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In questo numero:

Un cetaceo nel frigorifero di Marco Moro
Green Jobs 2.0, di più e meglio di Diego Tavazzi
Tocca agli imprenditori darsi da fare di Paola Fraschini
Ricerca, sviluppo e competitività di Carlo Pesso
La democrazia inizia dal piatto a cura della redazione
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Tocca agli imprenditori darsi da fare
Intervista a Silvia Zamboni
di Paola Fraschini

In questo articolo parliamo di:
L'Italia della green economy
Idee aziende e prodotti nei nuovi scenari globali
di Silvia Zamboni
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"Tocca agli imprenditori darsi da fare e investire nella salvezza del pianeta”, questo sostiene Richard Branson, il fondatore della Virgin Records: per ridurre l’impronta sul pianeta la risposta non deve essere “non comprate l’iPad”, ma tecnologica.
E per cercare di facilitare l’incontro tra le eccellenze italiane della green economy e gli investitori americani, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini è stato a Washington per partecipare al workshop organizzato dall’Ambasciata italiana nell’ambito dell’edizione 2012 del “Global CleanTech 100”.
Sempre in tema di aziende italiane che hanno puntato maggiormente sull’innovazione verde e scelte imprenditoriali che ricollocano nei grandi trend globali la nostra economia, segnaliamo che il 9 novembre a Ecomondo ci sarà l’evento di presentazione dei vincitori della Quarta edizione del “Premio Sviluppo Sostenibile” istituito dalla Fondazione omonima e da Ecomondo, preceduto dalla presentazione di  L’Italia della green economy. Idee aziende e prodotti nei nuovi scenari globali. Parliamone con Silvia Zamboni, autrice del libro e membro della giuria selezionatrice.

A chi è destinato il Premio Sviluppo Sostenibile e quali sono i criteri impiegati per la selezione?
Il Premio, giunto alla quarta edizione, è nato con l’obiettivo di promuovere l’innovazione ecologica di processi produttivi, beni e servizi. Si rivolge ad aziende che operano in Italia, pubbliche e private, distinte in tre settori: energia e mobilità, rifiuti e risorse, altri prodotti e servizi e innovativi ad elevate prestazioni ambientali.
Nel primo settore i campi di attività ammessi vanno, per esempio, dall’efficienza e risparmio energetico all’uso delle fonti rinnovabili, alla produzione di biocarburanti di seconda generazione, al trasporto sostenibile di persone e merci, ai veicoli innovativi a basso impatto, al mobility management.
Nel secondo settore si considerano prodotti, servizi e buone pratiche per la prevenzione della produzione di rifiuti, il riuso di beni, il riciclo di materie prime seconde, il recupero di energia, l’impiego di materiali rinnovabili, le bonifiche di siti contaminati, l’innovazione nella raccolta dei rifiuti domestici, gli imballaggi ecosostenibili.
Il terzo settore del premio, infine, vede coinvolte aziende che operano nel turismo sostenibile, (bio)agricoltura e territorio, produzione di materiali innovativi, servizi ecologici, controlli e monitoraggi per la qualità dell’aria, depurazione, controlli e monitoraggi idrici , processi produttivi ecoefficienti e management ambientale d’impresa. I criteri di selezione per assegnare il premio riguardano l’efficacia dei risultati ambientali ottenuti, con particolare riferimento alla mitigazione della crisi climatica; il contenuto innovativo; i risultati economici, ossia la remunerazione dell’investimento effettuato e l’incremento occupazionale; le potenzialità di diffusione.

Quali sono i vincitori dell’edizione 2012 del Premio?

