“Vorremmo ampliare la gamma delle tematiche cui ci si aspetta che l’architettura debba fornire delle risposte, aggiungendo alle dimensioni artistiche e culturali che già appartengono al nostro ambito, quelle sociali, politiche, economiche e ambientali. […] vorremmo evidenziare il fatto che l’architettura è chiamata a rispondere a più di una dimensione alla volta, integrando più settori invece di scegliere uno o l’altro”: così si esprime l’architetto cileno Alejandro Aravena, curatore della Biennale Architettura 2016, inaugurata di recente, confermando l’estrema attualità di questo approccio, la sua necessità.
Pensiamo ora al dibattito su economia o politica economica per come viene agito, rappresentato e comunicato nei luoghi deputati (reali o mediatici) in cui si svolge: quanto è probabile trovarsi di fronte a una capacità di visione come quella citata in precedenza? Troveremo economisti (con master veri o farlocchi), finanzieri, banchieri, imprenditori… al limite sindacalisti, e politici a rimorchio, a seguire anziché a guidare. Si parlerà di concetti come il Pil, si parlerà in astratto di crescita, si parlerà un linguaggio pseudo-disciplinare usato come barriera alla comprensione e alla partecipazione, spostando la percezione su un piano lontano dalla realtà delle cose. Un linguaggio dove tutto (perfino il lavoro) diventa totem, numeri astratti.
Eppure qualcosa di diverso, dopo il conclamato e multiplo fallimento del modello corrente di capitalismo globalizzato e mercato “che racconta di sé di essere libero”, si inizia a respirare.
Grazie, appunto, a influenze e idee che si formano perlopiù al di fuori di ciò che si autodefinisce “mondo dell’economia”, idee che arrivano dalla scienza, da culture tecniche o tecnico umanistiche, o da economisti (rari) capaci di guardare oltre i pretesi confini disciplinari. Tra i nostri autori ne abbiamo parecchi, sia della prima sia della seconda “specie”.
L’effetto che si prova è come se si tornasse a parlare della realtà, dopo decenni di allegre scampagnate nell’astrazione. È l’effetto di un improvviso bagno nella realtà.
C’è qualcosa di realmente interessante da conoscere e da seguire.
Economia circolare, bioeconomia, green economy, sharing economy, blue economy… un’ebollizione di idee e di pratiche che è una delle cose più significative cui oggi si possa dedicare un lavoro di documentazione e interpretazione.
Alla fine: più architetti e meno economisti? Certamente il punto non è questo: servono più persone capaci di guardare oltre, quale che sia il loro percorso culturale e professionale.
Compito nostro, di editori, è diffonderne le idee. Un compito piuttosto entusiasmante.