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In questo numero:

La transizione non è una passeggiata di Marco Moro
Un’opinione pubblica più attenta di Diego Tavazzi
Le storie dell’ambiente sono le nostre storie di Paola Fraschini
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Un’opinione pubblica più attenta
Intervista ad Antonio Pergolizzi
di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

Ecomafia 2013
Le storie e i numeri della criminalità ambientale
di Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente

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Abbiamo chiesto ad Antonio Pergolizzi, storico curatore del rapporto Ecomafia, di fare il punto sui crimini contro l’ambiente nel nostro paese. Anche se il quadro rimane fosco, gli ecomafiosi e i loro compari imperversano e fanno danni da nord a sud, non mancano segnali positivi, primo fra tutti, appunto, una maggiore attenzione della collettività.

A dicembre l’arresto di Cipriano Chianese, considerato da molti l’inventore delle ecomafie. Pochi giorni fa quello di Manlio Cerroni, il “supremo” padrone della discarica di Malagrotta. Le marce nella Terra dei fuochi, con un ruolo inedito dei vertici delle gerarchie ecclesiastiche... Si tratta di eventi scollegati, o segnalano un cambio di atteggiamento da parte delle istituzioni e della società civile nei confronti del tema delle ecomafie?
Occorre distinguere tra l’ecomafia campana e quanto è accaduto nella vicenda Cerroni. Nel primo caso, si tratta di un sistema criminale organizzato in ogni singolo aspetto basato sul controllo illegale e quasi monopolistico della gestione dei rifiuti, urbani e speciali; i primi attraverso la penetrazione mafiosa nel sistema dell’emergenza perenne, facendo le veci dello stato, i secondi con la spregiudicatezza di offrire alle imprese d’Italia un comodo ed economicissimo modo di smaltire i loro scarti.
Nel caso di Cerroni, invece, emerge in maniera plastica la quintessenza dell’universo rifiuti come è stato fino a oggi: un immenso territorio di nessuno, un deserto dove fare fortuna è un gioco da ragazzi. A Roma, infatti, un singolo signore ha dato l’opportunità a generazioni di classi dirigenti locali di poter fare a meno di occuparsi di dove finivano i rifiuti della Capitale; con un prezzo basso, tra i 50 e gli 80 euro a tonnellata, il problema pareva risolto. Perché cambiare, si diceva. Ciò ha creato le condizioni per il perpetuarsi di una situazione monopolistica che senza i naturali freni posti dalle istituzione e/o dell’opinione pubblica ha potuto muoversi indisturbata per decenni. Fino a trasformare Cerroni nel vero dominus dei rifiuti capitolini, colui al quale si rivolgevano gli stessi partiti per avere appoggio, capovolgendo il gioco delle parti: Cerroni decideva, le istituzioni obbedivano. Sistema che quindi perseguiva solo l’interesse privato a scapito di quello pubblico, che s’è pure mosso nell’illegalità, come paiono dimostrare i quattro filoni di indagine aperti dalla procura di Roma. Cosa ci dice questa vicenda? Che senza una visione strategica e chiara, senza la buona politica e le buone pratiche, che senza conoscenza e consapevolezza l’unica strada è un vicolo cieco fatto di discariche e inefficienze. Cambiare adesso è un obbligo, peccato per il tempo perso e i danni prodotti.
Qualcosa sta cambiando? Certo, anche se troppo tardi. Sta cambiando la consapevolezza. Anche se adesso il problema è quello di uscire dalle semplificazioni e banalizzazioni, considerare le questioni ambientali in ogni loro aspetto, senza lasciarsi suggestionare da certa disinformazione e da certi rimedi magici. Il passo in avanti indiscutibile è comunque un’opinione pubblica adesso più attenta: certamente il miglior antidoto agli eco-criminali e ai furbi.

Nell’ottobre dello scorso anno è stato sciolto per ‘ndrangheta il primo comune lombardo, Sedriano. Se ce n’era bisogno, si tratta della definitiva smentita di chi sosteneva che “la mafia al nord non esiste”. Com’è la situazione, anche in vista dell’Expo, i cui appalti hanno fatto gola a molti? E quali sono i settori in cui è più facile che penetrino le varie mafie?
Suvvia! Ormai nessuno più ha il coraggio di dire che la mafia è solo al sud. Forse solo qualche leghista smemorato! In verità le mafie sono sempre state dappertutto, semmai sono state conosciute e temute solo al sud. E questo ha dato loro un incredibile vantaggio! I clan si muovono diversamente a seconda dei contesti, questo li rende più mimetici e meno scontati: se al sud controllano l’intera società e poi sparano e ammazzano ancora oggi in modo efferato (vedi cosa è venuto a galla in provincia di Cosenza...) al nord interessano prevalentemente solo gli affari. Il problema è che, a proposito di affari, gli imprenditori dall’accento nordico si sono dimostrati tutt’altro che duri e puri con i clan, anzi sono loro stessi a cercarli, per usare il loro know how criminale e “fottere” la concorrenza. Basta pensare alla denuncia pubblica fatta dai magistrati di Milano nelle ultime inchieste, da infinito a Crimine da Parco Sud e Minotauro. L’Expo è una delle tante occasioni, non la sola, come stanno dimostrando numerose investigazioni. Occhio ai soldi, che non puzzano, e spesso portano la eco di azioni mafiose, e trovarli non è mai facile. L’attenzione deve quindi essere alta, soprattutto nel ciclo dell’edilizia e dei rifiuti. Soprattutto in un paese dove la corruzione ha raggiunto livelli impressionanti.

Mancano ancora diversi mesi all’uscita di
Ecomafia 2014. Riesci a darci qualche anticipazione dei temi che tratterete e delle tendenze che, a oggi, avete rilevato?
I temi sono i soliti, purtroppo l’esercito degli eco-criminali è sempre attivo e attento a sfruttare ogni occasione. Le penetrazioni criminali nei vari settori della green economy sono sicuramente uno dei fronti più caldi, anche se qui, diversamente che altrove, l’attenzione degli inquirenti, dei media e dell’opinione pubblica è massima. Le cronache nere più recenti sugli altri fronti, dal ciclo dei rifiuti a quello del cemento, dall’agroalimentare al racket degli animali parlano molto chiaro. Di certo assistiamo a forme di criminalità ambientale sempre più organizzate e attrezzate. La sfida tra guardie e ladri si fa sempre più complessa, laddove i contesti finanziari e bancari sono sempre più presenti e le truffe ai danni degli ecosistemi sono sempre dietro l’angolo; e a fronte di una terra dei fuochi ormai di dominio pubblico, per i tanti disastri assestati quotidianamente al territorio, i mezzi messi in campo sul fronte repressivo sono sempre meno, così lasciando le comunità, da sole, a leccarsi le ferite: circostanza che non ci possiamo permettere. Infine, anche se ancora non abbiamo i numeri relativi al 2013, le storie da raccontare non mancano. Come al solito, ne vedremo delle brutte.