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In questo numero:

Rimettere in circolo Madrid e Barcellona di Antonio Cianciullo
La nuova economia secondo Tim Jackson a cura di Rudi Bressa
Case come alberi, città come foreste a cura di Silvia Zamboni
Meglio riciclare che estrarre di Antonella Ilaria Totaro
Giacimenti tessili in cerca d'autore di Irene Ivoi
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Case come alberi, città come foreste
Intervista a Michael Braungart
a cura di Silvia Zamboni

In questo articolo parliamo di:

Materia Rinnovabile
Rivista internazionale sulla bioeconomia e l'economia circolare

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Michael Braungart, una laurea in chimica, nel 1987 ha fondato Epea, l’Environmental Protection and Encouragement Agency con sede ad Amburgo, di cui oggi è amministratore delegato. Da oltre vent’anni il suo nome e quello dello statunitense William McDonough sono legati all’innovativo design concept “Cradle to Cradle”, “dalla culla alla culla”. Il loro ultimo libro nella versione tedesca è stato tradotto con Die intelligente Verschwendung. The Upcycle: Auf dem Weg in eine neue Ueberfluss-gesellschaft, ossia “Lo spreco intelligente. The upcycle: verso una nuova società dell’abbondanza”.

Si tratta di una pura provocazione oppure sul piano teorico e pratico ci può essere uno spreco intelligente?

“Alla base del concetto di ‘intelligente Verschwendung’ c’è la considerazione che disponiamo di una quantità di input energetici superiore di oltre 20.000 volte ai nostri bisogni, ragion per cui possiamo comportarci generosamente nell’impiego di materiali ed energia. A patto però che ciò che produciamo sia concepito per arrecarci benefici anziché limitarsi a ridurre gli impatti negativi, e che sia predisposto al riuso post-consumo dei materiali, invece di diventare un rifiuto. Soddisfatte queste condizioni, alla fine non si spreca nulla”, ci risponde Braungart. “Questo approccio invita a festeggiare la vita, il nostro ruolo di esseri umani e la nostra impronta, invece di sentirci un peso per il pianeta. In questo senso il titolo ha in parte un intento provocatorio verso l’approccio culturale del popolo tedesco orientato prioritariamente a ridurre la pressione sulla Terra. In ogni caso parliamo di spreco intelligente, non di spreco stupido. Niente a che fare con quanto si vede sulle vostre autostrade: colpisce vedere come gli italiani si divertano a gettare i rifiuti fuori dalle loro auto per tenerle pulite all’interno. Il problema è che non si tratta di materiali e beni concepiti per poter essere buttati per strada senza arrecare danni.” 

Purtroppo lei non è il primo straniero a sottolinearmi questa pessima abitudine di casa nostra. Ma passiamo alla sua affermazione secondo la quale oggi l’inquinamento indoor è superiore a quello outdoor a causa delle polveri sottili e di altri inquinanti che vengono liberati, per esempio, da moquette, carte da parati, stampanti laser.
“Si tratta di materiali e beni che non sono pensati per essere impiegati in ambienti chiusi. Inoltre, per isolarli termicamente, oggi si costruiscono edifici sigillati che contribuiscono ad aumentare la concentrazione degli inquinanti indoor: un classico esempio di cose sbagliate fatte perversamente alla perfezione. In Germania il 40% delle case è affetto da muffe, col risultato che si diffondono i casi di asma infantile. Senza contare i danni da esposizione alle polveri sottili e agli idrocarburi policiclici aromatici liberati nell’aria, per esempio, da tappeti e moquette. È mai credibile che basti esporre all’aria per 24 ore un materasso comprato all’Ikea per eliminare tutti i problemi che può generare? Sul mercato, però, sono disponibili innovativi prodotti ‘Cradle to Cradle’, come un letto che abbiamo progettato con una ditta olandese, il primo concepito per essere usato in un ambiente chiuso senza pericoli per la salute.”

[…]

“Edifici come alberi, città come foreste”: è il tema da lei approfondito l’anno scorso alla Biennale di Architettura di Venezia. È una visione senz’altro molto poetica, ma come si traduce in pratica?
“In realtà è molto semplice. Basta guardare come funziona un albero, come supporta la vita di oltre 200 diverse specie viventi, come pulisce il suolo, come disinquina l’aria, come cambia i colori a seconda delle stagioni, come si riproduce e sostiene la propria esistenza. Tutte cose che un edifico convenzionale non può fare, per cui, paragonato a un albero, risulta molto più primitivo. Ecco perché esorto a prendere come esempio gli alberi. La domanda giusta da porsi è come si possa generare all’interno degli edifici aria pulita e sana per chi ci abita o lavora. E la risposta a questa domanda è legata all’innovazione tecnologica di qualità. Perché non sfruttare 100 metri quadrati di pavimento di un appartamento coprendolo con una moquette in grado non solo di non diffondere cattivi odori ma anche di ripulire l’aria? È questa l’innovazione che ci serve. Ci sono vernici che non sono anti-microbiche, ma, al contrario, pro-microbiche grazie ai microrganismi attivi che contengono capaci di depurare l’aria divorando gli inquinanti: una performance che solo una ventina di anni fa sembrava pura fantascienza. E proprio grazie all’innovazione tecnologica di qualità,che non origina extra costi, i profitti delle aziende produttrici sono superiori del 20-30% a quelli usuali nel settore. Lo stesso avviene con le imprese che producono materiali isolanti per l’edilizia a base di innocue sostanze organiche: guadagnano di più.

... continua a leggere su Materia Rinnovabile n. 18, settembre-ottobre 2017