione delle materie (di Hinterberger Friedrich, Luks Fred, Stewen Marcus, Edizioni Ambiente, 1999) quanti progressi sono stati fatti in direzione della dematerializzazione da voi sostenuta?
Sono stati compiuti molti progressi da quando Friedrich Schmidt-Bleek ha dato vita a questo concetto. In particolare, negli ultimi dieci anni grazie alla spinta della Ue e delle azioni del Commissario Janez Potočnik. Ciò che è più rimarchevole, è che il linguaggio della dematerializzazione è diventato di uso comune nella comunità imprenditoriale. Ossia si è diffuso proprio fra coloro in grado di utilizzarne al meglio i concetti portanti. Sfortunatamente, e in qualche misura paradossalmente, non si può dire che sia avvenuta la stessa cosa nella sfera del policy making, ambito nel quale questo linguaggio è rimasto confinato agli esperti. Va detto che il dibattito sui cambiamenti climatici ha fagocitato gran parte dell’attenzione. A tal punto che, ultimamente, la Commissione sembra molto esitante, tanto da tergiversare sull’adozione del pacchetto di misure per l’economia circolare. In altre parole, l’attenzione per la dematerializzazione è scemata, o meglio, non è più in crescita. D’altra parte, con la decisione di dare priorità alla decarbonizzazione mettendo un freno all’utilizzo di carbone e petrolio, il G7 ha dimostrato che la dematerializzazione è ancora in programma e che le cose si stanno muovendo.
 
Quindi la sua impressione è che mentre la sfera della policy è poco attenta, la comunità del business sta facendo progressi.
Oggi le imprese stanno gestendo la dematerializzazione, anche se questo aspetto è ampiamente oscurato dal dibattito sui cambiamenti climatici. Per esempio se si considerano gli indicatori e i criteri del Gri (Global Reporting Initiative) esiste un unico indicatore per i materiali mentre ve ne sono diversi per i gas a effetto serra. Un altro modo di vedere la cosa in termini pratici è notare come il dibattito sulla dematerializzazione sia rimasto indietro di almeno 20 anni rispetto alla discussione sui cambiamenti climatici; perciò c’è ancora molto da fare. Inoltre, osservando i dati si nota che le economie che per prime hanno intrapreso il processo di industrializzazione – come l’Europa, il Nord America e il Giappone – hanno dematerializzato diminuendo l’input diretto di risorse. Nonostante ciò i dati assoluti dicono che, a livello globale, il consumo di materiali sta ancora aumentando sia che si osservi il fenomeno a livello complessivo, sia su base settoriale.
 
Quali strumenti di policy si sono rivelati più efficaci, e quali pensa debbano essere sviluppati?
Consideriamo la prospettiva europea. Nell’Unione europea il riciclo è ancora trascurabile, tranne in alcuni paesi. Negli ultimi 20 anni gran parte del dibattito ha riguardato soprattutto gli imballaggi, che naturalmente rappresentano una parte considerevole dei materiali di scarto delle economie dell’Unione europea. Eppure, alla fine, pochi prodotti sono riciclati e un numero ancora minore sono davvero prodotti da materiali riciclati... Continua a leggere su "Materia Rinnovabile", n. 6-7 ottobre-dicembre 2015