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In questo numero:

Un riciclo da evitare di Antonio Cianciullo
Quando depredare l’ambiente diventa un business di Antonio Pergolizzi
Non rinnovabile, ma eterno di Marco Gisotti
Il continente liquido di Mario Bonaccorso
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Non rinnovabile, ma eterno
di Marco Gisotti

In questo articolo parliamo di:

Materia Rinnovabile
Rivista internazionale sulla bioeconomia e l'economia circolare

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Virtualmente l’alluminio della lattina di birra che avete bevuto ieri sera è eterno, anche se il suo uso è invece molto recente. L’alluminio non si trova in natura, tanto che per secoli il suo valore ha rivaleggiato persino con quell’oro. Solo alla fine dell’Ottocento la sua estrazione è diventata sufficientemente conveniente dal punto di vista economico perché se ne potesse fare un uso commerciale. Una volta estratto, infatti, l’alluminio può essere riutilizzato e in moltissimi diversi impieghi. Un materiale “permanente” – come il vetro e l’acciaio – che non si consuma, ma si usa e si riusa senza fine.

“L’industria dell’alluminio italiana – spiega Cesare Maffei, presidente del CiAl, il Consorzio imballaggi alluminio – impiega materia prima derivante ormai al 100% dal riciclo. L’alluminio è sempre più percepito come un materiale permanente, con il quale è difficile competere quando si parla di performance e di costi industriali, ambientali ed energetici. La logica del loop, ossia del recupero perpetuo, consente nel nostro caso di mantenere costanti nel tempo le performance chimico-fisiche del materiale e di recuperarle a ogni ‘giro di giostra’. Chi altro può vantare simili proprietà? Non certo i materiali derivati da fonti fossili”.

Il ciclo dell’alluminio comincia con l’estrazione della bauxite, un minerale solitamente di colore rosso che deve il suo nome a Les Baux-de-Provence, la località francese dove nel 1822 furono scavate le prime miniere. L’alluminio, infatti, pur essendo una delle sostanze più abbondanti sul nostro pianeta non si trova allo stato puro ma va estratto dalle rocce. Un processo che per quanto semplice richiede tecnologie industriali e, su scala globale, un consumo non indifferente di energia. Cosa che, a meno che non si faccia ricorso a fonti rinnovabili, prevede l’impiego di combustibili fossili. Questo quanto è accaduto a livello mondiale per quasi un secolo e mezzo: decenni nei quali la produzione di alluminio ha avuto, in termini energetici, un costo molto elevato oggi non più sostenibile. E non solo in termini economici, ma soprattutto ambientali perché con la produzione di energia si sono immesse in atmosfera milioni e milioni di tonnellate di gas a effetto serra. Si stima, per esempio, che a livello europeo l’attuale recupero e riciclo dei 28 miliardi di lattine di alluminio consumate ogni anno comporta un risparmio, in termini di gas a effetto serra di 3,2 milioni di tonnellate, l’equivalente delle emissioni prodotte da una città delle dimensioni di Bilbao, Cardiff o Nizza. Questo perché il processo di riciclo dell’alluminio consente un risparmio energetico pari al 95%. Il 5% residuo è quanto serve per ottenere nuovi prodotti in alluminio da alluminio già esistente.

In altre parole è come dire che l’alluminio che abbiamo estratto nell’ultimo secolo è ormai sufficiente per tutti i nostri usi e utilizzi. E, visto che tecnicamente l’alluminio non si consuma, ne abbiamo a sufficienza per i secoli a venire e potremmo non avere più bisogno di miniere di bauxite.
In questo senso assume un rilievo particolare la “Risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 su un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” che supera la distinzione tra risorse rinnovabili e non rinnovabili, prendendo in considerazione anche i materiali durevoli o permanenti. Alla lettera “g” di questa risoluzione si impone una rivoluzione concettuale: si afferma, infatti, “che una futura politica globale in materia di risorse non dovrebbe più distinguere solo tra risorse rinnovabili e non rinnovabili, ma considerare anche i materiali durevoli”.

Cosa significa in pratica? Che ci sono risorse che non si consumano. Che, una volta immessa in circolo, quella stessa identica risorsa può essere riutilizzata più e più volte, perché ciò è nella sua natura. Mentre il petrolio viene, per esempio, bruciato o trasformato chimicamente per produrre energia o materiali plastici ed è impossibile riportarlo al suo stato originario, l’alluminio no. Ed è anche per questo motivo che oggi si sta diffondendo il concetto di “materiale permanente”, un materiale che non si consuma e si riutilizza all’infinito, conservando, in tutte le sue numerose applicazioni, l’energia necessaria per futuri e nuovi impieghi.

… continua a leggere su Materia Rinnovabile 13, novembre-dicembre 2016