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In questo numero:

2016: MR si rinnova assieme alla materia di Antonio Cianciullo
Saranno i bambini a inventare il futuro green a cura di Sergio Ferraris
Ma quanto ci costa davvero produrre olio di palma? di Roberto Giovannini
Il maialino da Pechino di Federico Pedrocchi
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2016: MR si rinnova assieme alla materia
di Antonio Cianciullo


Benvenuti nel 2016, anche se gli auguri arrivano un po’ in ritardo. Per noi di Materia Rinnovabile il 2015 è stato l’anno in cui abbiamo messo a punto la macchina organizzativa del progetto: non una semplice rivista, ma un luogo attorno a cui attivare la riflessione su un tema trascurato: c’era stata molta (giusta) attenzione sull’energia, scarsa consapevolezza dell’importanza del recupero della materia.

Il bilancio del 2015 è stato positivo per Materia Rinnovabile e per il settore. Nell’anno che si è da poco concluso abbiamo inserito tra i sostenitori Barilla e Fondazione Cariplo e ampliato la rete dei Networking Partner (associazioni, cluster, istituti di ricerca, università, agenzie di consulenza) aggiungendo adesioni di peso come quelle del Worldwatch Institute, di Matrec, del Global Footprint Network, di Ambiente Italia, di European Bioplastics. Positivo anche il bilancio del debutto sui social.
Su Twitter il profilo @MRinnovabile è arrivato a quota mille e viaggia al ritmo di 2 nuovi followers al giorno: su un campione di 100 tweet, nel periodo 10-17 dicembre 2015, gli account potenzialmente raggiunti (direttamente dall’attività dell’account o indirettamente grazie all’interazione di altri profili) sono stati oltre 80.000.
E contemporaneamente sono arrivati segnali importanti di cambiamento. L’Unione europea, sia pure dopo un primo stop e un ridimensionamento delle norme, ha varato il pacchetto sull’economia circolare di cui diamo ampio conto in questo numero. Poi c’è stata la Conferenza di Parigi del dicembre scorso. Alcuni, adottando un punto di vista rigorosamente scientifico, l’hanno bocciata perché le conclusioni non contengono le misure necessarie a metterci al riparo dalla minaccia climatica. Io credo che un simile giudizio non colga il punto essenziale: il summit Onu non era un incontro scientifico perché, da questo punto di vista, l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) aveva già tracciato a più riprese un esauriente quadro della situazione; si trattava di trovare un accordo politico. E per trovare un accordo politico attorno ai temi che muovono i mercati bisognava raggiungere un’intesa economica.

Le premesse di questa intesa sono state trovate grazie a una mediazione su scala globale. L’accordo è stato raggiunto sui contenuti difesi dall’Unione europea e dagli ambientalisti (mantenere il riscaldamento ben sotto i 2 gradi di aumento e fare ogni sforzo per non superare la soglia di 1,5 gradi rispetto all’epoca preindustriale); con le modalità care agli Stati Uniti (niente regole dall’alto, solo le leggi della domanda e dell’offerta); con i tempi voluti dalla Cina (quando Pechino aveva già cominciato a considerare molto pericolosa la pressione dell’inquinamento sul suo territorio e aveva maturato una leadership produttiva nel settore delle fonti rinnovabili).
I risultati di questo sforzo sono ancora insufficienti ma non trascurabili. Per la prima volta hanno coinvolto 186 paesi responsabili di oltre il 95% delle emissioni serra... Continua a leggere su 'Materia Rinnovabile', n. 8 gennaio-febbraio 2016