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In questo numero:

Resilienza editoriale di Marco Moro
Ambiente e malattia, un approccio circolare di Paola Fraschini
13 proposte per trasformare il mondo, oggi e domani di Diego Tavazzi
Soluzioni globali per la sfida climatica di Arianna Campanile
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Ambiente e malattia, un approccio circolare
di Paola Fraschini

In questo articolo parliamo di:

Malattia, uomo, ambiente
La storia e il futuro

Tony McMichael

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Per Ilaria Capua, virologa italiana famosa nel mondo per aver reso di dominio pubblico la sequenza genetica dell’aviaria, la pandemia di Covid-19 nasce da una connessione diretta fra le attività dell’uomo e l’impatto che hanno sulla natura. Un punto di vista alternativo che ci insegna a guardare alla salute come a un sistema che interagisce con gli altri sistemi del pianeta.

Secondo la nota virologa abbiamo creato un sistema che è stato poco rispettoso dell’ambiente: “tutto il problema dell’emergenza Covid-19 nasce in una foresta dell’Asia al cui interno vivono dei pipistrelli. Questi pipistrelli sarebbero dovuti rimanere nel loro spazio, nella loro nicchia ecologica. E invece è accaduto il contrario. Sono stati cacciati, per essere poi venduti nei mercati. Oppure il loro habitat naturale è stato invaso dall’uomo e sono stati costretti a fuggire. Ciò ha fatto sì che il virus presente nel mezzo di una foresta, e che lì doveva rimanere, si è trovato catapultato in una megalopoli, in un mercato in cui c’erano tanti altri animali di provenienza diversa e portatori di tanti altri virus diversi. Se si forzano determinate situazioni e si spingono dei soggetti a stare a contatto con altri soggetti, quando invece a con- tatto non dovrebbero starci, si creano degli squilibri. Ed è proprio quello che è successo con la propagazione di questo nuovo Coronavirus.”

Anche Tony McMichael, ormai vent’anni fa, proponeva un approccio circolare tra Malattia, uomo e ambiente e nel suo libro, attuale più che mai, si delinea un affresco dell’intera storia dell’adattamento della specie umana alle mutazioni dell’ambiente e le conseguenze che ciò ha avuto sulla salute. Dovrebbe essere una lettura obbligatoria per comprendere quello che sta accadendo oggi.

Per gran parte della storia umana, l’atmosfera, l’acqua potabile, il suolo e le specie di cui ci nutriamo sono stati trattati come un insieme di “beni liberamente disponibili”, così le comunità umane hanno saccheggiato le risorse naturali. Il risultato è che oggi il nostro capitale ambientale si sta rapidamente esaurendo e, a questo punto, stiamo chiaramente operando “in rosso”. Abbiamo modificato le condizioni di vita sulla Terra, ma fino al Covid-19 abbiamo bellamente ignorato le conseguenze a lungo termine di questi cambiamenti (c’è ancora qualcuno che nega i cambiamenti climatici).

Per fare di questa crisi mondiale un’occasione di positivo cambiamento dobbiamo chiederci seriamente come dare un nuovo orientamento alle nostre priorità sociali ed economiche, privilegiare la conservazione e il riutilizzo rispetto al consumo e allo spreco. E altrettanto seriamente dobbiamo aprire gli occhi sui rischi per la nostra salute: la pandemia di Covid-19 almeno a questo dovrebbe servire. Continuare ad abbattere le foreste, inquinare i mari e l’aria significa condannarci a morte.

È necessario affrontare in maniera più globale il problema dello stato di salute della popolazione, tenendo conto delle nostre interazioni con l’ambiente naturale, con le altre specie viventi e con i loro complessi ecosistemi. Citando McMichael, “ai precetti classici della scienza sperimentale, che fraziona le realtà complesse in parti gestibili e specificabili, si contrappone la consapevolezza che il tutto è solitamente qualcosa di più grande, e spesso di molto diverso dalla somma delle sue parti.”

In tutti i casi in cui l’habitat naturale viene sconvolto o frazionato, con la conseguente riduzione delle biodiversità, l’uso del suolo incide sullo stato di salute dell’uomo. L’indebolimento degli ecosistemi e il disordine che ne risulta consente la proliferazione di specie opportuniste, molte delle quali trasmettono agenti infettivi. La diminuzione dei predatori dà spazio alla moltiplicazione delle loro abituali prede, come i roditori, gli insetti e le alghe, e da qui, per esempio, la proliferazione delle zanzare incrementa la trasmissione della malaria, della dengue, della febbre gialla, della filariosi… L’elenco potrebbe essere molto lungo, e la storia si ripete.

McMichael conclude il suo voluminoso e illuminante libro dicendo che l’elemento centrale dell’evoluzione umana nel corso di due milioni di anni è stato il cervello, di struttura complessa e di grandi dimensioni. Quest’organo ha conferito all’uomo la coscienza, il pensiero astratto, la capacità di anticipare e pianificare e ha dato vita alla nostra complessa cultura e tecnologia. L’uomo ha così anche trovato la maniera di vivere scavalcando le barriere ecologiche che pongono rigidi vincoli alle altre specie dando prova di spavalderia ma anche capacità di adattamento, versatilità, talento per l’improvvisazione e inventiva. La nostra è l’unica specie dotata della facoltà di immaginare un futuro lontano e di intervenire con strumenti adeguati a determinare gli sviluppi ambientali a lungo termine.
Ebbene, il cervello umano, che è all’origine del problema, potrebbe ancora fornire la soluzione: usiamolo!