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In questo numero:

Per un inferno sostenibile di Marco Moro
L’indiano che piange a cura di Paola Fraschini
Is sustainability still possible? di Paola Fraschini
Il Worldwatch nell’Inferno di Dan Brown traduzione di Paola Fraschini
È ancora possibile la sostenibilità? di Paola Fraschini
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Per un inferno sostenibile
di Marco Moro


Nell’intricata trama dell’ultimo best seller di Dan Brown, Inferno, fanno inaspettatamente la loro comparsa un paio di nomi che i nostri lettori conoscono bene: quelli del Worldwatch Institute e del Club di Roma.
La citazione arriva verso la fine del libro, quando queste e altre istituzioni vengono accusate di essere rimaste sorde alle accorate pressioni del genetista (e miliardario) Bertrand Zobrist per discutere della drammatica prospettiva demografica del pianeta. Situazione per la quale Zobrist, il “cattivo” (forse, o forse i cattivi sono altri?) del romanzo, ha studiato una soluzione senza dubbio efficace. Certo discutibile, ma senza dubbio efficace.
In Inferno agiscono istituzioni reali (oltre a quelle citate, ci sono l’OMS e molte altre) e di fantasia, e personaggi verosimili e molto meno. Come sottolinea Robert Engelman, direttore (vero) del (vero) Worldwatch Institute, una cosa Dan Brown l’ha azzeccata: il Worldwatch Institute, come del resto il Club di Roma, sono davvero organizzazioni autorevoli e in grado di “determinare un cambiamento”. Se poi un autore da milioni di copie vendute nel mondo fa loro un “assist” come quello apparso in Inferno… il compito potrebbe anche essere facilitato.
Fuori dalla fiction però il paradosso nella citazione di Dan Brown è palese: Worldwatch, Club di Roma e gli altri non sarebbero stati disposti a impegnarsi in un confronto serio sul tema della popolazione. Giudizio di fiction, ma appunto paradossale, perché semmai è da queste istituzioni che viene sottolineato come un “confronto serio” su questa e sulle altre grandi tematiche globali connesse alla possibilità di uno sviluppo delle attività umane compatibile con gli equilibri ambientali sia largamente assente o tardivo.

Lo scrive Jorgen Randers in 2052 (a proposito, quasi 500 persone al Festival della Letteratura di Mantova per la sua lecture in compagnia di Luca Mercalli) facendo risalire questa mancata volontà o capacità di confronto, e quindi di azione, addirittura ai primi anni Settanta, a partire quindi dalla pubblicazione di The Limits to Growth.

Lo ribadisce proprio Engelman nell’introduzione al volume con cui quest’anno il Worldwatch Institute prova a fornire la risposta a una domanda che, inutile nasconderselo, aleggia da tempo: è ancora possibile la sostenibilità? E in apertura di State of the World 2013 Engelman mette in evidenza come l’assenza di una seria volontà di confronto sia valsa perfino a compromettere la riconoscibilità, il senso, l’autorevolezza, la credibilità di un concetto semplice e forte come quello di “sviluppo sostenibile”. La sosteniblablablà è il prodotto dell’odierna cacofonia, in cui il termine sostenibilità ricorre in qualsiasi ambito, usato sempre con significati diversi, svuotato, indebolito, travisato, ridicolizzato. “Sostenibilità finanziaria” è, soprattutto pensando a chi lo utilizza, forse tra tutti il capolavoro di ipocrisia e spudoratezza nell’intenzionale abuso di un concetto. Ma a fargli da contorno c’è un mare di sosteniblablablà nella comunicazione, nella pubblicità, nella politica (qui a livelli monstre), nell’economia e perfino nella ricerca. State of the World 2013 (34 capitoli con autori come Tim Jackson, Pavan Sukhdev, Robert Costanza, Herman Daly, Danielle Nierenberg, Erik Assadourian, Annie Leonard e molti altri) si è assunto un compito ambizioso e complesso: ricostruire il punto a cui siamo arrivati e trovare nuovi criteri per valutare ciò che stiamo facendo (e ciò che dovremo fare) in nome dell’originario significato del termine “sostenibilità”.
Per scoprire la soluzione ai problemi di sovrappopolazione del pianeta proposta da Betrand Zobrist, e al centro del thriller di Dan Brown, non c’è quindi che da leggersi Inferno.
Per accedere a una ricchissima analisi su innumerevoli questioni indiscutibilmente più non fiction di quelle trattate in Inferno, meglio consultare State of the World 2013.
Il quadro più aggiornato della situazione, delle idee, e del confronto “serio” che pure esiste è quanto offre State 2013. Un libro utile, da tenere come rimedio alla cacofonia quotidiana e al greenwashing dilagante.
Appuntamento allora il 20 settembre allo storico caffè Pedrocchi di Padova per il lancio di State of the World 2013. È ancora possibile la sostenibilità?