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Meglio un'economia senza economisti? di Marco Moro
Economia circolare a cura di Paola Fraschini
Il mare del futuro a cura di Diego Tavazzi
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Economia circolare
Intervista a I. Brambilla ed E. Bompan
a cura di Paola Fraschini

In questo articolo parliamo di:

Che cos'è l'economia circolare
di Bompan Emanuele e Brambilla Ilaria Nicoletta

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Nonostante se ne parli parecchio, in pochi hanno chiaro cos’è davvero l’economia circolare. Sarà perché si tratta di un termine di recente diffusione, sarà perché è un “ombrello” sotto cui possono rientrare saperi e pratiche molto diversi come la bioeconomia, la sharing economy, il remanufacturing, la biomimesi o i sistemi di gestione avanzata dei rifiuti. Nel libro scritto da Ilaria Brambilla ed Emanuele Bompan, entrambi membri dello staff giornalisitico della rivista Materia Rinnovabile, se ne ricostruiscono l’evoluzione e gli sviluppi più recenti.

Partiamo dal titolo: che cosa è l'economia circolare. Ci date la vostra definizione in breve?
[I. B.] L'economia circolare è un'economia pensata per potersi rigenerare da sola, in cui i flussi di materiali sono di due tipi: biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e tecnici, che vengono rivalorizzati senza entrare nella biosfera. Questa definizione è quella della Ellen MacArthur Foundation, la fondazione che in questo momento rappresenta la più alta autorità in materia, che contribuisce a diffondere informazione e a finanziare i migliori progetti per lo sviluppo di questa economia in tutto il mondo ed è il punto dal quale siamo partiti nel nostro libro per indagarne le origini e i casi studio che riportiamo.  

Cosa c'entra la grande velista Ellen MacArthur, la prima donna a battere ogni record nella circumnavigazione in solitaria del globo, con l'economia circolare?
[I. B.] È proprio dalla sua esperienza come velista, dall'affrontare il giro del mondo da sola e quindi dal dover portare con sé tutto il necessario per sopravvivere che Ellen MacArthur si rese conto di cosa significa avere a che fare con risorse finite. E che la nostra economia globale non è diversa: abbiamo utilizzato materiali preziosi in maniera intensiva fino ad avvicinarci al loro esaurimento. La sola riduzione dei consumi equivale però a "prendere tempo", non risolve il problema. Così, MacArthur decise di dedicarsi a trovare una soluzione e approdò all'idea - già elaborata da altri scienziati, economisti, progettisti - che occorre sostituire il nostro sistema economico lineare che genera rifiuti con un sistema circolare in cui non esistono scarti e i materiali, così come l'energia, rientrano nel metabolismo. L'impegno e la fiducia nelle concrete possibilità di questo progetto l'hanno quindi portata alla creazione della fondazione.

Quanto è conosciuta l’economia circolare a livello nazionale?
[E. B.] Oggi in Italia c’è una certa confusione tra economia circolare ed economia del rifiuto. Se  facciamo una ricerca su Google impiegando “economia+circolare” come parola chiave appaiono 95.000 risultati, non certo pochi per un concetto diventato popolare solo di recente.
Però ci si accorge rapidamente che spesso quando si parla di economia circolare in Italia si parla solo di riciclo, che è una delle componenti dell’economia circolare. Dunque il termine è noto, ma usato impropriamente. L’economia circolare è un modello complesso fatto di numerosi elementi e vari modelli di business. Ignorare il valore d’uso della materia, i legami con l’economia circolare, i processi di upcycle, life-extension significa non cogliere la potenza del concetto di economia circolare. Quindi oggi serve una nuova “evangelizzazione” sulla portata reale della circular economy e sulla sua stessa ontologia.

In soli vent’anni l’Italia è passata da paese dell’emergenza rifiuti (ancora oggi nell’immaginario collettivo viene considerato il paese delle discariche) a potenziale culla della nascente economia circolare del Vecchio Continente. Quali sono le principali esperienze di circular economy di cui tanto l’Italia fa parlare?
[E. B.] L’Italia ha risultati eccellenti sul riuso e – con l’eccezione della plastica – ha ottime filiere del rifiuto.
Rimane indietro nell’innovazione dei modelli di business, nella realizzazione di cicli chiusi nella produzione industriale e nell’edilizia circolare.  Anche sulla ricerca oggi sono pressoché risibili i fondi investiti in questa direzione.
Può diventare il cuore dell’economia circolare Ue. La bioeconomia viaggia a gonfie vele, così la sharing economy, entrambe hanno strette correlazioni con l’economia circolare. Grandi poli bancari, fondazioni e incubatori hanno capito l’opportunità. E la riflessione sugli scarti è assolutamente avanzata, più che in qualsiasi altro paese. Siamo i campioni dell’organico urbano, della carta e del vetro, nonostante alcune regioni d’Italia siano completamente inefficienti.
Se cerchiamo dei nomi sicuramente Acquafil per la produzione industriale, Ecopneus per l’innovazione d’uso dei materiali (pneumatici) recuperati, Banca Intesa per il sostegno finanziario all’innovazione nei processi, Share’n’go per i modelli di business product as a service. Ce ne sono tanti altri e di giorno in giorno aumentano. Nei processi industriali rimangono fuori ancora la manifattura, l’automotive (molto arretrato in Italia).
Milano è la capitale indiscussa al momento per l’innovazione di processo, in particolare sui modelli di business product-as-a-service, sull’innovazione e anche come centro culturale sull’economia circolare.

Giovani start-up, pmi, grandi imprese… Come si fa a diventare attori dell’economia circolare? Avete dei consigli?
[E. B.] Per l’industria serve innanzitutto avere un’unità dedicata che lavora insieme a tutti i settori per analizzare le opportunità, i costi, la scelta del modello di business, che determini tutti i punti dove c’è spreco di materia, energia ecc., dove si può massimizzare l’uso del prodotto rimanendo profittevoli. Nel libro abbiamo fatto una miniguida proprio per le imprese. Ma la base rimane valutare i cicli ristretti della materia, applicare un pensiero integrato e valutare il proprio servizio/prodotto ben oltre il fine vita, pensando anche 10 cicli di vita della materia. Guardate la vostra impresa come i monaci buddisti guardano ai processi di continua incarnazione.
Per le pmi serve fare sistema e investire in ricerca e sviluppo in maniera consortile, dato che da soli non è facile modificare il proprio modello produttivo, specie nel manifatturiero (ma non impossibile).
Per le start-up ci sono incubatori come progetto Manifattura, dove collaboro come consulente, che stanno iniziando a guardare in quella direzione. Nei prossimi anni vedremo dei bandi dedicati per proporre idee innovative (software di gestione product-as-a-service), upcycle, chimica derivata da scarti di origine organica, innovazione nei materiali. I campi sono tantissimi: è un settore inesplorato che nei prossimi 30 anni rivoluzionerà il mondo.