testata logo EDA
In questo numero:

Un tuffo nella circolarità di Antonio Cianciullo
Un tesoro in fondo al mare di Mario Bonaccorso
Sono dodici, ma cresceranno di Marco Moro
Quando lo smartphone è fair di Antonella Ilaria Totaro
Iscriviti
Contatti
Un tesoro in fondo al mare
di Mario Bonaccorso

In questo articolo parliamo di:
Materia Rinnovabile
Rivista internazionale sulla bioeconomia e l'economia circolare
Sfoglia le prime pagine
Acquista on-line
Scarica il modulo d'ordine

Una ricerca d’eccellenza capace di fare rete, l’assenza di grandi gruppi industriali, un’ampia disponibilità di materia prima, un settore marino fortemente sviluppato e un governo che ha posto la decarbonizzazione della propria economia al centro del piano di crescita per i prossimi anni. È questa in estrema sintesi la fotografia della bioeconomia in Norvegia, dove il governo guidato da Erna Solberg ha presentato lo scorso dicembre la propria strategia nazionale, fissando un obiettivo molto ambizioso: portare il giro d’affari dai 33 miliardi di euro del 2015 a 110 miliardi entro il 2050, nel contesto del più ampio sforzo del paese scandinavo per spingere la crescita economica e l’occupazione, riducendo al tempo stesso le emissioni di gas a effetto serra e migliorando l’impiego sostenibile delle risorse biologiche. 

La Norvegia, alle prese con le sfide rappresentate dal declino costante della produzione nazionale di gas e petrolio e dalla necessità di ridurre le proprie emissioni di CO2, guarda avanti puntando con forza su tre parole chiave: transizione, innovazione e competitività. 

La transizione è intesa verso un’economia circolare gradualmente decarbonizzata; l’innovazione passa dall’impiego di piattaforme tecnologiche in grado di utilizzare le risorse biologiche rinnovabili in molteplici settori, in modo efficiente e redditizio; la competitività si realizza mediante la cooperazione tra settori e industrie e la creazione di un mercato per i prodotti biobased. 

“Il contributo della bioeconomia a un’economia più circolare, amica dell’ambiente e a basse emissioni è un presupposto importante per le iniziative di politica pubblica”, si legge nella strategia ‘Familiar resources – undreamt of possibilities’ pubblicata dal ministero del Commercio, dell’Industria e della Pesca e frutto di un lavoro congiunto di dieci ministeri. “In questo senso – continua il documento governativo – l’internalizzazione degli effetti negativi sul clima e sull’ambiente nei prezzi dei prodotti sarebbe la via più efficiente per promuovere la bioeconomia, in un quadro di politiche pubbliche olistiche e coerenti in tutti i passaggi delle catene di valore”.

La politica del governo norvegese per la bioeconomia ha l’obiettivo di accrescere la produzione di alimenti e mangimi energetici e industriali (dalla chimica al tessile, fino alla farmaceutica e ai materiali) attraverso l’impiego sostenibile delle materie prime biologiche di cui è ricco il paese, fornite dalla terra e soprattutto dal mare. 

La bioeconomia norvegese ha, infatti, una forte connotazione marina. Basti pensare che dei 33 miliardi di giro d’affari di questo meta-settore nel 2015, circa un terzo (10 miliardi di euro) venivano dal settore marino e dall’acquacoltura. E la proporzione è destinata a crescere, visto che il fatturato atteso nel 2050 è di 60 miliardi (sui 110 totali). Mentre il settore forestale, quello agroalimentare e le bioindustrie nel 2015 contribuivano rispettivamente per 15, 5 e 3 miliardi di euro, con una crescita attesa al 2050 fino a 27, 15 e 8 miliardi di euro.

In un sistema fortemente basato sulle risorse marine, le alghe rappresentano una materia prima fondamentale per lo sviluppo della bioeconomia. Tra gli attori industriali più importanti in questo settore si trova l’impresa Seaweed Energy Solutions. […]

Un’ulteriore prova dell’importanza che la ricerca ha per la Norvegia è l’istituzione nel 2015 dell’Istituto norvegese di ricerca sulla bioeconomia (Nibio), uno dei più grandi istituti di ricerca del paese. Nibio è di proprietà del ministero dell’Agricoltura e dell’Alimentazione ed è frutto di una fusione tra l’Istituto norvegese per la ricerca agricola e ambientale (Bioforsk), l’Istituto norvegese per l’economia agricola (Nilf) e l’Istituto forestale e paesaggistico norvegese (Skogoglandskap). I suoi campi di specializzazione sono l’alimentazione, le foreste e le risorse forestali, la salute dei vegetali e le biotecnologie, l’ambiente e il clima e la statistica.

“La Norvegia – ci spiega Ernst Kloosterman, ex direttore generale del cluster delle biotecnologie industriali norvegese Ibnn – ha attuato strategie nazionali in materia di biotecnologie e bioprospezione (bioprospecting) marina tra il 2000 e il 2009. Ciò ha agevolato lo sviluppo di piattaforme biotecnologiche, di eccellenti infrastrutture e la formazione di scienziati altamente qualificati. Il che sta fortemente contribuendo alla crescita del settore industriale biotecnologico e biobased. Il potenziale è grande, in quanto il paese è ricco di biorisorse e di personale altamente istruito”.

Nel paese scandinavo non mancano politiche pubbliche di sostegno alla bioeconomia, come incentivi finanziari, misure per la riduzione dei rischi finanziari, investimenti nel know-how e nella conoscenza (educazione inclusa), programmi di sostegno allo sviluppo e all’implementazione di nuove conoscenze e tecnologie nell’industria, piattaforme tecnologiche che sostengono l’innovazione, ma anche piani che informano e istruiscono la società e le potenziali parti interessate circa gli impatti sociali ed economici positivi.

... continua a leggere su Materia Rinnovabile n. 17, luglio-agosto 2017