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Pensare a misura d'uomo e di ambiente di Paola Fraschini
Our streets, our choice di Paola Fraschini
Prove di Apea. Prove di economia circolare? di Diego Tavazzi
I Gas non vanno mai fuori moda di Lavinia Basso
REbuild 2014, come reinventare l'edilizia di Filippo Franchetto Redazione Nextville
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Pensare a misura d'uomo e di ambiente
Intervista a Luigi Bistagnino
di Paola Fraschini

In questo articolo parliamo di:

microMACRO
Micro relazioni come rete vitale del sistema economico e produttivo

di Luigi Bistagnino

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Quando si parla di economia o di produzione tutti immediatamente pensiamo in grande: grandi industrie, grandi numeri, grandi mercati internazionali, questo perché nell’immaginario collettivo è diffusa la convinzione che solo così si possa generare ricchezza e benessere. In realtà basta adottare un diverso approccio e il modello economico-produttivo torna a essere a “misura d’uomo e di ambiente”. Parliamone con Luigi Bistagnino, docente coordinatore del gruppo di ricerca Design Sistemico al Politecnico di Torino e curatore di microMACRO in cui ha raccolto anche i contributi di Gunter Pauli e di Bernard Lietaer. 

Brevemente ci introduce il concetto di approccio sistemico?
È semplicemente un nuovo modo di affrontare il progetto, i processi produttivi e ottenere anche prodotti sostenibili.
L’obiettivo è quello di far sì che “l’output di un sistema sia l’input di un altro”.
Si progettano quindi i flussi di materia ed energia che fluiscono da un sistema all’altro con il risultato concreto finale di tendere a zero emissioni, di concretizzare un nuovo modello economico-produttivo che utilizza al meglio tutte le risorse senza produrre scarti e di riuscire a generare di conseguenza una comunità fortemente relazionate e connessa molto consciamente al proprio territorio.
Il modello produttivo attuale si basa invece sul reperire le risorse su scala mondiale, sull’identificarsi nei prodotti, sulla loro continua obsolescenza, sulla competizione continua e sull’avere scarsa cura degli scarti generati. È un susseguirsi di azioni collegate le une alle altre che delineano un modello di azione “lineare”.

In Italia il 99,4% delle imprese è costituito dalle micro e piccole, lo 0,5% dalle medie e solo lo 0,1% dalle grandi. Come far pesare realmente questa schiacciante maggioranza e poter così avviare il necessario cambiamento delle politiche economiche dominate dalle grandi industrie?
Bisogna cominciare a far sapere a tutti che l’economia della nostra nazione, come d’altronde anche quella di tutti i diversi paesi europei e del mondo, non si basa sulle grandi imprese. I dati citati, forniti ufficialmente da Ministero dello Sviluppo Economico MISE e da Eurostat, indicano chiaramente questa realtà formata dal numero di imprese e dal loro giro d’affari generato, ma continuano a non essere considerati dai decisori politici ed economici sia nostri sia europei. Questi, ostinatamente, continuano a perseguire politiche per le grandi imprese!
È sinceramente incomprensibile che la schiacciante maggioranza esistente, direi quasi totalità, non sia considerata e non sia il soggetto con il quale dialogare.
Per uscire dalla crisi occorre guardare i problemi con nuovi occhi “sistemici” e soprattutto rivolgersi ai corretti interlocutori. Mi auguro che microMACRO con tutti i vari saggi correlati e casi studio possa offrire una nuova vera consapevolezza su questa realtà.

Recenti ricerche sugli attuali processi di trasformazione indicano che questi utilizzano circa il 60-80% delle risorse iniziali e scartano la rimanente parte del 20-40% facendola confluire in discarica o tutt’al più in processi di basso valore, come riusciremo a scardinare questo sistema?
Anche qui i dati sono ufficiali e noti a tutti da più di un decennio, però la nostra esperienza quotidiana ci fa constatare che purtroppo nulla è cambiato.
Bisogna partire dalla formazione e preparare nuovi/giovani progettisti che siano in grado di avere una visione diversa sui problemi e che facciano da traino per il cambiamento: proprio come abbiamo fatto nel Corso di Laurea Magistrale in Design Sistemico del Politecnico di Torino in cui gli studenti sono preparati nella nuova cultura dell’Approccio Sistemico e sono in grado di essere la vera molla del futuro necessario cambiamento.

Nel saggio di Lietaer si parla della realtà delle monete complementari (dette anche monete locali, monete parallele o monete alternative) che sono strumenti volontari di commutazione con cui è possibile scambiare beni e servizi affiancando il denaro ufficiale. In che modo rientrano nella bioeconomia?
La moneta complementare fa toccare con mano come si possa ottenere il necessario per poter vivere basandosi sulla reciproca collaborazione e non sulla sola finalità monetaria.
È  in pratica un’economia che prende spunto dai sistemi viventi: questi esistono e si evolvono scambiandosi l’un l’altro, quanto non usano, in una continua relazione appunto vitale.
L’obiettivo non è quindi il denaro, ma i servizi forniti reciprocamente e localmente; quando poi è necessario i crediti accumulati servono per poter comprare cibo o beni necessari.
Questo avviene in tutti i posti e paesi in cui la moneta parallela è attiva: dall’Austria al Giappone, dal Sud America alla Svizzera. Nei momenti di crisi questo fenomeno cresce per diminuire poi in periodi normali come in una camera di compensazione che si attiva spontaneamente. Gli scambi non sono valutati in base al costo dei diversi lavori ma al semplice tempo impiegato. Si dà valore alla relazione consolidando così il rapporto reciproco. Come dice il sottotitolo di microMACRO, è il complesso delle micro relazioni sistemiche che genera il nuovo modello economico-produttivo, in questo caso anche sociale!