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In questo numero:

Basta la parola! di Marco Moro
Clima, accordo storico ma senza target quantitativi di Maria Antonietta Giffoni Redazione Nextville
Le novità della collana normativa di Costanza Kenda
Tre milioni di nuovi posti di lavoro a cura della redazione
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Tre milioni di nuovi posti di lavoro
Edizione aggiornata di Blue Economy
a cura della redazione

In questo articolo parliamo di:
Blue Economy 2.0
200 progetti implementati, 4 miliardi di dollari investiti, 3 milioni di nuovi posti di lavoro creati

di Gunter Pauli
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La speranza oggi è più concreta. La possibilità di riscrivere i paradigmi che hanno dominato i sistemi economici (e quindi i nostri stili di vita) nell’ultimo secolo sembra essere a portata di mano. Certo, bisogna avere il coraggio e l’onestà intellettuale di ammettere che il sistema lineare di produzione-distribuzione-consumo delle merci ha prodotto costi esterni crescenti, al punto da caratterizzare un’epoca, quella dell’Antropocene: “Una nuova era geologica definita dal fatto che l’impronta umana sull’ambiente globale è ora divenuta così ampia e attiva che rivaleggia con alcune delle più grandi forze della Natura nel suo impatto sul funzionamento del sistema Terra”.

Essere in grado di vivere bene nel limite naturale è la grande sfida del nostro secolo, che richiede azioni immediate e che non si vincerà senza un impegno individuale e politico consapevole e diffuso.
Occorre riprendere la cultura della produzione e della conservazione, superando quella della dissipazione e dello scarto. Occorre superare i nostri limiti per essere in grado di vivere nel limite delle risorse disponibili, avendo chiara la consapevolezza della responsabilità dell’azione umana sui cambiamenti della natura e l’essenzialità e centralità delle risorse naturali per l’umanità. Tra i principali ostacoli da superare per raccogliere al meglio la sfida ci sono certamente le nostre abitudini consolidate, la miopia e la rapacità di molti, alimentate da egoismo, arroganza e ignoranza.

Uscito per la prima volta nel 2010, nel pieno di una crisi economico-ambientale-sociale senza precedenti – quantomeno per la storia recente di quella parte di mondo che si vuole “sviluppata” – Blue Economy costruiva le proprie argomentazioni facendo un continuo riferimento al tema dello spreco. E lo faceva indicando una serie di possibili soluzioni in grado di generare nuova occupazione, qualità ambientale, cultura di sistema. Ciò che ha reso questo libro un successo è stato quindi il rovesciamento di approccio attuato da Gunter Pauli: invece di tracciare scenari futuri inevitabilmente foschi, metteva davanti agli occhi del lettore soluzioni imprenditoriali concrete, in un “catalogo” di 100 casi esemplari di come fosse possibile superare in modo costruttivo la crisi ripartendo dall’ambiente e dalla riqualificazione del territorio. Ritornando a essere parte consapevole di un ecosistema si potrà avere accesso a molte più materie prime locali a basso costo di quanto sia possibile immaginare e moltiplicare le iniziative imprenditoriali creando una nuova occupazione diffusa, rispettosa del territorio e della dignità delle persone. I casi presentati erano fortemente caratterizzati da alcuni elementi comuni: il territorio, le materie prime locali, l’economia della conoscenza, l’osservazione attenta della natura e della sua mirabile capacità di integrare chimica, fisica e biologia in sistemi circolari, che non producono rifiuti e in cui ciascun elemento della catena, anche il più piccolo e apparentemente debole, ha un ruolo imprescindibile. In questa nuova edizione del volume, l’apparato di 100 casi non è più presente. Quello che cinque anni fa rappresentava la prova a sostegno della visione di Pauli è oggi realtà, diffusa, che produce risultati tangibili. I 100 casi si sono moltiplicati, censirli e documentarli diventa compito che non si può assolvere nelle pagine di un singolo libro, che comunque non saprebbero restituire il ritmo a cui l’innovazione si concretizza, nei luoghi e nei settori più diversi.

Ciò che emerge con sempre maggiore chiarezza è invece la fondatezza dei concetti formulati da Pauli. Le materie prime dell’economia blu sono locali, in cascata, parte di un sistema integrato, utilizzate in modo massimamente efficiente: per questo risultano più competitive di quelle attualmente in uso. L’enorme massa di scarti che anche Papa Francesco mette all’indice nell’enciclica Laudato si’, può in realtà essere fonte di una inesauribile quantità di materie prime in cascata, per iniziative locali in rete con altri interlocutori della filiera. L’economia blu in pratica assicura che gli ecosistemi possano mantenere la loro capacità di evolversi permettendo a tutti di beneficiare del flusso inesauribile di creatività, adattamento e abbondanza di cui è capace la natura.

Tratto dalla Prefazione di Catia Bastioli (Amministratore Delegato Novamont, Presidente Terna, Presidente Kyoto Club) all’edizione aggiornata di Blue Economy di Gunter Pauli