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Acqua, un problema aperto di Marco Moro
Bene comune, responsabilità di tutti. Intervista a Giulio Conte di Paola Fraschini
Batterie all’acqua di Paola Fraschini
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Bene comune, responsabilità di tutti. Intervista a Giulio Conte
di Paola Fraschini

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In questi giorni a Marsiglia si sta tenendo il 6° Forum mondiale dell'acqua organizzato dalle imprese multinazionali e dalla Banca Mondiale  e in parallelo sta avendo luogo il Forum alternativo mondiale dell'acqua con lo slogan "L'acqua è per tutti, non per i profitti".
La questione dell'acqua "bene comune" però non si risolve con la sua gratuità, anzi. Una delle domande che Giulio Conte, curatore insieme a Duccio Bianchi del rapporto Ambiente Italia 2012, si pone è proprio: "quale valore attribuiamo al più prezioso dei beni comuni se non siamo disposti a pagare il prezzo di due o tre caffè per ricevere a casa 1.000 litri di acqua potabile ... che, compresi nel prezzo, vengono anche restituiti all'ambiente in buone condizioni?". La risposta è articolata, si rimanda a tal proposito a quanto sostiene il professor Antonio Massarutto, tra i massimi esperti sul tema.  Continuiamo la chiaccherata con Giulio Conte, che quest'anno ha incentrato il rapporto sul tema dell'acqua: bene comune responsabilità di tutti, appunto. Se pensiamo che nel mondo 800 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile e che il rischio è che nel 2050 il numero di individui alle prese con la scarsità di risorse idriche cresceranno a 3,9 miliardi... Pare impossibile, considerato che i tre quarti del pianeta sono ricoperti d'acqua, eppure la domanda idrica a livello globale aumenta inesorabilmente soprattutto per la produzione di cibo, e i cambiamenti climatici ne riducono la disponibilità. Delle soluzioni per disinnescare questo mix esplosivo ci sono, il rapporto Ambiente Italia 2012 ne fa una sintesi chiara e avanzata.

Il 2011 è stato in Italia l'anno della vittoria del sì al referendum sull'acqua. In concreto cosa ha comportato questa vittoria e quali questioni rimangono aperte?
Il consenso della maggioranza degli italiani al referendum sull'acqua è un risultato importante. Ha innanzitutto sollevato attenzione sull'acqua, una risorsa preziosa ma la cui disponibilità è spesso data per scontata da popolazioni come la nostra, abituata a vederla scorrere dai rubinetti di casa tutti i giorni. Inoltre la gestione pubblica dell'acqua ci mette al riparo da modelli di gestione orientati a massimizzare il profitto, che non sono inaccettabili solo dal punto di vista sociale, ma anche da quello ambientale: puntano infatti a "vendere" più acqua possibile. Restano però aperti due grandi problemi riguardanti le acque a uso civile: come orientare imprese e cittadini verso modelli di gestione più ecologici e dove prendere le risorse per realizzare questo cambiamento. Infine, la gestione pubblica sancita dal referendum riguarda meno del 20% dell'acqua consumata in Italia e il restante 80% non ci interessa?

Ritieni che l'acqua in mano pubblica garantisca "di per sé" una corretta gestione?
Assolutamente no. Se vogliamo raggiungere il "buono stato" delle acque italiane, come previsto dalla direttiva europea sulle acque (n. 60 del 2000) è necessario ridurre drasticamente i consumi, accumulare e usare le acque di pioggia, riusare l'acqua più volte, rinnovare le reti fognarie e ripensare i sistemi depurativi per renderli più efficienti. Si tratta di una piccola "rivoluzione" tecnica e delle coscienze, sia da parte dei gestori (anche se pubblici) sia da parte di amministratori, cittadini e imprese. Richiede un controllo attento da parte dell'opinione pubblica, prime fra tutti le associazioni ambientaliste e il movimento per l'acqua.

Quanta acqua consumiamo quotidianamente in Italia e nel mondo? Cosa si intende con "contenuto virtuale di acqua" dei prodotti?
Solo per gli usi civili ogni italiano consuma in media 250 litri di acqua al giorno, al netto delle perdite: nei paesi europei più avanzati (Austria, Germania, ma anche alcune zone della Spagna) i consumi civili si sono ridotti negli ultimi 10 anni fino a scendere sotto i 150 l/abitante/giorno.
A questa si aggiunge l'acqua "contenuta" nei prodotti che consumiamo, la cosiddetta "acqua virtuale". I prodotti agricoli hanno un contenuto elevatissimo di acqua virtuale: un chilo di riso contiene più di 2.000 litri d'acqua, una bistecca ne contiene 5.000. Naturalmente l'impatto ambientale è molto diverso se il prodotto che consumiamo proviene da aree del pianeta aride o ricche d'acqua.

Quali soluzioni ritieni più efficaci per ridurre rischio idrogeologico e consumi idrici?
Le soluzioni sono note da anni, e cominciano a essere applicate seriamente in diversi paesi. Si tratta di un mix di soluzioni tecniche e strumenti economico/normativi per realizzarle. Il rapporto Ambiente Italia 2012 fa una sintesi di tutte le proposte più avanzate: dalle tecniche per ridurre i consumi irrigui, a quelle per rinnovare la gestione idrica urbana, dalle soluzioni per ridurre il rischio (abbandonando la strada delle opere idrauliche che aumentano il rischio trasmettendo l'idea di una falsa sicurezza), alle innovazioni normative ed economiche per una politica idrica veramente ecosostenibile.

 

Giulio Conte è socio fondatore dell'istituto Ambiente Italia, dove è responsabile dell'area Risorse Naturali e svolge attività di pianificazione e valutazione ambientale.