La Commissione giudicatrice, di cui faccio parte insieme a Edo Ronchi (Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile), Walter Facciotto (Direttore del Conai), Luciano Morselli (professore di chimica dell’ambiente e dei beni culturali all’Università di Bologna), Fabrizio Tucci, (professore di progettazione ambientale e tecnologia dell’architettura all’Università di Roma “La Sapienza”) non ha avuto certo un compito facile nell’individuare i tre vincitori e le 27 imprese segnalate: sono state infatti più di cento le aziende che hanno partecipato all’edizione 2012 del Premio!
Nella sezione “Rifiuti e risorse” ha vinto Policarta di Bassano in Teverina (Viterbo), per la realizzazione di un packaging alimentare composito multimateriale, certificato come compostabile e utilizzabile con normali macchine confezionatrici automatiche. Poste Italiane è risultata vincitrice nella sezione “Energia e mobilità” per il progetto Piano Elettrico, che prevede l’acquisto, nel corso del 2012, di oltre 700 quadricicli elettrici, con i quali la flotta di veicoli elettrici di Poste Italiane raggiungerà la quota di mille mezzi, impiegati per la distribuzione della posta sull’intero territorio italiano. A EcoWorldHotel di Milano è andato il premio per la sezione “Prodotti e servizi innovativi a elevate prestazioni ambientali” grazie all’organizzazione di una catena alberghiera italiana, alla quale aderiscono 130 strutture, che viene accompagnata in un percorso di miglioramento ambientale, certificato da un contrassegno che va da una a cinque eco-foglie.
Le 27 aziende segnalate comprendono: per il settore “Rifiuti e Risorse”, BIOSEARCH AMBIENTE di Torino, Consorzio recupero Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (CRAEE) di Roma, Ecopneus di Milano, Eurven di Rosà (VI), FIL-TEC di Solza (BG), Revet di Pontedera (Pisa), HERAmbiente di Bologna, WasteItalia di Milano, ReSolution 3 di Udine; nel settore “Energia e Mobilità”, CMG Solari di Melissano (LE), Estrima di Pordenone, ALITEC di Filattiera (MS), I.L.S.A.P. di Latina, Freight Leaders Council PLUS di Roma, R.E.M Revolution Energy Maker di Coccaglio (Bs), RENNER ITALIA di Minerbio (Bo), Tazzari GL di Imola , TEGOLA SOLARE NEW ROOF di Dubino (So); per il settore “Prodotti e Servizi innovativi”, Barilla di Parma, CARLSBERG ITALIA di Lainate (Mi), OLTREMATERIA (by Ecomat) di San Giovanni in Marignano (Rimini), Biomasse Italia di Strongoli (Kr), Energy Resources Holding di Jesi (An), Molinia società agricola di Biella, Fattoria Il Duchesco di Alberese (Gr), Conser Società cooperativa consortile senza scopo di lucro di Prato, EQUILIBRIUM di Lecco.

In generale si può sostenere che le aziende italiane stiano puntando sulla green economy per uscire dalla crisi? Basterà l’innovazione tecnologica a pilotare l’Italia fuori dalle crisi culturale, ambientale ed economica?

Dalla ricerca pubblicata da Unioncamere e Fondazione Symbola l’anno scorso risulta che, se nel 2010 tre imprese medie-piccole su dieci in Italia hanno fatto investimenti nella green economy (in migliorie ambientali all’interno del processo di produzione), nel 2011 siamo passati a sei su dieci. Tra le prime dieci regioni che hanno fatto questo tipo di investimenti ce ne sono cinque del nord e cinque del sud, per cui si tratta di un fenomeno geograficamente trasversale. Inoltre riguarda tutti i settori, dall’alimentare al meccanico, al tessile, al turismo, al settore dei servizi.
A fare la parte del leone, con quasi il 40% del proprio settore, è il comparto dei servizi ambientali, ossia gestione del ciclo dell’acqua, raccolta e trattamento dei rifiuti e servizi annessi. Altrettanto significativa è la dinamica occupazionale: chi fa investimenti green è anche più dinamico rispetto alla creazione di nuovi posti di lavoro e all’assunzione di nuovo personale: un’azienda su tre che ha fatto questo tipo di investimento, aveva in programma di fare assunzioni nel 2011, contro un’azienda su cinque tra quelle che questi investimenti non li hanno fatti. Le più dinamiche nella creazione di nuova occupazione si sono dimostrate le aziende del comparto chimico-farmaceutico, con sei su dieci, quelle del comparto alimentare, della moda e della meccanica e dei mezzi di trasporto con quattro su dieci, e quelle del turismo e dei servizi finanziari con uno su tre.
Altro elemento emerso: la propensione all’investimento green coincide con una maggiore presenza sui mercati esteri: un terzo delle imprese che investono in tecnologie verdi vantano una presenza quasi doppia rispetto a quella delle aziende che non puntano sulla sostenibilità ambientale. Uno studio di Confindustria Emilia-Romagna del 2010 aveva evidenziato che quasi la metà delle imprese emiliano-romagnole (il 44,9%) aveva investito in tutela ambientale, mentre un 14,1% aveva dichiarato che lo avrebbe fatto. Per oltre la metà delle aziende (il 54,7%) si trattava di una scelta volontaria per migliorare la competitività, per un’altra metà (il 55,4%) di adeguamento alle normative; ma più di un quarto (il 26,6%) lo faceva esclusivamente per una politica di sviluppo sostenibile, e un 20% per una combinazione di competitività e adeguamento normativo.
Basterà la conversione green, pur con i suoi tempi, a farci uscire dalla crisi? Una cosa è certa: se non sufficiente, l’ecologicità di prodotti e processi produttivi viene ormai percepita quale fattore necessario per essere competitivi.