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In questo numero:

Verso la materia rinnovabile a cura della redazione
Crescita, sostenibilità e bioeconomia di Christian Patermann
Cambiare il rapporto tra l’economia, il territorio e le persone di Catia Bastioli
Il triplice vantaggio della bioeconomia di Antonio Di Giulio
Il ritorno al mare del Portogallo di Ilaria Nardello
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Il ritorno al mare del Portogallo
di Ilaria Nardello


Il territorio marino di competenza della giurisdizione nazionale portoghese e uno dei più grandi in Europa, diciotto volte le dimensioni della terra emersa del paese stesso. Tuttavia, negli ultimi trent’anni, il paese, forse distratto dalle opportunità delle politiche agricole comuni europee, ha trascurato l’enorme eredità economica e culturale derivante dal proprio passato di potenza marinara. Un rinnovato interesse per le risorse marine è prepotentemente riemerso all’attenzione del governo portoghese solo di recente. Nella scia della più grande crisi economica moderna, che ha portato il Pil del paese dalla vetta di 252 miliardi di dollari americani nel 2008, a 212,5 miliardi nel 2013, il governo del Portogallo ha aggiornato e ribadito i suoi propositi di esplorazione del mare, per una concreta opportunità di innovazione e sviluppo.
Inspirata dalla direttiva quadro sulla Strategia per l’ambiente marino (2008), che mira a proteggere il buono stato ecologico dell’ambiente marino, come base da cui dipendono molteplici attività economiche e sociali; e guidata dalle prospettive di occupazione e crescita sostenibile, descritte nella recente Strategia europea “Crescita Blu”; la Strategia marina nazionale portoghese (NOS), 2013-2020, esprime un appassionato appello e un esemplare percorso di ri-orientamento per le attività di sfruttamento delle risorse marine nazionali, verso la creazione sostenibile di prodotti ad alto valore aggiunto. Secondo il resoconto del Capitano Joao Fonseca Ribeiro, Direttore Generale alle Politiche marine, il settore marittimo rappresenta, oggi, solo il 2,7- 2,8% del prodotto interno lordo del Portogallo, con una prevalenza di attività tradizionali come la pesca, il decimo settore economico del paese, e la costruzione navale. La Strategia marina può essere un valido strumento per convincere vari attori, nazionali ed esteri, a investire nell’economia blu: nell’innovazione dei settori tradizionali, cosi come nello sviluppo di quelli emergenti. L’attesa e di quasi raddoppiare il volume delle attività dirette del settore economico marino e raggiungere il 5% del Pil, entro il 2020. L’acquacoltura di pesci e molluschi, per esempio, e un settore molto promettente: con una domanda globale di cibo e proteine sempre in aumento, questa industria è già cresciuta del 35%, rispetto al livello di produzione del 2011; e si prevede che sosterrà una capacità produttiva di quaranta chilotonnellate/anno, in un futuro molto prossimo. Un alto potenziale di ritorno sugli investimenti è anche atteso per il settore dei trasporti e, certamente, anche per i settori più innovativi, come la biotecnologia marina, l’estrazione di minerali marini e le energie rinnovabili marine.
Quando si comprendano anche le attività secondarie e indotte, l’intero settore blue economy potrebbe crescere fino a coprire un terzo della ricchezza del Portogallo. La probabilità che queste rosee previsioni siano raggiunte è rafforzata da una recente proposta alla Commissione sui limiti della piattaforma continentale, per l’estensione della piattaforma continentale del Portogallo. Se approvata, la zona economica esclusiva (Zee) del paese salirà a circa 2,1 milioni di chilometri quadrati, con un’area marina di quaranta volte le dimensioni del paese: grande come l’intera Europa, e pari al 4% della superficie dell’oceano Atlantico… > segue [per leggere l’intero articolo bisogna registrarsi sul sito]

Ilaria Nardello è Specialista della Ricerca industriale presso la National University of Ireland, Galway.