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Acqua, un sapere da rifondare di Marco Moro
L'acqua che mangiamo di Paola Fraschini
Scegliere il futuro di Diego Tavazzi
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Scegliere il futuro
Intervista a Edoardo Zanchini
di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

L'Italia oltre la crisi
Ambiente Italia 2013: idee di futuro a confronto
a cura di Duccio Bianchi, Edoardo Zanchini

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Basterà accontentarsi di “sopravvivere” alla recessione del paese, adottando politiche di riduzione del debito e della spesa pubblica sempre più feroci? L’Italia oltre la crisi, il Rapporto annuale di Legambiente e Ambiente Italia, mette a confronto due idee di futuro. La prima è quella che ci ha portati fin qui. È vero, nei decenni passati ha creato ricchezza e occupazione, ma oggi mostra dei limiti evidenti e, spesso, crudeli. Ce n’è però un’altra, un’alternativa praticabile e coerente per uscire dall’impasse in cui siamo bloccati. Abbiamo chiesto di illustrarcela a Edoardo Zanchini, vicepresidente Nazionale di Legambiente e curatore del Rapporto.

Il nostro paese è ancora bloccato in una crisi politica ed economica di cui si fa fatica a intravedere la soluzione. In effetti, le ricette individuate a livello europeo, e attuate con particolare rigore dal Governo Monti, sono incentrate prevalentemente sulla riduzione del debito e della spesa pubblica, con conseguenze pesanti per larghe fasce della popolazione. Il Rapporto Ambiente Italia delinea invece una proposta differente. Quali sono i suoi elementi essenziali?
In primo luogo il prendere atto che la crisi che stiamo attraversando è diversa da quelle che l’hanno preceduta. In particolare, in Italia non vale l’idea che dopo la stagione dei tagli l’economia potrà ripartire e che quindi i consumi, le costruzioni, la domanda di elettricità e il trasporto riprenderanno nel solito modo. La globalizzazione sta provocando cambiamenti enormi, di cui noi ora vediamo gli effetti più drammatici in termini di disoccupazione e paure. Ma l’Italia ha delle risorse che può giocare in questo scenario, come la capacità di innovare e il proprio capitale umano, le risorse ambientali e culturali, le città, intorno a queste può costruire un altro modello di sviluppo che ridia speranza alle persone.

In una fase recessiva, molti istintivamente puntano sui modi tradizionali di investire e di fare impresa. Qual è stato l’effetto della crisi sulle prospettive della green economy? Ha ancora spazio e possibilità nel nostro paese? 

Dai settori della green economy sono venuti i soli segnali positivi nell’economia e nella società italiana negli ultimi anni. Pensiamo alle filiere industriali nate intorno alla raccolta differenziata, gestione e recupero dei rifiuti, alle fonti rinnovabili, all’efficienza energetica in edilizia, all’agricoltura biologica, al turismo sostenibile. Producendo risultati semplicemente impensabili solo 10 anni fa in termini quantitativi. Qui si sono creati posti di lavoro e declinata nel territorio la green economy con esperienze e storie originali, vitali e invidiate nel mondo. Ma oggi non basta la scommessa di alcuni imprenditori, cittadini, enti locali: serve una visione proiettata nel futuro, con idee e proposte come quelle che presentiamo nel Rapporto, per fare di questo percorso una vera prospettiva di uscita dalla crisi.

Anche nel nostro paese, iniziano a essere evidenti chiari segnali degli impatti dei cambiamenti climatici. È possibile che contribuiscano ad accelerare l’attuazione dell’unica “grande opera” davvero necessaria, cioè quell’insieme di interventi di manutenzione e reintegro di territori devastati da decenni di abusi e trascuratezze?
Il nostro paese non è certamente nuovo a drammatici episodi di dissesto idrogeologico e di terremoti. Ma in tanti si stanno rendendo conto che siamo di fronte a un cambiamento di scala, oggi sono a rischio di allagamenti e dissesti anche altri ambiti – pensiamo alle tragedie avvenute a Roma, Genova, Messina. È una emergenza con la quale dobbiamo fare i conti, legata ai cambiamenti climatici, ma con una intelligente politica di adattamento può diventare una occasione per riqualificare le periferie e curare le ferite del nostro territorio.   

Dopo il referendum del giugno del 2011, il tema dell’acqua è passato un po’ in secondo piano. Eppure, quello delle infrastrutture idriche è uno dei settori che più necessita di investimenti massicci, anche in vista degli scenari risultanti dai cambiamenti climatici nel nostro paese. Quali sono le proposte per questo settore?
I referendum sull’acqua e il nucleare non hanno, purtroppo, portato a definire un nuovo scenario di intervento alternativo alle idee che in quell’occasione sono state sconfitte. La sfida dell’acqua pubblica deve diventare oggi quella di una gestione sostenibile, che intervenga sugli sprechi, migliori le infrastrutture, riduca i consumi nei diversi settori di domanda con idee nuove perché diversi sono i problemi, e qui torniamo al tema dei cambiamenti climatici. Analoghi sono gli obiettivi per costruire un’alternativa alle fonti fossili e al nucleare, puntando su un modello distribuito, pulito ed efficiente che si sta dimostrando vincente. Nel 2012 le rinnovabili hanno soddisfatto oltre il 28% dei consumi elettrici italiani, possiamo andare molto oltre su questa strada premiando innovazione e autoproduzione.