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In questo numero:

Rimettere in circolo Madrid e Barcellona di Antonio Cianciullo
La nuova economia secondo Tim Jackson a cura di Rudi Bressa
Case come alberi, città come foreste a cura di Silvia Zamboni
Meglio riciclare che estrarre di Antonella Ilaria Totaro
Giacimenti tessili in cerca d'autore di Irene Ivoi
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La nuova economia secondo Tim Jackson
Intervista a Tim Jackson
a cura di Rudi Bressa

In questo articolo parliamo di:

Materia Rinnovabile
Rivista internazionale sulla bioeconomia e l'economia circolare

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Nato come rapporto per il governo inglese nel 2009, Prosperità senza crescita ritorna nelle librerie con una nuova edizione, completamente rivista. In questo volume Tim Jackson, docente di Sviluppo sostenibile all’Università del Surrey, affronta in maniera estremamente lucida un tema che non può più essere rimandato: creare prosperità per il genere umano, senza dilapidare ulteriormente le risorse planetarie e appianando le disuguaglianze sociali. Ovvero un’idea alternativa di economia, oggi ancora basata sulla crescita infinita. Secondo Jackson, infatti, è possibile pensare a un modello economico che vada al di là della crescita esponenziale e che sia capace di rivedere il concetto stesso di prosperità, condivisa e intrisa di speranza. Un mondo in equilibrio col pianeta e capace di creare un benessere diffuso.

In questi giorni lei presenta la seconda edizione del suo libro. Ma la prima edizione nel 2010 nasce da un fatto perlomeno curioso. Quale?
“Questo libro nasce da un rapporto commissionato dal governo britannico. Si trattò di una consulenza che feci sulla sostenibilità per una commissione governativa. L’idea era quella di rivisitare l’idea di crescita economica, in particolare del conflitto tra la crescita infinita e l’ambiente. Un concetto già espresso nel ‘Rapporto sui limiti dello sviluppo’ redatto dal Club di Roma negli anni ’70. Prosperità senza crescita cercò di affrontare queste tematiche. Mentre lo stavo scrivendo la crisi finanziaria iniziò a farsi sentire. La cosa interessante è che il rapporto uscì durante il G20 che si tenne a Londra nel 2009, quando i Grandi della Terra si riunirono proprio per far ripartire l’economia. Come racconto anche nel libro, al governo il rapporto non piacque, lo stesso primo ministro Gordon Brown ne fu molto dispiaciuto. La stampa inoltre non ne parlò. Poi pian piano il rapporto divenne molto popolare, tanto che diventò un libro pubblicato in 17 diverse lingue, tra cui anche l’italiano.”

[…]

Nel frattempo l’1% della popolazione possiede il 50% della ricchezza mondiale. Dovremmo ridistribuire la ricchezza? E come?
“Ciò che sta succedendo è che un numero sempre più piccolo di persone possiede la maggior parte degli asset e dei profitti che questi comportano (per asset si intende ogni entità materiale o immateriale suscettibile di valutazione economica  di proprietà di un’azienda, ndr). Nel frattempo la vita lavorativa delle persone diventa sempre più insicura. Il lavoro retribuito è un costo. Ciò che il capitalismo fa è di ampliare sempre più questa differenza, piuttosto che ridurla, a meno che non vengano ridistribuiti i guadagni e gli asset. E per fare ciò ci sono tre modi. Uno è quello di aumentare la tassazione nei confronti della parte più ricca della popolazione. Ma questa soluzione è come mettere un cerotto quando si sta grondando sangue. Potrebbe funzionare, ma non cambierebbe necessariamente le disuguaglianze nel possesso degli asset. Ci sono poi altri sistemi, ne esistono degli ottimi esempi. Per esempio far partecipare i lavoratori al capitale aziendale: in questo caso la proprietà dell’impresa è in mano ai lavoratori, ed è così possibile ridistribuire la proprietà dei beni e dei capitali. La terza possibilità è la protezione del lavoro salariato: se rallentassimo leggermente la sostituzione del lavoro con la tecnologia e proteggessimo il lavoro salariato, automaticamente potremmo ridistribuire la ricchezza, perché ridurremmo la differenza tra salario e profitto.” 

Il mondo accademico è concorde nell’affermare che una crescita infinita in un mondo finito è praticamente impossibile. Perché la politica e parte del mondo economico faticano ad accettare questo concetto, così chiaro agli ecologi?

... continua a leggere su Materia Rinnovabile n. 18, settembre-ottobre 2017