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In questo numero:

La cultura dello scarto di Antonio Cianciullo
Il pianeta che vedremo a cura di Emanuele Bompan
Il futuro รจ in mano alle corporation a cura di Marco Moro
Il valore nascosto delle piante di Beppe Croce
Made in food waste di Marco Capellini
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Il pianeta che vedremo
Intervista a Lester Brown
a cura di Emanuele Bompan


Nei prossimi 10 anni assisteremo a cambiamenti di un’intensità senza precedenti: la Great Transition è in atto. Rinnovabili: oggi gli investimenti arrivano anche dalle grandi banche. All’Expo bisognerebbe parlare di acqua che rappresenta il limite principale all’aumento della produzione di cibo. Ed è questa la vera priorità visto che 3 miliardi di persone vogliono salire nella catena alimentare e mangiare più proteine.
Cibo, acqua, energia. C’è un solo uomo capace di fare previsioni su questo complesso scenario: Lester Brown. Lungo oltre mezzo secolo di attività ha costantemente analizzato il rapporto tra attività umane, popolazione, risorse ed equilibri ambientali del pianeta. A 81 anni ha ancora una chiara visione sul futuro del nostro sviluppo. L’abbiamo incontrato in aprile, nel suo studio all’Earth Policy Institute che il primo luglio 2015 chiuderà perché, come annuncia sorridendo, “è ora di andare in pensione”.


Nel suo ultimo libro, The Great Transition, ha analizzato la transizione verso l’abbandono dei combustibili fossili. Quale tecnologia definirebbe di tendenza in questo momento? E quale ha la maggiore speranza di successo?
Beh, forse la cosa più eccitante in questo momento è il crescente uso di energia solare: aumenta nel mondo del 30% ogni anno. La ragione principale per cui ciò sta accadendo è che il costo dei pannelli solari è sceso e ora da un pannello solare posizionato sul tetto si può avere energia più economica. La situazione è interessante perché man mano che più persone installano questi pannelli, il mercato per le utility si restringe, anche se le utility devono comunque mantenere le stesse infrastrutture. Quindi sono costrette ad alzare i prezzi: più li alzano, più la gente mette i pannelli sui tetti. Così per le utility è una specie di spirale mortale.
Questa storia si sta replicando in vari luoghi nel mondo. Intendo dire: l’idea che la Cina potrebbe produrre più energia dalle sue centrali eoliche che da quelle nucleari è entusiasmante. Se guardassimo un grafico, vedremmo che la curva di crescita dell’energia nucleare in Cina è molto graduale e stabile, mentre quella dell’energia eolica è esplosiva: sale costantemente e velocemente. Non molti se lo aspettavano. D’altronde la Cina è molto ventosa, specie nella parte settentrionale e occidentale. E grazie alle tecnologie di trasmissione ad alto voltaggio si possono collegare le centrali eoliche alle principali città: sicuramente Pechino, ma anche le città sulla costa meridionale come Shanghai.

 
Vista questa crescita costante dell’eolico e del solare, quali sfide si presentano in termini di materiali e di infrastrutture tecnologiche?
Una delle sfide legate all’uso dell’energia solare riguarda cosa fare durante le ore notturne. L’impiego di batterie rappresenta una possibile soluzione. Un’altra può essere il pompaggio dell’acqua: utilizzare di notte – quando non c’è richiesta – l’elettricità eccedente per accumulare energia cinetica.
 
La sua opinione sui biocarburanti di prima generazione è decisamente critica, ma molti agricoltori li vedono ancora come un’interessante opportunità.

Il limite più rilevante all’uso di biocarburanti è la fotosintesi. I ritorni legati alla fotosintesi non sono alti, nemmeno nella Corn Belt degli Stati Uniti, territorio immensamente produttivo. Mettiamola così. Se un agricoltore del Midwest degli Stati Uniti coltiva granoturco e ogni cento metri mette turbine eoliche nel suo terreno, guadagnerà molto più dalle turbine che dal granoturco.

Inoltre basta una superficie limitata di suolo.
Esatto. Nella maggior parte dei casi un impianto eolico occupa il 30% del terreno, sia per collocare le turbine sia per realizzare le strade sterrate che le colleghino per poter svolgere la manutenzione. Per questo molti agricoltori sono stimolati a considerare l’eolico come fonte di guadagno. Lo stesso per gli allevatori che spesso guadagnano più dalle royalty dell’eolico che dalla vendita del bestiame (di solito gli acquirenti comprano le turbine e poi pagano le royalty agli allevatori). Così l’aspetto economico sta aumentando la competizione tra le comunità delle aree rurali dei paesi ad alta densità di allevamenti per vedere chi riesce a ottenere le turbine eoliche nella propria area, nella propria comunità, perché così avrà le royalty... Continua a leggere su 'Materia Rinnovabile', n. 4 giugno 2015