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In questo numero:

Il flirt tra finanza ed economia circolare di Antonio Cianciullo
La sostenibilità vale di più di Matteo Cavallito
Capitali in circolo di Antonella Ilaria Totaro
Così ti riciclo il pannolino di Rudi Bressa
I disastri ambientali vanno in prima serata di Roberto Giovannini
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La sostenibilità vale di più
di Matteo Cavallito

In questo articolo parliamo di:

Materia Rinnovabile
Rivista internazionale sulla bioeconomia e l'economia circolare

 

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$22.890.000.000.000. Quasi 23 trilioni di biglietti verdi. È il controvalore degli investimenti sostenibili rilevato nel mondo alla fine del 2016, l’ultimo anno per il quale esistono dati definitivi. A segnalarlo, lo scorso mese di marzo, la più recente edizione dell’indagine biennale della Global Sustainable Investment Alliance (GSIA), un network che riunisce cinque diverse associazioni del settore degli investimenti responsabili.

Nello spazio di un biennio, ha segnalato lo studio, il valore delle operazioni ESG (Enviroment, Social, Governance), ovvero degli assets selezionati dagli investitori del Pianeta secondo uno o più criteri di sostenibilità in termini ambientali, sociali e di gestione responsabile è aumentato del 25%. 

Il trend conferma un’onda lunga di crescita che ha radici ormai profonde. Emblematica, in questo senso, l’espansione del settore negli Stati Uniti: tra il 1995 e il 2016, rileva l’ultimo studio dell’USSIF, i fondi di investimento che integrano i criteri ESG nel processo di selezione degli asset in portafoglio sono passati da 55 a 1.002; nel medesimo periodo il controvalore dei loro investimenti responsabili è cresciuto da 12 miliardi a 2,6 trilioni di dollari.
A oggi, rileva l’analisi della GSIA, gli asset ESG presenti nel mercato americano ammontano complessivamente a 8.700 miliardi, il 33% in più rispetto al dato 2014. Leader di mercato si conferma però l’Europa con circa 12 mila miliardi di asset gestiti e una crescita più modesta ma pur sempre rilevante: +12% circa su base biennale. Molto significativa l’espansione del mercato canadese (+49%), addirittura impressionante quella australiana che fa registrare un +248% nello stesso periodo. A fare il botto, però, è soprattutto il mercato nipponico che, in controtendenza rispetto al resto dell’Asia, evidenzia un boom senza precedenti: nel 2014 il controvalore degli investimenti ESG a Tokyo e dintorni ammontava alla miseria di 7 miliardi di dollari; oggi siamo a quota 474, quasi il 6.700% in più.

Ma quali sono i fattori chiave dietro alla crescita del fenomeno? In altre parole, cosa spinge gli investitori ad adottare con sempre maggior frequenza i criteri ESG nella definizione delle proprie strategie? Le scelte politiche globali in campo ambientale – culminate con la firma degli accordi sul clima – rappresentano certamente una parte della risposta, al pari dello sviluppo della green economy e della sempre maggiore attenzione per le strategie di economia circolare. Eppure, in definitiva, sembra esserci anche qualcos’altro: un elemento, una risorsa, capace di rendere queste strategie più attraenti in senso “quantitativo”. L’ipotesi più forte, insomma, è che l’integrazione dei fattori ESG non produca soltanto un impatto positivo in termini di sostenibilità, ma offra anche migliori performance finanziarie. 
A sostenerlo, tra gli altri, il direttore del settore U.S. Equity and Quantitative Strategy di BofA Merrill Lynch Global Research, Savita Subramanian, che in uno studio pubblicato alla fine del 2016 ha ricordato come l’80% dei fund managers interpellati tra coloro che applicavano i criteri di sostenibilità nella gestione degli investimenti motivasse tale scelta citando proprio i maggiori rendimenti. Tra le società quotate dell’indice S&P Common Stock, in particolare, quelle con i più elevati rating ESG offrivano rendimenti superiori del 5% rispetto a quelli delle compagnie con un rating più basso. E le ricadute, sottolineava Subramanian, erano evidenti anche nella gestione del rischio…

... continua a leggere su Materia Rinnovabile n. 19, dicembre-gennaio 2018