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In questo numero:

Ottimismo, cauta sfiducia o aperta disperazione? di Marco Moro
Il bicchiere è mezzo pieno a cura di Diego Tavazzi
La rivoluzione della bioeconomia a cura di Paola Fraschini
“Un viaggio di mille chilometri inizia con un piccolo passo...” di Diego Tavazzi
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La rivoluzione della bioeconomia
Intervista a Mario Bonaccorso
a cura di Paola Fraschini

In questo articolo parliamo di:

The Bioeconomy Revolution
Interviews with the Protagonists

di Bonaccorso Mario
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Un viaggio nel mondo della bioeconomia attraverso una serie di interviste con i suoi principali protagonisti: le grandi aziende, i cluster, università e centri di ricerca, istituzioni politiche ed economiche. La rivoluzione della bioeconomia raccontata da chi la sta “facendo”, parliamone con Mario Bonaccorso. Perchè il giornalismo e l’editoria, espressione di idee e laboratorio del progresso, hanno sempre accompagnato ogni rivoluzione.

Facciamo un po’ di chiarezza: bioeconomia, economia circolare. Cosa si intende esattamente per ciascuna di esse?
La definizione di bioeconomia che dà l’Unione europea è di un’economia che impiega le risorse biologiche, provenienti dalla terra e dal mare, come input per la produzione energetica, industriale, alimentare e mangimistica. Un esempio è il sacchetto in bioplastica che troviamo oggi al supermercato, il quale deriva da materie prime rinnovabili. Ma anche molti intermedi chimici con applicazioni in campo farmaceutico, cosmetico o alimentare oggi derivano totalmente o in parte da materie prime rinnovabili. L’economia circolare, invece, è un’economia dove i prodotti – tutti i prodotti non solo quelli biobased - mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e non ci sono rifiuti. Quando un prodotto raggiunge la fine del ciclo di vita, le risorse restano all'interno del sistema economico, in modo da poter essere riutilizzate più volte a fini produttivi e creare così nuovo valore. 
John Bell, il direttore della Direzione Bioeconomia della Commissione europea, nell’intervista pubblicata nel libro, ha definito la bioeconomia “come il cuore biologico dell’economia circolare”. In questo senso io credo che i due concetti vadano integrati, in una logica di maggiore sostenibilità, in quello di bioeconomia circolare.

Il concetto di green economy è superato?
Direi proprio di no. Alla green economy va riconosciuto il merito di aver reso più sostenibile l'economia. Una funzione ancora oggi necessaria anche se non più sufficiente. La bioeconomia è una rivoluzione perché ci affranca dall'impiego delle fonti fossili. È un cambiamento di paradigma strutturale - non solo economico ma anche culturale - che coinvolge tutti: governi, imprese, cittadini. Il cambiamento climatico è reale, aumentano le patologie provocate dall'inquinamento. In un futuro non molto lontano la bioeconomia dovrà essere necessariamente l'economia tout court. Cito ancora una volta Bell: "Dopo la COP21 di Parigi, la strada verso la bioeconomia è irreversibile".

Da dove nasce l’idea di scrivere questo libro?
La motivazione a scrivere questo libro è la stessa che mi ha spinto a pubblicare il mio blog. La voglia di far conoscere a tutti che cos’è la bioeconomia, quanto oggi essa interessa la nostra quotidianità e quanto sempre più lo farà in futuro, in una prospettiva di sostenibilità ambientale e di crescente benessere collettivo. Storicamente, il giornalismo e l’editoria hanno sempre accompagnato ogni rivoluzione, perché sono espressione di idee, laboratorio del progresso. Non a caso, l’ampia diffusione del giornalismo indipendente fu un fenomeno caratteristico degli inizi dell’Ottocento in tutta Europa. I mutamenti economici manifestatisi in quel periodo erano seguiti con attenzione e continuamente commentati da una pleiade di pensatori, che si servivano dei giornali per riferire i fatti ed esprimere le loro opinioni. Fu così che anche in Italia si poté manifestare un movimento di idee parallelo al movimento che si manifestava nella vita sociale ed economica.

America, Asia, Europa… Qual è la portata di questa Rivoluzione? E quali sono le principali differenze?
Ciò che credo emerga chiaramente dalle interviste raccolte nel libro è che lo sviluppo della bioeconomia può avvenire solo a livello globale perché globali sono le sfide che dobbiamo affrontare in questo terzo millennio: l’aumento della popolazione mondiale e il suo invecchiamento, la crescita della domanda di cibo, i cambiamenti climatici, la tutela della biodiversità. Quello che vedo è che c’è molta volontà di collaborare tra le diverse aree geografiche e i diversi paesi, pur in un sistema di forte competitività per attrarre investimenti e risorse. Lo sviluppo della bioeconomia, poi, come ricorda Catia Bastioli, ad di Novamont, nella sua intervista, “parte dalle aree locali e dal concetto di regioni sostenibili”. Per questo motivo oggi abbiamo di fronte non una sola bioeconomia ma molteplici bioeconomie.

Il tuo libro è anche una sorta di "chi è chi" del mondo della chimica della bioeconomia… interessante formula.
Sì, è quello che scrive Christian Patermann, il padre della bioeconomia europea, che mi ha fatto l’onore di scrivere la prefazione del libro. Chris riconosce al mio libro di discostarsi dalle numerose pubblicazioni semiscientifiche sulla bioeconomia, per entrare nel vivo di tutte le questioni aperte attraverso la voce dei suoi protagonisti. In tale ottica, per Chris il libro è un’antologia di esperienze, migliori o peggiori pratiche, una collezione di esempi concreti con domande intriganti sulle strategie, le percezioni e i piani d’azione dei maggiori attori mondiali della bioeconomia, dove certamente l’industria chimica fa la parte del leone.

Ma quindi… ecologia ed economia finalmente insieme?
Consentimi di rispondere a questa domanda citando Rafael Cayuela, capo economista del colosso chimico Dow, un altro dei protagonisti delle interviste raccolte nel libro: “Le imprese, i settori industriali, ma anche i paesi che non saranno in grado di pensare strategicamente, di innovare e di adattarsi alle nuove sfide del cambiamento climatico sono destinati a non sopravvivere”.  Quindi, ecologia ed economia insieme per forza. Non c’è altra via.