testata logo EDA
In questo numero:

L'errore di Atene di Antonio Cianciullo
Capitale naturale ed economia circolare: due facce della stessa medaglia di Pasquale Fimiani
Nuovi prodotti per nuovi mercati a cura di Joanna Dupont-Inglis
SarĂ  la generazione Facebook a guidare la dematerializzazione a cura di Carlo Pesso
La nascita del rifiuto di Guido Viale
Iscriviti
Contatti
La nascita del rifiuto
di Guido Viale


La natura non produce rifiuti: l’evoluzione ha promosso una circolarità e una reciproca interdipendenza tra le diverse forme di vita che la caratterizzano tale per cui ciò che è residuo di un processo – o di ogni segmento di un processo – diventa alimento per altri processi successivi o paralleli. L’allontanamento dell’uomo da questa circolarità trofica non è stato un fatto improvviso né lineare.


Per molto tempo, e sicuramente in tutte le culture preurbane, i rifiuti – o meglio gli escrementi e gli scarti generati dalla manipolazione degli oggetti di uso quotidiano – non hanno costituito un grosso problema. Questo perché sia la loro entità e, soprattutto, il fatto di essere composti da materiali organici o inerti, sancivano una sorta di continuità ontologica tra l’uomo e il suo ambiente: una integrazione stretta tra i cicli che presiedono alla riproduzione del corpo sociale e quelli che dominano il mondo della natura. La prima cesura posta in questa continuità è probabilmente costituita dalle barriere che l’uomo ha posto intorno alla dimora dei propri estinti quando si trattava di restituirne il corpo all’ambiente.
Il problema dell’allontanamento dei rifiuti dal proprio ambiente quotidiano è nato in un contesto urbano; e solo nella misura in cui vicoli, rogge e orti della città non erano più in grado di assorbire naturalmente i residui delle attività umane.

Una cosa di cui gli abitanti della città preindustriale si sono forse accorti con molto ritardo. Ma l’avvento della società industriale segna una metamorfosi generale del problema:
a. innanzitutto aumenta drasticamente la popolazione che produce rifiuti. La crescita demografica che caratterizza il mondo contemporaneo è un fatto recente, che ha avuto origine nell’occidente europeo grazie all’aumentata disponibilità di alimenti a partire dalla metà del ’700;
b. in secondo luogo, aumenta anche la produzione pro capite di rifiuti. Tutto ciò che viene prelevato dall’ambiente prima o dopo gli viene restituito sotto forma di rifiuto: la mutazione epocale determinata dalla rivoluzione industriale non riguarda soltanto il prelievo di risorse, ma in misura più o meno eguale, e con uno scarto temporale destinato a ridursi nel tempo, anche l’occupazione dell’ambiente con i materiali e i prodotti scartati;
c. in terzo luogo, cambia la composizione dei rifiuti. Per migliaia di anni i materiali utilizzati – e quindi anche quelli scartati – dall’uomo sono stati materiali organici, che la natura era perfettamente in grado di reinserire nei propri cicli biologici; oppure materiali inerti, che non ne alteravano gli equilibri né prima né dopo l’uso da parte dell’uomo. Ma gli sviluppi su scala industriale della metallurgia prima, della carbochimica e della petrolchimica poi, e – infine – l’avvento dei nuovi materiali sintetici e compositi – le prestazioni di questi ultimi sono in gran parte riconducibili all’irreversibilità dei processi attraverso cui essi sono stati fabbricati – si sono incaricati di ridurre, nella massa complessiva dei rifiuti, la quota dei materiali di origine biologica a favore di quelli non biodegradabili;
d. infine, i beni prodotti non si utilizzano più fino in fondo; per i beni capitale, cioè per i mezzi di produzione, c’è un periodo di obsolescenza che non coincide affatto con il periodo del loro logoramento fisico. Ma soprattutto i beni di consumo finale hanno subito una mutazione che li ha sospinti in misura crescente nella sfera dell’usa-e-getta... Continua a leggere su "Materia Rinnovabile", n. 6-7 ottobre-dicembre 2015

Guido Viale