testata logo EDA
In questo numero:

Bio: il nuovo stile del consumo alimentare a cura di Diego Tavazzi
Biocarburanti, il settore aereo prende il volo di Emanuele Bompan
Giallo oro di Federico Pedrocchi
Iscriviti
Contatti
Biocarburanti, il settore aereo prende il volo
di Emanuele Bompan

In questo articolo parliamo di:
Materia Rinnovabile
Rivista internazionale sulla bioeconomia e l'economia circolare
Sfoglia le prime pagine
Acquista on-line
Scarica il modulo d'ordine

In fibrillazione il mondo dell’aviazione che non vede l’ora di tagliare le emissioni e dipingersi di verde. Ma serve una maggiore regolamentazione per evitare la competizione con risorse alimentari. Impiegando olio da jatropha, olio da cucina usato, alghe, scarti e residui agricoli si possono tagliare 35 milioni di tonnellate di emissioni di CO2.
Secondo la Iata, l’associazione internazionale dell’aviazione civile, il trasporto aereo nel 2014 ha emesso oltre 715 milioni di tonnellate di anidride carbonica (erano 689 nel 2012), circa il 2% del totale dei gas climalteranti. Una fetta non trascurabile. Ora, di fronte alle crescenti pressioni per ridurre le emissioni, le compagnie aeree stanno correndo ai ripari. Al punto che la Iata ha fissato come obiettivo un aumento delle emissioni pari a zero per il 2020 e una riduzione del 50% (rispetto al 2005) entro il 2050. Sebbene numerose modifiche nelle rotte e nelle strategie di decollo e atterraggio possano contribuire a diminuire i consumi, così come l’uso di motori più efficienti, l’apporto principale dovrebbe avvenire attraverso l’impiego di carburanti meno inquinanti. Soprattutto biocarburanti, e in particolare quelli di nuova generazione.

Gli esempi non mancano. Già nel 2008 Virgin impiegò del biofuel (blend al 20%) derivato da olio di cocco e di babassu su un Boeing 747 da Londra ad Asterdam. Oggi sono numerose le compagnie che usano biofuel prodotti impiegando jatropha, olio da cucina usato, alghe, camelina. Sempre secondo la Iata entro il 2020 il 4% dei carburanti sarà costituito da biocarburanti di seconda generazione derivati da scarti, residui agricoli e altre fonti non-food. Secondo lo studio di E4Tech dal titolo Sustainable Aviation Fuels – Fuelling the Future si dovrebbero arrivare a produrre oltre 13 milioni di tonnellate di carburante sostenibile per il settore aereo entro 2030, con un risparmio equivalente di 35 milioni di tonnellate di CO2 non emesse nell’atmosfera. Le speranze sono di avere una riduzione del 18% delle emissioni entro il 2050. Sarà davvero così?
Secondo i sostenitori del biofuel-business il settore aereo è solo all’inizio dello sviluppo di questo mercato. “Il nostro comparto deve affrontare due questioni principali”, spiega Jessica Kowal, responsabile del programma sostenibilità del colosso dell’aerospace Boeing. “Non esiste un’offerta sufficiente per soddisfare la domanda delle compagnie aeree e i costi sono ancora troppo elevati: bisogna parificare il costo a quello del cherosene.” Attualmente il prezzo dei biocarburanti è attorno a un dollaro al litro. Secondo vari intervistati ciò che manca è un supporto finanziario (incentivi, finanziamenti ad hoc per R&D ecc.) decisivo per lo sviluppo del settore.

“Non ci sono avanzamenti sostanziali. È sempre la stessa questione: prima l’uovo o la gallina?”, afferma Saija Stenbacka, VP Quality, Safety and Environmental Management di Finnair, la compagnia di bandiera finlandese che ha testato il primo biofuel-powered da Helsinki a New York durante il Climate Summit delle Nazioni Unite di settembre 2014. “C’è necessità d’infrastrutture per la creazione di un’industria sostenibile dei biocarburanti. Ma senza investimenti non ci sono infrastrutture.” E allo stesso tempo: senza infrastrutture tangibili e testate poche imprese vogliono lanciarsi in investimenti sostanziali. “Ci sono troppi rischi associati”, continua Stenbacka. “E non è facile convincere gli investitori.” Secondo Boeing “serve una strategia ‘all of the above’”, aggiunge Kowal “che sviluppi diversi tipi di carburanti da un numero elevato di materie. Crediamo che nel breve termine il green diesel sia un percorso interessante e per questo stiamo cercando l’approvazione per il suo uso nell’aviazione commerciale”. Un combustibile dunque che sfrutta principalmente non solo il dannoso olio di palma ma grassi animali, oli esausti, oli derivanti da alghe e varie tipologie di scarti di origine biologica. In Italia Eni ha convertito una vecchia raffineria nella prima green-refinery proprio per produrre green diesel. Ma al momento l’uso di olio di palma non sembra una soluzione esattamente ecofriendly. Ragione per cui le compagnie guardano con più interesse ai biocarburanti advanced, di nuova generazione.

In Europa intanto, per favorire uno sviluppo sostenibile del settore, la Commissione Ambiente ha votato recentemente (24 febbraio) contro la produzione di biocarburanti “dannosi per le culture alimentari o per altre importanti risorse come l’acqua”. Qualora la direttiva venisse approvata in via definitiva modificherebbe la controversa Fuel Quality Directive, riducendo a meno del 6% il mix con biocarburanti nel settore trasporti. Per i player di settore servono invece regolamenti che favoriscano gli investimenti. “La tecnologia è assolutamente pronta e continua a fare progressi rapidissimi”, spiega Antonio De Palmas, presidente di Boeing Italy. “Ma c’è bisogno di un impegno governativo affinché le politiche e i regolamenti esistenti, specialmente in Europa, vengano ridisegnati per sostenere l’unica fonte di energia rinnovabile disponibile per l’industria aeronautica.” ... continua  a leggere su Materia Rinnovabile 3