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In questo numero:

Piantarla con il surf? di Marco Moro
Eating Planet 2012. Intervista a Danielle Nierenberg a cura della redazione
Il riciclo รจ ecoefficiente. Intervista a Duccio Bianchi di Diego Tavazzi
Economia della sufficienza di Marco Morosini
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Eating Planet 2012. Intervista a Danielle Nierenberg
a cura della redazione

In questo articolo parliamo di:
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Tra la ricca documentazione preparatoria disponibile sul sito del prossimo summit sullo sviluppo sostenibile Rio+20 c’è anche un interessante Issue brief dedicato al sistema agroalimentare. Ciò che salta agli occhi è l’impressionante lista di “not achieved” ossia “non raggiunto” rispetto agli obiettivi posti nel dopo Rio (il primo summit di Rio, quello del 1992). E quando non c’è un secco “not achieved” ci sono altrettanto desolanti notazioni su “progressi limitati, “mancanza di fondi”, “limitata capacità di implementazione” e così via. Già ben presente in diversi capitoli dell’Agenda 21, il tema dell'alimentazione sarà uno di quelli più caldi anche a giugno di quest’anno. Ma come lo sarà? 
Quello che appare particolarmente difficile nel proporre una linea di interpretazione per una tematica come quella del cibo e dell’alimentazione è lo stabilire connessioni, il mettere in relazione i tanti diversissimi aspetti che l’atto di nutrirsi implica, far convivere in un approccio integrato ambiti di indagine che vanno dalla dimensione culturale individuale fino a quella geopolitica e finanziaria. Per non parlare degli aspetti ambientali legati alla produzione, distribuzione e consumo di alimenti. 
Questa impegnativa sfida è stata raccolta da Eating Planet 2012 il volume realizzato da Barilla Center for Food & Nutrition con la prestigiosa collaborazione di Worldwatch Institute, partnership già testata con successo in occasione del lancio dell’edizione italiana del rapporto State of the World 2011. Nutrire il pianeta.
Il progetto che oggi lancia il BCFN – con un volume disponibile in italiano (cartaceo e ebook) inglese e francese (ebook) – è ancora più ambizioso: mettere a punto un linguaggio nuovo, inclusivo. Che non releghi a contesti separati, a volte specialistici a volte “popolari”, argomenti che vanno conosciuti e compresi nelle loro interrelazioni. I quattro grandi filoni tematici che caratterizzano questo innovativo approccio sono “Cibo per tutti”, “Cibo e sviluppo sostenibile”, “Cibo e salute”, “Cibo e cultura”, mentre il contributo Worldwatch Institute analizza trend globali e progetti internazionali. Il volume è arricchito da moltissimi contributi e interviste a personalità (autori, politici, attivisti, scienziati…) di rilievo internazionale. 
Per iniziare a parlare dei contenuti di questa iniziativa Puntosostenibile ha intervistato Danielle Nierenberg, direttrice del progetto Nourishing the Planet del Worldwatch Institute, che ha curato la partecipazione dell’istituto di ricerca di Washington DC alla realizzazione di Eating Planet 2012.

Siamo in grado di produrre cibo per tutti gli abitanti della Terra e di distribuirlo con equità?
Attualmente, secondo i dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, produciamo abbastanza cibo per sfamare tutti garantendo almeno 2.720 chilocalorie al giorno. La sfida cui ci troviamo di fronte è fare arrivare questo cibo a chi ne ha più bisogno. Un modo per farlo potrebbe essere la riduzione dello spreco. In Bolivia, Cina, India e altri paesi, energia solare, essiccatoi e disidratatori stanno aiutando a preservare i raccolti abbondanti di mango, papaya e altri frutti, fornendo importanti apporti di vitamine e sostanze nutritive alla popolazione, lungo tutto l’anno. In Africa occidentale e centrale i ricercatori della Purdue University hanno insegnato agli agricoltori a utilizzare degli economici sacchi ermeticamente sigillati per stoccare i raccolti di fagioli dall’occhio difendendoli dall’attacco di insetti e muffe.

È possibile convertire il settore agroalimentare in chiave sostenibile così da salvaguardare l’ambiente e risparmiare risorse?
Premiare gli agricoltori che salvaguardano i propri terreni e formare gli altri sulle pratiche agricole ecocompatibili sono alcuni dei modi attraverso cui il sistema agroalimentare può fermare o invertire il degrado ambientale. La Rainforest Alliance sta lavorando con oltre 200 milioni di agricoltori in America Latina, Asia e Africa per assicurare che le coltivazioni sostenibili di cacao, caffè, banane e altri prodotti ottengano un premium price da parte dei consumatori dei paesi ricchi (un prodotto di fascia alta viene definito premium price quando, per il suo maggior livello qualitativo, permette di ottenere un prezzo di vendita superiore a quello di prodotti simili, ma meno caratterizzati, ndR), riducendo così contemporaneamente la povertà e favorendo la tutela dell’ambiente. In Indonesia, Kenya, Tanzania, Zambia e in vari altri paesi, pratiche di agro-silvicoltura migliorano notevolmente la resilienza degli agricoltori a siccità, inondazioni e impennate improvvise dei prezzi.

Quali sono le buone regole per uno stile alimentare sostenibile che mantenga a lungo la salute delle persone?
I bambini sono le principali vittime tanto della cattiva nutrizione quanto della fame. Questi problemi vengono affrontati attraverso iniziative nei paesi in via di sviluppo e industrializzati. In Thailandia, un programma finanziato dal governo provvede al servizio di refezione in circa il 30% delle scuole elementari. A Filadelfia negli Stati Uniti, la Food Trust svolge programmi relativi ai sistemi alimentari e all’alimentazione in contesti comunitari che hanno contribuito a dimezzare il numero di bambini obesi in quell’area. E il World Vegetable Center insegna alle agricoltrici dell’Africa subsahariana come migliorare l’alimentazione dal punto di vista nutrizionale e del gusto riducendo i tempi di cottura.

Nelle grandi tradizioni culinarie è possibile riscoprire gli ingredienti indispensabili a un mangiare sano, equo e conviviale?
La tradizione mediterranea si concentra sull’alimentazione come parte integrante della cultura, facendo dei pasti e della preparazione del cibo importanti rituali della vita quotidiana. Conferire al cibo una dimensione sociale, attraverso la preparazione e la convivialità, può servire a rilanciare l’importanza culturale dell’alimentazione. In Uganda, per rafforzare il nesso cibo-agricoltura tra i giovani, Developing Innovations in School Cultivation ​​sta insegnando a oltre 1.000 bambini come coltivare, cucinare e mangiare le colture locali. E a Dakar, in Senegal, l’organizzazione Mangeons Local (mangiare localmente) insegna agli studenti come sono fatti i loro cibi, chi li ha coltivati e cucinati e perché mangiare alimenti prodotti localmente è meglio per loro e il loro ambiente. [traduzione di Paola Fraschini]